San Donà di Piave nel 1946

San Donà di Piave nel 1946

Tratto dalla “Guida Commerciale di Venezia e provincia 1946-47” (Casa Editrice A.P.R.E.A., Venezia, novembre 1946), alle pagine 64-68 il lungo elenco delle attività commerciali e dell’industria della San Donà che usciva dal secondo conflitto mondiale.

S. DONA’ DI PIAVE
Frazioni dipendenti dal Comune: Passarella, Chiesanuova (nella pubblicazione mancano numerose frazioni)
Abitanti: 24 598
Superficie: 8000 ettari
Stazione ferroviaria: San Donà di Piave
Prodotti naturali e industriali: cereali, uva, fieno, bozzoli, fagioli, barbabietole.

UFFICI AMMINISTRATIVI
Sindaco: Avv. Celeste Bastianetto
Segretario Comunale: Vivalda dr. Alessandro
Esattoria Comunale: Cassa di Risparmio di Venezia
Scuole elementari
Imposta consumo: Appaltato dalla Ditta Basaglia
Diocesi: Treviso
Pretura: San Donà di Piave
Mandamento: Ceggia, Fossalta di Piave, Grisolera, Meolo, Musile di Piave, Noventa di Piave, San Donà di Piave, San Michele del Quarto, Torre di Mosto, Jesolo.
Personale della Pretura: Pretore Udin dott. Ramiro
Conciliatori: Santirello rag. Osvaldo
Ufficio P.S.: Venezia
Carabinieri: San Donà di Piave
Ufficio Ipoteche: Venezia
Telefono pubblico: San Donà di Piave
Agenzia Imposte: San Donà di Piave
Parroci: Saretta Mons. Prof. Comm. Luigi

UFFICI MILITARI
Distretto Militare: Venezia
Compagnia deposito 152. Fanteria
Guardia di Finanza: Sezione di San Donà

ISTITUZIONI DI BENEFICENZA
Orfanotrofio

ISTITUZIONI
Cattedra Ambulante di Agricoltura: Reggente sezione: Baggio dott. Renzo

ISTITUZIONI VARIE
Società Operaia di Mutuo Soccorso “Giuseppe Garibaldi”

OSPEDALE
“Ospedale Umberto I”, ambulatorio medico-chirurgico

PROFESSIONISTI
Avvocati e Procuratori: Ascoli avv. Gastone, Baradel avv. Giuseppe, Camin avv. B
Farmacisti: Bressanin dott. Giuseppe
Medici: Augustini dott. Guido, Cristani dr. Carlo, Del Negro dott. Vincenzo, Perin dott. Cav. Pietro, Galimberti dott. Vincenzo, Benini dott. Pietro, Perin dr. Ezio.
Notai: Lorenzini dott. Icilio
Ostetriche: Giabardo Teresa, Levorato Maria, Patela Maria.
Periti: Bortolotto dott. Costanzo, Guiotto ing. Cav. Fausto
Veterinari: Carletto dott. Giacomo, Davanzo dott. Antonio

COMMERCIO E INDUSTRIA
Abiti fatti: Avon Emilio, “All’Operaio”, Murer Antonio, Urban Maria
Acque gassate: Ferrari Giuseppe
Agricoltura: Consorzio per la Coltivazione dei Tabacchi, Coop. Agricola Distrettuale di San Donà di Piave, Consorzio Agrario Cooperativo del Mandamento di San Donà di Piave.
Alberghi e Pensioni: Battistella Giuseppe, Sartorello Maria vedova Rozzino, Spadari ved. Claudia, Murer Luigi.
Articoli casalinghi: Morassutti Paolo, Francese Giannina
Articoli fotografici, ottica: Batacchi Alfredo, Battistella Alberto, Striuli Dario.
Articoli Sport: Furlanetto Pericle
Assicurazioni: Draghi Carlo: Assicurazioni Generali di Venezia, “L’Anonima infortuni di Milano”, “L’Anonima Grandine di Milano”, agente principale; Giovanni Gujotto, agente Istituto Nazionale Assicurazioni e Assicurazioni d’Italia; Draghi Carlo, Riunione Adriatica di Securtà, agenzia mandamentale, via Vittorio Emanuele


Attrezzi agricoli (vendita): Consorzio Cooperativo Agricolo Distrettuale di San Donà, Unione Agraria San Donà
Autorimesse: Canever Giuseppe, via Cooperativa; fratelli Ortolan, via Vittorio Emanuele; Zanin Antonio, via XX Settembre.
Automobili (garage e noleggio): Canever Giuseppe, via delle Cooperative; Gnes Tullio, Zanin Antonio, fratelli Baldo, piazza Indipendenza.
Autoservizi: Fratelli Ferrari (F.A.P.) di Antonio Autoservizi pubblici, via Garibaldi 4
Autostrasporti: Ferrari Giovanni, Fossalta di Piave, argine S. Marco, fratelli Ferrari.
Banche: Banca Cattolica del Veneto, via Vittorio Emanuele; Cassa di Risparmio di Venezia, Corso Vittorio Emanuele.
Bandai e ottonai: Striuli Giordano e Figlio.
Bar, Bottiglierie: Mucelli Santa (via del Teatro), Poloniato Pietro, piazzetta Trevisan
Barbieri: Battistella Alberto, Battistella Giovanni, Momentè Narciso, Striuli Luigi, Trentin Mario.
Benzina: “Nafta” Soc. Italiana del Petrolio e affini.
Bestiame (commercio): Argentin Pietro, Dus Carlo, Dus Paolo, Dus Silvio, Vallese Antonio, Zanutto Alessio)
Biade, coloniali ed affini: Boccato Cesira, Bogoni Adolfo, Balzani Lino, Boscariol Teresa, Brussolo Alessandro, Costantin Silvio, Digito Luigi, Dolci Amelia, Dus Vincenzo, Franzin Corrado, Franzin Luigi, Guiotto Angelo, Gaion Luigi (Calnova), Mardegan Anna ved. Colosso (ponte Alto), Marin Miro, Maschietto Giovanni Battista, Maschietto Maria, Murer Teresa ved, Dus, Pavanello Maria, Perissinotto Antonio, Perissinotto Enrico, Perissinotto Giovanni, Picchetti Enrico, Quintavalle Angelo, Rorato Pietro, Scabello Erminio, Scalon Augusto, Serafini Oreste, Teso Luigia, Trentin Elena, Vignotto Pietro, Zaramella Ida, Zottino Liberale.


Biciclette (noleggio, riparazioni, accessori): Boccato Mario, Canever Giuseppe, Martini Tigelio, Mucelli Giuseppe, Zanin Antonio, Furlanetto Pericle.
Bietole: Federazione Nazionale Bieticultori, via Maggiore 48.
Bonifiche: Consorzi Riuniti, Bacino Consorzio Bella Madonna, Consorzio Ongaro Inferiore, Consorzio Ongaro Superiore, Consorzio Brian, Capo Sile, Consorzio Caseratta, Consorzio Bonifica Circogno Inferiore, Consorzio di Bonifica Riuniti del Basso Piave
Bottiglieri e bar: Paolin Pietro, Pasqualini Bortolo, Trionfini Nicola.
Bozzoli da seta: Soc. Anonima Cooperativa per l’essicazione e la soffocazione dei bozzoli
Caffè (Esercizi): Perissinotto Elisa, Paolin Pietro, Trionfini Nicola, sorelle Cogo, Zorzetto Regina.
Calzature (Negozi): Fumei Eredi, Girardi Bernardo

Ditta non presente nella lista ma operante nella seconda metà degli anni Quaranta


Calze (lavorazione): Papa sorelle Carlotta e Giovanna
Carbone e legna: Bressanin Alessandro, Calcide Clemente, Furlan Antonio, Restiotto Volerico, Spadola Giorgio
Caricatori e scaricatori: Soc. Coop. Caricatori e scaricatori merci Scalo Ferrovie e Canal Piave di S. Donà
Carradori e carrozzieri:
fratelli Bustreo, Quintavalle Antonio, Rorato Luigi
Cartoleria ed oggetti di cancelleria: ditta Bianchi G.B. di Maschietto Maria, Guseo Bizzaro Ester, Dall’Oro Antonio, Da Villa Evaristo, Maschietto Pietro.
Lavori in Cemento: Peretti Attilio, Polita Giacomo
Cereali: Barosco Giovanni, Zennaro Giuseppe
Chincaglierie: Marigonda Antonio
Cicli: Furlanetto Pericle, Boccato Mario
Colori e vernici: Bressanin Alessandro
Commiss e Rappresentati: Guiotto Giovanni, Murer Giovanni Luigi, Pasini G.G., Silvestri Vittorio, Terzi Mario
Cornici e lastre: Finotto Maria
Costruzioni edili (Capi mastri, imprenditori): Boscolo Federico, Buran Bernardo, “Coop, di produzione e lavoro Vecchia Piave”, Coop. Per le Case Popolari, Contri Ennio dell’Impresa Costruzioni Edili, Costantin Luigi, Dante Barbato delle Imprese Costruzioni Edili, Peretti Attilio e Polita Giacomo, fratelli Pietropolli e Serafin rag. Ruggero per Soc. An. Coop. fra Braccianti ed affini “Nuova Piave”, Velludo Federico


Distillerie e fabbriche liquori: Turchetto Francesco, Spremitura Vinaccioli e Distilleria Acquavite.
Edili: Impresa escavo canali Pietropoli Giovanni
Elettricità: Soc. An. Litoranea di Elettricità, via della Stazione; Ufficio Consorzio Idraulici riuniti, fratelli Botter
Fabbri e maniscalchi: Brunello Angelo, fratelli Cesarin, Girardi Vincenzo, Mengo Sebastiano, Quintavalle Antonio, Rorato Gaetano
Falegnamerie: Papa Pio, Tonon Nino
Farmacie: Fratelli Augustini, Bressanin dr. Giuseppe
Ferramenta, ottoni e affini: Boscaro Attilio, Picchetti Giovanni, Picchetti Silvio, Morassutti Paolo
Ferro Battuto: Striuli Ernesto e Figli
Ferro e metalli da fondere: Barosco Angelo e Soemi, Morassutti Paolo
Fiori freschi: Cogo Maria
Fotografie (Gabinetti di posa): Battacchi Alfredo, “La Fotografia”, Procopio Ferruccio, Striuli Dario
Frutta fresca, secca ed erbaggi: (grossista) Battistel Cesare; (dettaglianti): Boccato Antonio fu Angelo, Boccato Elisa ved. Buran, Boccato Luigi, Buran Angelo, Ferrarese Pietro, Lazzarini Domenico, Maschietto Giuseppe, Piziali Gaetano
Gabinetti dentistici: Veronese dr. Giulio
Generi alimentari (grossisti): Turchetto Carlo e C.
Ghiaccio (Fabbriche): Ferrari Giuseppe


Giardini, vivai, piante: Trentin (coltivazione piante)
Gioiellerie: Balestra Andrea Giuseppe
Giornali (rivendite): Dall’Oro Carlo, Da Villa Evaristo, Picchetti Marino.
Impianti elettrici e idraulici: Ditta fratelli Botter, Fava Alessandro
Imprese Dragaggio: Brunello Angelo, Fratelli Pietropolli
Imprese edili: Brunello Angelo, Ravà ing. G.V. presso stazione ferroviaria; Soc. An. Cooperativa Edile, Soc. An. Coop. Eraclea
Juta (industria della): Stabilimento per l’industria della Juta di San Donà di Piave
Industrie agricole: Consorzio fra comproprietari del tenimento “Stretto ex Coop.Piave” (manutenzione bonifica, Ente Rinascita Agraria per le Tre Venezie, Unione Agraria coop. del Mandamento S. Donà.
Latte (lavorazione): Produttori Latte Igienicamente Puro (PLIP) direttore Rubinato Giuseppe
Latte, burro e affini: Cuzzolin Eugenio, Franco Luigi, Gonella Angelo, Montagner Giovanni, Nardin Fortunato, Paolin Agostino S.A., PLIP
Lavorazione del legno: Carrer Pietro, Dall’Armi e Coletti, Menegotto Angelo, Munari Marco e C., Ravà G.V. e C., Papa Pio, Tonon Giovanni, ditta Tonon Nino di Tonon A. Giuseppe (via G. Marconi)
Lavori ad ago: Cooperativa dell’Ago
Legatorie: Da Villa Evaristo, Eredi Maschietto
Legna: Furlan Antonio, Calcide Clemente
Legname da costruzione: Dall’Armi e Coletti, Munari Marco, Morassutti Paolo, Papa Pio, Pietropolli Giovanni
Liquori (frabbrica): Turchetto Francesco
Macchine agricole e Industria: Brunello Angelo, Coop. Agricola Distrettuale di S. Donà, Fuser Attilio, Sindacato Agricolo Coop. del Mandamento, Soc, Agricola del Basso Piave, Soc. Agricola Fossaltina, Unione Agraria.
Macchine da cucire: Boccato Mario, Necchi
Macchine da scrivere: Olivetti ing. C. e C., Pellegrini Giuseppe
Macchine trebbiatrici: Consorzio agrario Cooperativo, Pasini Giovanni Giuseppe, Eredi Ortolan
Macellerie: Barbini Giusto, Mancini Biagio, Murer Antonio, Murer Emilio, Turchetto Tullio, Turchetto Giovanni, Turchetto Arturo
Manifatture, mercerie, filati: Barbini Maria, Basso Carolina ved, Boccato, Briotto Antonio, Centioli Francesco, Gozzo Massimiliano, sorelle Cogo, Ferrarese Maria, Maschietto Maria, fratelli Mion, Milani Angelo, Murer Antonio, Papa sorelle Carlotta e Giovanna, Padovan Amalia e sorella, Pasini Carlo, fratelli Perissinotto, Scabello Erminia, Truccolo Maria, Rossi Luigi, Urban Maria.


Maniscalchi: Menon Umberto
Marmi (lavorazione): Biscaro Augusto, Picchetti Luigi
Materassai e tappezzieri: fratelli Schiavo, Menotti Umberto
Materiale elettrico: fratelli Botter
Matariali da costruzione: Dall’Armi e Coletti G.
Mediatori: Battistella Eugenio, Brussolo Giovanni, Boccato Antonio, Firotto Luigi, Firotto Valentino, Iseppi Mario, Marusso Vittorio Giulio, Terzi Mario, Visentin Giuseppe, Zanutto Alessio.
Mediatori in Cereali, Farine: Barbini Scipione, Battistella Eugenio, Brussolo Giovanni, Firotto Valentino, Firotto Luigi, Firotto Natale, Gaiotto Emilio, Iseppi Ermenegildo, Iseppi Mario, Marisso Vittorio, Maschietto Francesco, Piovesan Amedeo, Perissinotto Giovanni, Perissinotto Pietro, Terzi Mario, Trevisiol Costante, Turchetto Vittorio, Visentin Giuseppe, Zanutto Alessio, Zanutto Natale, Rorato Angelo.
Mercerie, filati ed affini (grossisti): Galletti Idilio, fratelli Roma, Rossi Luigi e fratello.
Mobili di lusso e comuni: Dus Domenico, fratelli Perissinotto, Tonon Nino.
Mobili in ferro: Bressanin, fratelli Casarin
Mode e confezioni: Baradel e C., Baradel Egidio.
Molini e pilerie: Barosco Federico, Farina Antonio (via XX Settembre), Perissinotto Paolo
Motocicli: Furlanetto Pericle
Musica: Battistella Alberto e Figlio.
Officine elettromeccaniche: fratelli Botter, Brunello Angelo, Fava Alessandro, Marini Tigelio.
Officine meccaniche: fratelli Cattai, fratelli Casarin, Fava, Maschietto Vittorio, fratelli Ortolan (via Maggiore), Picchetti Enrico, fratelli Striuli, Urban Luigi, Vigani Pietro
Oli, grassi, lubrificanti: Consorzio Agrario, L’Agrario
Ombrelli, bastoni, valigerie: Fumei
Orefici, orologiai: Balestra Giuseppe, Ferro Ferruccio, Rigoli Paolo
Ortofrutticoli: Brasi de Zuliani
Panifici: Fasan Emilio, Trivellini
Paramenti ed oggetti sacri: Finotto Maria
Paste alimentari: Pastificio Perissinotto (via C, Battisti)


Pasticcerie, Offellerie: Pasqualini Bortolo, “UNICA” (Unione Nazionale Industria Cioccolato affini), Trionfini Rosa
Pellami: Baradel Vincenzo, Girardi Bernardo
Pesce fresco (dettaglianti): Mazzon Giovanni
Petrolio, benzina: Società Italia Americana per Petrolio, Zanini Antonio
Pollerie (grossisti): Dalla Mora Giovanni, Menegaldo Giuseppe
Pompe funebri: Gnes Tullio (via Regina Margherita)
Prodotti e concimi chimici: Cooperativa Agricola Distrettuale S. Donà, Società An. Sindacato Industriale Trevigiano (sede Treviso), Unione Agraria Coop. del Mandamento di San Donà
Profumerie e articoli per toilette: Battistella Alberto, Trentin Luigi
Radio: Michelino Guerrino, Striuli Luigi, fratelli Botter
Riso lavorazione: Farina Antonio
Sacchi (fabbriche): Stabilimenti Industria Juta, S. Donà
Saponi e liscive (fabbriche): Turchetto Francesco
Sartorie: Avon Emilio, Finotto Francesco, Murer Antonio, Striuli Giuseppina e Vazzoler Riccardo
Stallo: Alfier Dante (via XX Settembre), Campaner Angela (via Jesolo), Del Ben Bruna (via XX Settembre)
Tabacchi (rivendite): Armellin Davide, Baradel Angelo, Bincoletto Antonio, Costantin Silvio, Canfortola Genoveffa, Dall’Oro Carlo, Lazzarini Arnaldo, Murer Dino Antonio, Perissinotto Luigi, Rozzino Scipione, Guseo Bizzaro Ester.


Teatri e cinematografi: Pasqualini Bortolo, Teatro Verdi; Cinema Progresso (Bimbi Giuseppe e Rizzola)
Telefoni: Soc. Italiana Reti Amplificatrice di S. Donà
Terraglie: Battistel Cesare, Marigonda Antonio, Fabris Rino
Tipografie: Ditta Bianchi G.B., Da Villa Evaristo
Trattorie e osterie: Armellin Angelo (via Isiata), Armellin Luigi, Battistella Giuseppe, Bidinotto Maria ved. Sari, Boschin Nicola, Chinaglia Pia, Favaro Vito, Marusso Giuseppe, Mucelli Sante, Murer Dino, Onor Lucia, Perissinotto Carolina, Perissinotto Elisa, Scalon Augusto, Sartorello Maria ved. Rozzino, Veronese Clorinda ved. Spadari, Mucelli Santa.
Trebbiatrici (noleggio): fratelli Ortolan
Uova: Menegaldo Giuseppe di Antonio (Passarella)
Vetri e Specchi: Bressanin Alessandro
Vini (negozianti, produttori): Audenino Sebastiano, Fornasari Giuseppe, Murer Attilio, Murer Giovanni
Zuccherifici: Soc. An. Zuccherificio Nazionale.

Mandamento di San Donà di Piave

San Donà di Piave – Sindaco: Avv. Celeste Bastianetto abitanti: 24598

Ceggia – Sindaco: Turchetto Giuseppe abitanti: nd

Fossalta di Piave – Sindaco: Tamai Giuseppe abitanti: 4125

Grisolera – Sindaco: Teso Guerrino abitanti: 11892

Jesolo – Sindaco: Oliveti geom. Bruno abitanti: 12006

Meolo – Sindaco: Zanin Erminio abitanti: 5219

Musile di Piave – Sindaco: Giacchetto Alberto abitanti: 9014

Noventa di Piave – Sindaco: Piva Gino abitanti: 6209

San Michele del Quarto – Sindaco: M.o Piaser Dino abitanti: 2734

Torre di Mosto – Sindaco: Ghelfi Amedeo abitanti: 5841

Per approfondimenti: 1.“Guida Commerciale di Venezia e provincia” edizione digitale Biblioteca Nazionale di Roma (Casa Editrice A.P.R.E.A., Venezia, 1946); 2. “Attività Amministrativa Primo Mandato elettorale – Vita sociale del Comune di San Donà di Piave” di Luisa Florian e Maria Trivellato (DigipressBook, 2019)

Marzo 1922, il Congresso Regionale Veneto per le Bonifiche

I congressisti all’inaugurazione dell’impianto idrovoro del “Termine” nella cartolina rievocativa del Centenario

Dal 23 al 25 marzo 1922 si tenne a San Donà di Piave il Congresso Regionale Veneto delle Bonifiche. La partecipazione qualificata a livello scientifico e politico che andava aldilà del solo contesto veneto, diede all’evento una valenza nazionale. Questo il programma dei tre giorni congressuali:

Giovedì 23 marzo 1922
• Ore 10 – Inaugurazione del Congresso
• Ore 11 – Vermouth d’onore offerto dal Municipio di San Donà
• Ore 14 – Partenza per l’impianto idrovoro del “Termine”
• Ore 16.30 – Inaugurazione dell’Impianto idrovoro del “Consorzio di Bonifica Ongaro Inferiore”
• Ore 18 – Ritorno a San Donà di Piave

Venerdì 24 marzo 1922
Ore 9 – 1. Tema: on. Silvio Trentin: “La bonifica umana scopo essenziale della bonifica idraulica ed indispensabile premessa della bonifica agraria.”
Ore 14 – 2. Tema: prof. Vittorio Peglion, prof. Arrigo Serpieri, Dott. Dario Guzzini: “La bonifica agraria: problemi tecnici, economici e sociali”

Sabato 25 marzo 1922
Ore 9 – 3. Tema: dott. Emiliano Carnaroli, direttore dell’Ufficio agrario dell’Istituto Federale di Credito di Venezia: “ Il credito alle opere di bonifica agraria”
Ore 14 – 4. Tema: prof. Comm. Antonio Marozzi, direttore della Cattedra di agricoltura di Rovigo: “La legislazione attuale in tema di bonifica”.

L’inaugurazione del Congresso
Tessera di riconoscimento del Congresso (documento originale)

Racconta la Gazzetta di Venezia in merito a quella mattina del 23 marzo 1922: « Ieri mattina San Donà di Piave, risorta oramai quasi completamente sulle sue rovine, ha accolto una magnifica adunata di uomini di governo, di studio e d’azione, convenuti al Congresso Regionale Veneto delle Bonifiche. La città, pavesata di bandiere, presentava un aspetto festivo, malgrado il tempo minaccioso, e i segni della burrasca degli scorsi giorni. La Giunta municipale aveva fatto affiggere un patriottico manifesto. I membri del Governo sono arrivati col direttissimo da Roma alle 8.07, ricevuti alla stazione dal gr. uff. Max Ravà, presidente dell’Istituto Federale.

Il Governo è rappresentato da S.E. il Ministro dell’Agricoltura on. Giovanni Bertini, dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio S.E. Beneduce, dal Sottosegretario alle Terre Liberate on. Merlin, dal Sottosegretario ai Lavori Pubblici on. Martini. Vi sono poi il prof. Alfredo Rocco del Ministero dell’Agricoltura, direttore generale del Credito Agrario e Colonizzazione, i deputati l’on. Chiggiato, l’on. Pesante, l’on. Sandroni, l’on. Ferrarese, l’on. Sandrini, l’on. Silvio Trentin, il comm. Picchini Presidente del Consiglio Provinciale, il sindaco di Venezia gr. uff. Davide Giordano, il prefetto gr. uff. D’Adamo, il magistrato delle Acque cav. di Gran Croce Raimondo Ravà, il presidente dell’Istituto Federale Max Ravà con il direttore il comm. Waldis Friederichsen, il sindaco di San Donà ing. Guarinoni, il comm. Mazzotto presidente del Consorzio dell’Ongaro inferiore, il comm. Trevisanato vice presidente della Camera di Commercio, l’ing. Del Pra, il conte comm. Camillo Valle presidente della Federazione Veneta dei Consorzi di Bonifica, il comm. Pancino presidente della Cassa di Risparmio, il comm. Tombolan Fava procuratore generale presso la Corte d’Appello, il prof. Pitotti direttore della Cattedra d’Agricoltura di Venezia, l’avv. Gaetano Duse e il sig. Celeste Bastianetto per la Cassa di Risparmio di Venezia… » e tanti altri come erano soliti elencarli i giornali dell’epoca.

Il saluto del Sindaco di San Donà
Il sindaco Guido Guarinoni

« Prende la parola il Sindaco di San Donà, cav. Guido Guarinoni: egli ricorda che quando sul novembre 1918 orgogliosi della grande vittoria i cittadini di S. Donà ritornarono dall’esilio, e videro lo squallore di queste terre già ridenti di messi opime e d’invidiata prosperità, pareva un sogno la speranza che in breve tempo sarebbero risorte, per incamminarsi a più promettente avvenire. Pure, per la fermezza di propositi e l’intensità del lavoro della popolazione, la vita riprende il suo corso normale. In nome di S. Donà, orgogliosa di essere stata scelta a sede di questo Congresso è grato all’Istituto Federale di Credito per il risorgimento delle Venezie ed alla Federazione dei Consorzi, e con essi agli illustri Presidenti comm. Ravà e comm. Mazzotto, l’oratore dà il saluto, in nome del Comune, al Ministro Bertini, ai sottosegretari Beneduce, Martini e Merlin, alle Autorità e ai Congressisti. Augura che il Congresso sia di buon auspicio per l’avvenire di S. Donà che un secolo fa non era che un villaggio di poche case, specie in una zona palustre di oltre 40 mila ettari e che oggi, mercè la fiorente attività dei Consorzi di bonifica è un importantissimo centro di vasti territori, la cui prosperità economica va sempre crescendo, e si avvia a tempi radiosi di prosperità, di benessere e di progresso. (applausi vivissimi)

L’apertura del Congresso
Il presidente del Congresso comm. Attilio Mazzotto (tratta da “San Donà di Piave” di Dino Cagnazzi, 1979)

Si susseguirono poi i discorsi delle varie autorità sino a quando S.E. l’on. Bertini, in nome del governo dichiara aperto il Congresso delle Bonifiche. Il prof. Trentin, della Cattedra di Agricoltura di San Donà, propose quindi che vengano eletti a Presidenti del Congresso il comm. Sansoni, dell’Opera Nazionale per i Combattenti, il conte Valle e il comm. Mazzotto, e a segretari il prof. Carnaroli, il dott. Ronchi e il cav. Gussoni. Verso mezzogiorno giunse a San Donà in automobile S.E. il vescovo di Venezia Cardinale Pietro La Fontaine con il suo seguito, ricevuti dall’arciprete di San Donà Mons. Saretta, dal comm. Saccardo presidente della deputazione provinciale e dalle autorità locali. Sua Eminenza scese al “Casino Sociale” dove alle 12 e mezza ebbe luogo la colazione offerta ai partecipanti il Congresso dalla Federazione Veneta tra i Consorzi di Bonifica. Nel pomeriggio i congressisti si recarono in automobile all’inaugurazione dell’edificio idrovoro del “Termine”, con benedizione del Vescovo di Venezia.

L’impianto idrovoro del “Termine” inaugurato il 23 marzo 1922 durante la prima giornata congressuale
La bonifica umana
I congressisti fuori del Teatro Moderno in un momento di pausa, in centro con l’impermeabile è riconoscibile l’onorevole Silvio Trentin

E’ nella seconda giornata che venne trattato il tema più importante relativo alla relazione dell’onorevole sandonatese Silvio Trentin “La bonifica umana scopo essenziale della bonifica idraulica ed indispensabile premessa della bonifica agraria.”. Questo il racconto dalle pagine della Gazzetta di Venezia: « L’on. Trentin ha quindi la parola per svolgere la sua relazione. Non è senza commozione che l’oratore si appresta all’esposizione del suo tema, di così vitale interesse agli effetti della soluzione integrale del problema delle bonifiche. E’ con orgoglio altresì che l’oratore si afferma figlio di questa terra che già da anni ha intrapreso una lotta aspra e indefessa contro le acque invadenti, terra dove una gente con opera prodigiosa e redentrice, pari a quella dell’eroismo abituale si sforzò di elevare a condizioni di più sano e valido progresso.
E’ ora che quest’opera sia convenientemente valutata e sorretta dalle autorità governative e incoraggiata da provvide disposizioni di legge. In questa zona già fiorirono città e centri di attività magnifica, e qui dove rifulse tanta virtù di lavoro e di guerra, oggi si stanno fondendo le antiche esperienze dei vecchi bonificatori con il sentimento e le nuove forse incoraggiatrici, donde l’auspicio che non vana debba essere questa nostra adunata, non sterile l’entusiasmo. (applausi)
L’attività bonificatrice è delle più antiche. Mancò in essa però fino alla fine del secolo scorso una disciplina organica e un metodo rigoroso. Molti scopi prefissi perciò disgraziatamente andarono falliti: ma non si devono perciò svalutare gli sforzi compiuti. Le opere di Val di Chiane, le bonifiche della Repubblica ed altre non significano che l’esplicazione del proposito di salvare determinate località dalle acque senza provvedere alla loro completa redenzione in rapporto ai lavoratori.
Mancavano perciò le condizioni opportune demografiche e di lavoro e mancava la coscienza delle cause diverse di squilibrio e di disagio, la coscienza di una esatta comprensione dei fattori economici e sociali. Solo dopo l’unione dell’Italia, il problema della bonifica venne concepito come il riflesso delle opere che dovevano trasformare terreni impraticabili in zone di ricchezza e di vita: fu allora che le iniziative private e quelle statali si accordarono per un unico fine.
La legge Beccarini del 13 giugno 1882 fu la prima legge che dimostrò una chiara comprensione della vastità del problema, costringendo con essa i bonificatori all’osservanza di particolari doveri sociali.
Il concetto della legge è che l’esecuzione delle opere di bonifica riporti l’esercizio di una speciale opera amministrativa: il che si raccorda al dovere dello Stato di vigilare sull’igiene del territorio. Ma il legislatore del 1882 non ebbe chiara e precisa la coscienza degli elementi complessi da cui era caratterizzato il problema.
Intorno alle disposizioni delle varie leggi riguardanti le bonifiche l’oratore discute a lungo, insistendo sulla necessità che la bonifica umana, la bonifica igienica, proceda di pari passo con la bonifica idraulica e con la bonifica agraria.
Molte volte forti lavoratori tentarono la conquista della palude, ma lasciarono tracce angosciose di quella conquista, decimati dalla malaria.

L’ingegnere Del Pra e l’onorevole Trentin (tratta da “San Donà di Piave” di Dino Cagnazzi, 1979)


L’oratore quindi si addentra a discutere delle varie disposizioni delle leggi sulle bonifiche coordinate con il testo unico del 1900 per esaminare quali modificazioni a dette leggi sia necessario ora invocare.
Domanda che si stabilisca l’obbligo della presentazione dei progetti di bonifica ed una assidua vigilanza da parte dello Stato ai lavori stessi per evitare che delle facilitazioni concesse dallo Stato ai bonificatori approfittino volgari speculatori.
Rivendica alla scienza italiana l’onore di aver iniziato la lotta contro la malaria, e ricorda in proposito gli studi del Grasso, del Baccelli, del Marchiafava, del Golgi, del Celli e di altri, soggiungendo che la loro fu aiutata dallo Stato, il quale ben comprese l’importanza della cura dell’uomo. Osserva però che i provvedimenti dello Stato furono insufficienti. Occorre quindi agire coraggiosamente per combattere il flagello, e perché ciò possa avvenire egli molto confida nell’iniziativa privata che molte volte si è sovrapposta allo Stato.
E’ necessario provvedere gli impianti idraulici, ed in proposito osserva: tutti coloro, che hanno ieri visitato il poderoso impianto idrovoro dell’Ongaro Inferiore non hanno avuto che parole di ammirazione. Eppure, da mesi un assillante problema preoccupa gli amministratori: la mancanza d’acqua. L’oratore domanda che il Congresso emetta il voto perché al più presto venga accordato il mutuo chiesto dal Comune di San Donà per la costruzione dell’acquedotto. L’on. Trentin termina la sua relazione sciogliendo un inno all’avvenire delle bonifiche, e ripetendo, con Filippo Turati: E quando dico bonifica dico terra redenta, ma dico anche strade, dico borgate, dico scuole, dico civiltà, dico palpito d’uomini civili, dico una grande idealità che potrà placare, deviare le nostre cieche passioni, dico una vita nuova in cui dovremo sommergerci, dico una battaglia infinitamente superiore a quelle miserabili nelle quali ci combattiamo. Una vera ovazione accoglie le ultime parole dell’on. Trentin.
A conclusione del suo discorso l’onorevole Trentin presenta il seguente ordine del giorno:
“Il Congresso Regionale Veneto per le bonifiche: affermata la necessità che in armonia con l’originario pensiero del legislatore la esecuzione delle opere di bonifica venga sempre rigidamente ispirato alle esigenze proprie dello scopo fondamentale assegnato alle opere stesse: il risanamento igienico del territorio nel quale esse si compiono;
rilevata la persistente gravità dei pericoli che nelle zone malariche, a causa della insufficienza dei provvedimenti adottati, minacciano non ostante le avvenute trasformazioni agrarie, la salute delle popolazioni ivi residenti;
segnala l’urgenza e la opportunità che alla legislazione in vigore siano apportate le seguenti riforme sulle quali richiama l’attenzione del Governo e del Parlamento:
1) che sia rinnovata l’organizzazione degli uffici tecnici preposti allo svolgimento di tutte le funzioni assegnate allo Stato in tema di bonifica, attribuendo a queste una base regionale e larghi poteri delegati, specializzandone la competenza mediante una intima collaborazione dell’idraulico con l’igienista, regolandone il funzionamento con la prescrizione di una intensa e rigorosa attività ispettiva;
2) che in corrispondenza a detto decentramento ad in relazione alla premessa sul quale esso si fonda, della varietà delle situazioni locali, sia assicurata una certa elasticità alla misura con cui lo Stato concorre alla esecuzione delle opere e sia consentita una maggiore discriminabilità nella scelta degli Istituti meglio adatti ad assicurare nelle diverse contingenze la piena efficacia alla esecuzione stessa;
3) che la tutela e l’ispezione del Governo di cui all’art 1 del T.U. 22 marzo 1900 sia estesa anche alle bonifiche private la cui esecuzione dovrà essere subordinata alla approvazione preventiva dell’apposito progetto ed il cui esercizio e la cui manutenzione dovranno essere costantemente controllati;
4) che sia imposto l’intervento dell’igienista nella preparazione dei progetti e che al parere favorevole dell’autorità sanitaria sia subordinato il collaudo di qualsiasi opera;
5) che agli effetti del riparto della spesa sia consentito che nei progetti relativi alle bonifiche classificate vengano incluse le opere necessarie ad assicurare la distribuzione di acqua potabile nei terreni bonificati;
6) che sia rigorosamente prescritta la cosiddetta piccola bonifica assegnando la esecuzione dei lavori da essa richiesti ai Consorzi di manutenzione delle opere di grande bonifica dove esistono, od a speciali Consorzi obbligatori fra i proprietari interessati ed attribuendo l’onere della spesa ai proprietari stessi salvo speciali compensi da parte dello Stato;
7) che la malaria sia considerata a tutti gli effetti di legge come infortunio sul lavoro e che i proprietari siano chiamati responsabili per le febbri contratte dai propri lavoratori quando risultino inadempienti a determinate rigorose misure profilattiche;
8) che sia promossa la costituzione con l’intervento di tutti gli interessati di speciali enti regionali ai quali sia attribuito il compito di coordinare le varie iniziative pubbliche e private aventi per oggetto la lotta antimalarica ed i quali siano messi in grado, con opportuni concorsi finanziaria di impiegare allo scopo tutti i mezzi che presentino una qualsiasi garanzia di successo. »

L’interno dell’impianto idrovoro del “Termine” (tratto da “Terre Nuove” Cicero Ed. 2011)
La discussione
Le imbarcazioni utilizzate per lo scavo dei canali (tratte da “Terre Nuove, Cicero Ed. 2011)

Ne seguì un’ampia discussione nella quale furono molti i plausi ma anche le critiche. In particolare il rappresentante delle bonifiche private l’avvocato Angelo Sullam rigettò alcuni accenti negativi imputati ai bonificatori privati che si erano impegnati nello strappare i loro terreni alla palude, e ancor di più per quel controllo dello Stato visto come condizionante, non ultima la responsabilità che verrebbe loro imputata in caso di emergenza sanitaria. « …si domanda se alcuno possa accettare, bonificatore pubblico o privato, l’art. 7 dell’ordine del giorno Trentin, in quanto vuol chiamare i proprietari responsabili delle infezioni malariche dei lavoratori. Ma crede sul serio l’on. Trentin che fra tanti discordi pareri di tecnici, che oggi stanno per la cura Pasi, e domani potrebbero essere per la cura x e y, possiamo sul serio essere responsabili della malaria, quando il nostro vicino, che può essere anche lo Stato, non cura le condizioni igieniche dei suoi terreni? Una legge così sarebbe iniqua. Ma allora era molto meglio che non gettassimo il nostro tempo e il nostro ingegno per migliorare il territorio….»

Il prof. Picchini per l’acqua potabile

A supporto della relazione dell’on. Trentin, il prof. Picchini propone un suo ordine del giorno: « Il Congresso Regionale Veneto per le bonifiche constato che la vasta plaga del basso Piave è completamente sprovvista di acqua potabile indispensabile al bisogno della vita umana; rilevato che inutili riuscirebbero i grandiosi lavori di bonifica eseguiti e in corso di esecuzione se detto bisogno non venisse provveduto con mezzi adeguati; avuto notizia che già un progetto di acquedotto per i Comuni del basso Piave approvato dalle competenti autorità attende il finanziamento al termine delle leggi in vigore; delibera di incaricare la Presidenza del Congresso di segnalare al Governo la necessità di una sollecita conveniente risoluzione del problema ».

Le dichiarazioni del conte Valle
I congressisti in attesa fuori del Teatro Moderno

L’ordine del giorno del prof. Picchini viene accettato e verrà posto in votazione dopo di quello dell’on. Trentin. A tal proposito l’intervento del Conte Valle, Presidente della Federazione dei Consorzi di bonifica dopo aver condiviso in parte l’intervento dell’avv. Sullam, tranne che nella parte relativa alle critiche al Governo, amplia il discorso fatto dal prof. Picchini: « ..Quanto all’acqua potabile, è d’accordo con il prof. Picchini; non facciamo una questione di San Donà; è una questione nazionale e la legge dev’essere estesa a tutte le bonifiche.» Quindi entra nel dettaglio della relazione dell’on. Trentin: « Dà plauso alla relazione, ma gli osserva che si deve procedere per gradi. Propone che la votazione dell’ordine del giorno Trentin sia fatta articolo per articolo. All’articolo primo osserva che vi si associa, purché sia inteso che non comporti biasimo agli uffici del Genio civile cui tanta riconoscenza debbono invece i bonificatori. Si oppone all’articolo 3, non potendovisi accettare un’azione del governo che potrebbe portare ritardo e sfiducia. Quanto all’articolo 7, non può concepirne praticamente il concetto; qualunque spesa sarebbe accettabile per raggiungere la bonifica umana, ma allo stato delle cose il concetto della totale bonifica igienica non è attuabile che in un lungo spazio di tempo. Propone per cui che si passi all’approvazione degli articoli, abrogando il 3 e il 7. »

La replica dell’onorevole Trentin
I congressisti in attesa di recarsi all’inaugurazione dell’impianto idrovoro del “Termine”

« Si stupisce delle parole dell’avv. Sullam. Egli non si è mai sognato di elevare accuse contro i bonificatori privati, ma anzi ha tributato loro un sentimento di gratitudine. Non ha fatto il bonificatore, perchè gli mancavano i mezzi per farlo e la terra, ma deve soggiungere, non soltanto l’avvocato Sullam, perchè è bonificatore, ha diritto di parlare di bonifiche. Conviene nel riconoscere benemerenze ai bonificatori privati; ma bisogna anche ammettere che non tutti hanno tenuto presente gli scopi che avrebbero dovuto perseguire, da altra parte sarebbe eccessiva presunzione da parte dell’agricoltore di voler essere insieme anche igienista ed idraulico. Perciò lo Stato ha il sacrosanto dovere di intervenire per accertare se le opere di bonifica sono eseguite secondo le norme scientificamente riconosciute migliori. Insiste nel proporre l’art. 3 del suo ordine del giorno, e non capisce quali difficoltà vi siano nella sua applicazione. Quanto all’art. 7, sostiene che si deve con tutte le forze e con qualunque mezzo difendere il lavoratore dalla malaria, e che l’articolo non contrasta in nulla col nostro diritto positivo, in quanto si riferisce all’inadempienza delle norme igieniche prescritte. Spiega poi che non era affatto sua intenzione dar biasimo agli uffici tecnici specialmente nelle nostra provincia, che egli entusiasticamente ammira per l’opera svolta a favore dei bonificatori.

Le votazioni degli ordini del giorno
La cassa di navigazione del Consorzio di Bonifica Ongaro inferiore (cartolina Ed. Ferruzzi, 1923)

Dopo le repliche dell’on. Trentin, il Presidente mette ai voti l’ordine del giorno. I primi due articoli vengono approvati senza difficoltà. Ben più complicato invece il cammino del terzo articolo, il cui conteggio è quanto mai contrastato, tanto che alla fine la seduta viene sospesa e le votazioni rinviate al pomeriggio. Anche nel pomeriggio i contrasti permangono, alla fine i favorevoli sono 128 mentre i contrari 133, l’assemblea si abbandona a rumori, grida e tumulti ma l’articolo viene bocciato. Approvati senza problemi gli articoli quarto e sesto. Sul settimo il prof. Del Negro propone che venga votato per divisione scindendo la prima parte “che la malaria sia considerata a tutti gli effetti di legge come infortunio sul lavoro” dalla seconda che chiama i proprietari responsabili delle infezioni malariche contratte dai lavoratori. La prima parte è approvata, la seconda è respinta. Infine anche l’articolo 8 è approvato. Quanto all’articolo cinque questi era trattato anche dall’ordine del giorno del professor Picchini che, messo ai voti, viene approvato tra gli applausi. » Il congresso poi continuò con la relazione del prof. Vittorio Peglion “La bonifica agraria: problemi tecnici”, cui seguì la seconda parte del prof. Arrigo Serpieri e del Dr. Dario Guzzini “La bonifica agraria: problemi economici e sociali”; entrambe le tralasciamo avendo incentrato l’approfondimento sulla relazione del concittadino Silvio Trentin. A piè pagina, tra le fonti utili per degli approfondimenti vi è anche il link dove è possibile scaricare il pdf del documento dove sono incluse le ampie paginate della Gazzetta di Venezia dedicate ai tre giorni di congresso.

L’intervento di don Sturzo
Don Sturzo in una immagine degli anni Venti

Nella terza giornata il congresso veneto assunse un respiro nazionale e a portarvi una importante testimonianza vi fu anche l’intervento di Don Luigi Sturzo, che nel 1919 aveva fondato il Partito Popolare, di cui il Sindaco di San Donà Guido Guarinoni ne era espressione. Al mattino vi fu la relazione del dr. Emiliano Carnaroli “Il credito alle opere di bonifica agraria”, cui seguì l’ordine del giorno dell’on. Meuccio Ruini e la relazione dell’ingegner Angelo Omodeo “Le bonifiche nell’Italia meridionale ed insulare”. Fu poi la volta di don Luigi Sturzo, questo il suo intervento raccontato dalle pagine della Gazzetta di Venezia: « Don Luigi Sturzo sale alla tribuna accolto da applausi. Come meridionale, egli si dichiara grato all’ingegner Omodeo e all’on. Ruini, per aver sollevato in questo Congresso la questione delle bonifiche meridionali, e l’affermazione fatta qui, in mezzo alla grandiosa vita agraria di questa regione, in mezzo ai ricordi gloriosi di storia antica e recente, lo commuove profondamente. Della legge di bonifica, meridionali e siciliani hanno tratto troppo poco vantaggio. I veneti possono discutere guardando fiduciosi l’avvenire dopo aver tanto e così bene lavorato; mentre dobbiamo constatare che delle spese fatte nel Mezzogiorno – molto – e in Sicilia – poco – non si sono tratti tutti i vantaggi che si sarebbero dovuti trarre. E questo è doloroso per tutti gli italiani. L’oratore non ha grande fiducia nelle iniziative governative, se non sono sorrette dall’attività e dalla fiducia locali. Voi avete avuto i vostri meravigliosi Consorzi; questo non è potuto avvenite da noi, non solo perchè lo spirito alle utili opere è meno vivace da noi, mentre son più vive la fantasia e l’intelligenza, ma anche per la mancanza di rispondenza dei criteri legislativi alla realtà del Mezzogiorno. La bonifica idraulica o la bonifica agraria non sono da noi a sé stanti, ma i problemi del rimboschimento, della sistemazione dei fiumi, del bonificamento formano una sola unità, che non può scindersi. (applausi)

Quando l’oratore pensa allo sforzo compiuto dai suoi conterranei siciliani per coltivare la terra in coalizioni difficilissime, non può trattenere le lagrime di commozione. E la legge non è stata adeguata ai loro sforzi. Ma oggi, che siamo impoveriti da molti anni di tragedia economica sentiamo di poter risorgere colla forza del lavoro e del risparmio, piuttosto che con le speculazioni o con i soccorsi di coloro che hanno avuto da noi l’aiuto della guerra, e ci hanno dato la tragedia della pace. (applausi vivissimi).

Presenta il seguente ordine del giorno: « Il Congresso Regionale Veneto per le bonifiche, facendo atto di solidarietà verso il Mezzogiorno e le Isole approva le conclusioni della Relazione Omodeo circa la necessità di affrontare in quelle Regioni l’esecuzione delle bonifiche con criteri integrali, promovendo speciali provvedimenti legislativi atti alle condizioni diverse delle Regioni stesse, concentrando i suoi mezzi tecnici e unificando le disposizioni relative alla bonifica idraulica, agraria ed igienica, alle opere idrauliche ai rimboschimenti, alle irrigazioni e alle strade. Firmato Sturzo, D’Angelo Cleva »

Sturzo riprende a parlare per rilevare il magnifico funzionamento dell’Istituto Federale di Credito per le Venezie. Il Banco di Sicilia, dopo una lunga inerzia, ha finalmente iniziato a seguire un po’ la necessità del paese. L’oratore si dice lieto di poter fare egli, siciliano e regionalista, questa affermazione di regionalismo qui, sulle rive del Sacro Piave, in una Regione che sente anch’essa il regionalismo della grande Venezia, non avulsa dal corpo dell’Italia nostra, e sensibile al palpito della vita nazionale (applausi vivissimi).

I lavoratori della bonifica nel loro duro lavoro manuale (tratta da “Terre Nuove” Cicero Ed., 2011)
La chiusura del Congresso

Nel pomeriggio del sabato l’ampia relazione del prof. comm. Antonio Marozzi “La legislazione attuale in tema di bonifiche” cui seguì una partecipata discussione, poi il Congresso si avviò verso la conclusione: « Il comm. Attilio Mazzotto prima che si chiudano i lavori manda un reverente saluto a S.E. Luzzatti, che tanto aiuto diede ai bonificatori, e che fu uno dei pionieri della bonificazione, al senatore Romanin Jacur, altro fervente apostolo delle bonifiche. Ringrazia il commendator Sansone, presidente dell’Opera Nazionale dei Combattenti, che ha fatto al Congresso l’onore di assistervi e di accettarne la presidenza. E infine l’oratore propone, tra grandi applausi, che il Congresso mandi uno speciale saluto a S.M. Vittorio Emanuele III.o.

Il comm. Sansone, ricorda che l’Opera Nazionale dei Combattenti, che lavora alla bonifica e al dissodamento della penisola salentina, ha voluto intitolare “Borgo Piave” in omaggio al fiume sacro sul quale fu cementata col sangue l’unità e la grandezza d’Italia. Fa alcune interessanti dichiarazioni sulla necessità delle bonifiche del Mezzogiorno. Ringrazia a nome dei congressisti gli organizzatori del Congresso, l’Istituto Federale e la Federazione delle bonifiche, e personalmente il Conte Valle, cui raccomanda le sorti delle bonifiche del Mezzogiorno, il gr. uff. Max Ravà, il pioniere comm. Mazzotto, il Sindaco di San Donà, e tutta la popolazione di questa terra, che fu tanto larga di cortesie ai congressisti. E finire dichiarando chiuso il Congresso delle Bonifiche.

Per approfondimenti: 1.”La bonifica nel basso Piave” di Luigi Fassetta (Unione provinciale degli agricoltori di Venezia, 1977); 2. “S. Donà di Piave e le succursali di Chiesanuova e Passarella” di Mons. Costante Chimenton (S.A. Tipografia Editrice Trevigiana, Treviso, 1928); 3. “Il disegno del territorio” di Dino Casagrande (Bienne Grafica, Musile di Piave, 2009); 4. “San Donà di Piave, storia immagini costume” di Dino Cagnazzi (Casa Edidrice Legal, Padova, 1979); 5. “Mal aere e acque meschizze, malaria e bonifica nel Veneto dal passato al presente” di Francesca Benvegnù e Lorenza Marzagora (Andrea Mazzanti & C. Editori, 2000); 6. “Terre nuove – Paesaggi di bonifica nel Veneto Orientale” di Giorgio Baldo (Cicero Editore, Venezia 2011); 7. “Le prime bonifiche consorziali del Basso Piave, Consorzio Ongaro Superiore e Consorzio Cavazuccherina” di Luigi Fassetta e Paolo Luigi Zovatto (Consorzi di Bonifica riuniti del Basso Piave, 1956); 8. “La bonifica nella trasformazione del territorio e della società” a cura del prof. Gian Giacomo dell’Angelo (Associazione Nazionale delle Bonifiche, 1992); 9. “Quaderno Mensile” nr. 4 aprile 1922 di Istitito Federale di Credito per il Risorgimento (Premiate Officine grafiche C. Ferrari, 1922); 10. “Ingegneria, rivista tecnica nr. 1 luglio 1922 (Vlrico Hoepli Editore); 11. “Terra di Bonifica, il ruolo dello Stato e dei privati nel Veneto dalla Serenissima al fascismo” di Elisabetta Novello (Ed. Cleup, 2009); 12. Archivio “La Gazzetta di Venezia; 13. Estratto Gazzetta di Venezia, Congresso regionale veneto per le bonifiche (24-25-26 marzo 1922); 14. Folder celebrativo con annullo speciale Centenario Congresso Nazionale delle Bonifiche 1922-2022.

Una missiva di sollecito nella San Donà di fine Ottocento

Una cartolina dei primi del Novecento di Piazza Indipendenza

Anche una semplice cartolina postale che affiora dal passato può regalate una storia, che racconta come anche in quella fine Ottocento per convolare a giuste nozze il desiderio non fosse sufficiente se in mano non avevi la giusta carta.

In una San Donà del 1893, al termine dell’estate nacque il desiderio di una coppia di convolare a giuste nozze. Lei, Mazzeri Giulia, risiedeva nel centro cittadino nei pressi del duomo. Il padre Augusto era stato un ricevitore dazio, oramai cinquantanovenne si era stabilito a San Donà con la moglie Gramatica Giustina. La madre era originaria di Bassano, e proprio da quell’importante centro nel vicentino arrivava il futuro sposo Brandestini Vincenzo. Lo sposo, ventisettenne, era uno scultore in legno, aveva seguito le orme del padre che in quel di Bassano faceva il falegname.

Il matrimonio doveva essere celebrato a San Donà, nella città di residenza della sposa, prima però vi erano da fare le pubblicazioni con la relativa raccolta dei documenti. Le pubblicazioni, oltre a Bassano e San Donà vennero previste anche per San Polo di Piave, dove la famiglia Mazzeri aveva abitato sino a pochi mesi prima.

La cartolina postale
Cartolina postale viaggiata del 1893

Quel filo che ci ha permesso di costruirne la storia è una cartolina postale, che nell’ottobre del 1893 venne inviata dal Comune di San Donà a quello di Treviso. Chi materialmente la scrisse è l’impiegato municipale Sepulcri Giuseppe (di Pietro, trentanovenne) che aveva il compito di redigere i documenti. Vincenzo e Giulia si erano rivolti a lui per fissare una data sia per le pubblicazioni che per il matrimonio. La sposa non era originaria di San Donà di Piave ma al seguito del lavoro del padre venticinque anni prima era nata a Treviso. A quel Comune il Sepulcri aveva inviato richiesta di ottenere il certificato di nascita e visto che questo tardava questa ulteriore cartolina postale indirizzata al Sindaco del capoluogo trevigiano aveva cercato di velocizzare i tempi. Il 13 ottobre la stessa venne spedita, ma quell’urgentissimo che di suo pugno aveva scritto, e quella speranza di ottenerlo a stretto giro di posta, non si avverarono.

Egregio Signor Sindaco, Prego calorosamente la nota gentilezza dello Sindaco Illustrissimo a voler rimettermi legalizzata non più tardi di domenica mattina la sede di nascita di Mazzeri Giulia di Augusto e Grammatica Giustina richiesta col mio foglio 26 settembre N. 1718, essendo per detta mattina fissata la richiesta delle pubblicazioni. Certo del favore che chiedo a nome anche degli interessati La ringrazio e mi professo con tutta comprensione. In vece del Sindaco, (firmato) Sepulcri. S. Donà di Piave, 13/10/1893

L’attesa
Dal Registro delle pubblicazioni di matrimonio del 1894

Passarono le settimane, ma la tanto agognata data non poté essere fissata, quei pochi giorni sperati dal Sepulcri sconfinarono oltre il Natale. Quando, finalmente, ai primi di gennaio apparvero le pubblicazioni in quel di San Donà, di Bassano e di San Polo di Piave. Nel registro delle pubblicazioni di matrimonio di San Donà di Piave al numero 1 del 2 gennaio 1894 Brandestini Vincenzo e Mazzeri Giulia annunciavano le prossime nozze. Le pubblicazioni vennero poi affisse da domenica 7 gennaio sulla porta della Casa Municipale a firma dell’ufficiale dello Stato Civile, l’avv. Silvio De Colle assessore in vece del Sindaco. Le pubblicazioni vennero rinnovate domenica 14 gennaio e lì lasciate sino al giorno 17.

Il matrimonio

Dieci giorni dopo il termine delle pubblicazioni, venne celebrato il matrimonio. Sabato 27 gennaio 1894 alle ore nove e dieci minuti presso la Casa Municipale di San Donà di Piave, alla presenza dell’assessore Silvio Bressanin, facente le funzioni del Sindaco, Brandestini Vincenzo e Mazzeri Giulia divennero marito e moglie. Come testimoni vi erano il padre della sposa, Mazzeri Augusto e Zanin Achille, di professione mediatore. Tutti sottoscrissero il documento.

Dal Registro degli Atti di Matrimonio del 1894
Tra gli allegati, i giusti documenti
Certificato di nascita del 1893

Oltre ai dati documentali presenti nei registri, fortuna volle che anche tra gli allegati è stato possibile trovare i tre attestati delle avvenute pubblicazioni, regolarmente vidimati dagli ufficiali di stato civile preposti sia alle pubblicazioni che all’atto di matrimonio. Tra gli allegati anche il famoso certificato di nascita di Mazzeri Giulia redatto qualche giorno prima il famoso sollecito inviato dal Sepulcri mediante cartolina postale. Il documento recava il timbro della Parrocchia di Santa Maria Maggiore–Santa Fosca di Treviso. La sposa era nata il 23 luglio 1868, l’atto era del 6 ottobre 1893 ed autenticato tramite la legalizzazione della firma da parte del presidente del Tribunale il 9 ottobre 1893. Quindi tutto nei tempi richiesti dal Sepulcri precedenti al sollecito, se non fosse che poi quel documento tardò ad arrivare a San Donà. Lo sposo già il 25 settembre 1893 aveva prodotto il suo atto di nascita, proveniente dalla parrocchia di Santa Maria in Colle e recante il timbro dell’Arciprete di Bassano, attestava che lo sposo Brandestini Vincenzo era nato il 22 maggio 1866.

E vissero felici e contenti

Dove poi gli sposi andarono a vivere, non è dato sapere. Negli anni seguenti non abbiamo trovato traccia di nascite a San Donà e nemmeno a Bassano. La madre di Giulia morì ad aprile di quello stesso anno a San Donà, abitava in largo Chiesa, ovvero nei pressi del duomo. A darne notizia si presentò il mediatore Zanin Achille, già testimone di nozze, e il falegname Padovan Luigi, per cui è possibile che il genero si fosse stabilito inizialmente proprio a San Donà. Ma questa torna ad essere una loro storia.

Per approfondimenti: 1. “Registro Pubblicazioni di Matrimonio 1894” presso Banca Dati Family Search; “Registro Atti di Matrimonio 1894” presso Banca Dati Family Search

Nel giorno dell’Immacolata del 1929 s’inaugura il campo sportivo

Nel giorno dell’Immacolata del 1929 s’inaugura il campo sportivo

Il Piave ghiacciato in una fotografia del febbraio 1929

Il 1929 fu un anno particolare e ancor oggi è ricordato come uno degli inverni più freddi di sempre. Ghiacciò la laguna a Venezia, e ghiacciò pure il Piave a San Donà tanto che vi sono immagini che raccontano di attraversate a piedi da una sponda all’altra. Alla fine di quel particolare anno, nella domenica dell’Immacolata, l’8 dicembre, nonostante un tempo inclemente, alla presenza di S.E. il Prefetto Bianchetti venne inaugurato un palo antenna in Piazza Indipendenza, poi fu la volta del campo sportivo del Littorio, successivamente intitolato nel secondo dopoguerra a Verino Zanutto. Lo stesso stadio dove ancor oggi, novantacinque anni dopo, si disputano le gare della squadra cittadina. Il racconto di quella giornata lo ricaviamo dalle pagine della “Gazzetta di Venezia” grazie ad un articolo del 10 dicembre.

Il prefetto inaugura a S. Donà l’antenna e il campo sportivo

« Come era stato precedentemente preannunciato, domenica ebbe luogo l’inaugurazione del palo antenna che distrutto durante la guerra è stato ricostruito in questa Piazza Indipendenza.

Alle ore 13.30 malgrado la pioggia che veniva a dirotto sotto i portici trovansi schierata la centuria della Milizia Volontaria S.N., le Avanguardie, i Balilla, i bambini dell’Orfanotrofio e dell’Asilo infantile, le società sportive dei Comuni del Mandamento, nonché una moltitudine di cittadini.

Piazza Indipendenza con il suo palo antenna in bella mostra in una immagine successiva all’inaugurazione del Monumento a Giannino Ancillotto (1931)

Alle ore 14 uno squillo di tromba dà l’attenti segnando l’arrivo di S.E. il Prefetto accompagnato dal capo di gabinetto Conte Quarelli di Lesegno, nonché dal Segretario Federale, ricevuti all’ingresso del Municipio dal Podestà comm. Costante Bortolotto , dal Segretario politico comm. De Faveri, dai vice Podestà sigg. Bastianetto, Fornasari e dott. Luigi De Faveri.

Fra gli intervenuti notammo: il Giudice cav. Pitari, il Rev. Mos. Saretta, l’avv. Brass dell’Ente Sportivo di Venezia ed in rappresentanza del Podestà di Venezia, il col. Brogliato dell’O.N.B., il capitano dei RR. CC. Boselli, il cav. Costanzo in rappresentanza del R, Provveditore, il cav. Cà Zorzi in rappresentanza dell’Amm. Provinciale, il comm. Giuseppe Bortolotto Presidente dei Consorzi di Bonifica, il dott. Bob direttore della Cassa di Risparmio, il cav. Stiffoni direttore della Banca Mutua Popolare, il capitano della Milizia dott. G. Pavoni con i tenenti Ciriello e Davanzo, i Segretari politici ed i Podestà dei Comuni di Musile, Ceggia, Noventa, S. Michele al Quarto, Grisolera, Meolo, Fossalta, il sig. Trentin Presidente della Congregazione di Carità, il maresciallo Cao della RR. GG. FF. e Scoccia dei RR. CC., il sig. Arduino Pedrenzon per la Federazione Italiana di Atletica e molti altri di cui ci sfugge il nome. »

Il discorso di Monsignor Saretta

« Dopo il ricevimento in Municipio il Rev. Mons. Arciprete alla presenza delle Autorità suddette benedice l’antenna ed il vessillo tricolore dopo di che inizia il suo discorso portando il saluto di riconoscenza verso l’Augusto Sovrano e verso il Capo del Governo a nome della Religione che rappresenta a mezzo del suo Ministero, che il Duce ha voluto ridonare nelle scuole.

Rievoca con belle parole i sacrifici compiuti dalle popolazioni invase durante la loro invasione e dichiara di essere lieto di vedere oggi tornare a sventolare il vessillo italiano da quell’antenna che era stata abbattuta dai soldati austriaci. Chiude il suo dire inneggiando a S.M. il Re ed al Duce. »

Il discorso di S.E. il Prefetto
La medaglia d’oro Giannino Ancillotto

« A Mons. Saretta segue S.E. il R. Prefetto il quale ringrazia il Podestà dell’invito rivoltogli, ringrazia il popolo per le accoglienze che ha voluto fare nella persona del rappresentante del Governo. Loda l’opera che è stata svolta in silenzio dal popolo di San Donà ed afferma che pochi paesi come San Donà possono dare esempio specifico di abnegazione e ciò lo desume anche dai trecentotrenta soldati che si immolarono per la grandezza della Patria dei quali diciannove sono stati insigniti di medaglie al valore e di questi uno cono la medaglia d’oro, l’asso dell’aviazione Giannino Ancillotto alla cui memoria manda il suo saluto. Si compiace dell’opera dell’attività spiegata dall’Amministrazione comunale, dell’accordo di questa con le autorità politiche, della continua fattività della popolazione sandonatese e dello sviluppo agricolo della zona dalla quale è partita la iniziativa della bonifica integrale approvata dal Governo Nazionale. Concluse incitando a lavorare sempre con fede fascista per la grandezza, la bellezza e la potenza della nostra Patria. Fragorosi applausi coronano la fine del nobile discordo del Capo della Provincia. »

Il discorso del Podestà comm. Costante Bortolotto

« Il comm. Bortolotto ringrazia S.E. il Prefetto e il Segretario Federale per essere intervenuti alla cerimonia, ringrazia altresì il Podestà di Venezia per il dono dell’antenna e del leoncino e si trattiene a parlare sulla collaborazione data dalla popolazione di San Donà per la rinascita della città, quantunque i Governi passati abbiano dato pochi aiuti, aiuti che sono oggi invece intensificati dal Governo Nazionale. »

Al campo sportivo

« Formatosi il corteo con in testa la banda cittadina tutte le Autorità e le associazioni sotto una pioggia dirotta si recano al campo sportivo dove parlano il Segretario politico comm. De Faveri ed il Segretario federale avv. Suppiej illustrando l’importanza dell’opera e lo scopo di essa, dove la nuova gioventù italiana deve addestrarsi per essere forte e sana.

Alla fine dei discorsi il segretario politico comm. De Faveri taglia il simbolico tricolore ed il corteo con le autorità entra nel campo dove alla presenza delle stesse ha inizio la disputa di una gara di calcio fra U.S. di San Donà e quella di Portogruaro. »

Nelle pagine sportive della Gazzetta del 9 dicembre 1929: « Ieri nel nuovo campo del Littorio, inaugurato con l’intervento di S.E. il R. Prefetto, al Segretario Federale, l’avv. Bras, al Col. Brogliato, le Autorità cittadine e malgrado la poggia che cadeva incessante si è svolta la preannunziata gara di calcio tra l0unione sportiva di Portogruaro e quella di San Donà che ha visto la vittoria dei portogruaresi con 4 a 2. »

Le altre visite di quel giorno di S.E. il Prefetto

Il Museo di Guerra allestito in una sala del Municipio cittadino

« Poscia le Autorità si recano a visitare l’Orfanotrofio dove sono sirevute dal Presidente Mons. Saretta, dalla Contessa Ancillotto, da Donna Maria Fabris Bortolotto, dalla signora Brogliato. Dopo una visita fatta ai locali un coro di orfani canta un inno patriottico; indi le autorità si avviano a visitare la Casa di Ricovero, il Palazzo dei Consorzi dove sono ricevuti dal Presidente comm. Giuseppe Bortolotto col Segretario signor Nardini.
Dopo la visita al Palazzo dei Consorzi S.E. seguito sempre dalle Autorità cittadine si reca a visitare il Museo di Guerra. Prima di partire viene offerto a S.E. un rinfresco nel Circolo di Società. La cerimonia e la visita che ha destato vivo interesse a S.E. il Prefetto ha termine alle ore 18 circa. »

Il ringraziamento di S.E. il Prefetto Bianchetti

Nei giorni successivi il Prefetto manifestò la propria soddisfazione per la giornata trascorsa a San Donà di Piave: « S.E. il R. Prefetto di Venezia ha fatto pervenire al Sig. Podestà il seguente telegramma: “ Comm. Dott. Costante Bortolotto Podestà di San Donà di Piave: Ringrazio V.S. Autorità e i cittadini tutti per cortesi accoglienze fattemi in occasioni mia prima visita a codesto Comune e rinnovo compiacimento per opere rinascita che dimostrano tenace energia codesta popolazione cui rivolgo fervido augurio di sempre maggiori meritate fortune – f.o Bianchetti “

All’inaugurazione del Campo sportivo il simbolico tricolore dopo i discorsi del Segretario federale e del Segretario politico venne tagliato dalla gentile madrina del campo signorina Mariuccia De Faveri dei comm. Giuseppe. »

L’A.C. San Donà in una immagine scattata nel 1931 allo stadio del Littorio

Per approfondimenti: 1. Archivio “Gazzetta di Venezia“; 2. “Storia dello Sport sandonatese” di Gianni Colosetti (Mazzanti Editori, 2008); 3. “A.C. San Donà: 90 anni di Calcio Biancoceleste” di Giovanni Monforte e Stefano Pasqualato (Geo Edizioni, 2012); 4. “Il basket a San Donà e dintorni” diGiambattista Ferrari (Mazzanti Libri, 2022).

San Donà di Piave, i nuovi nati del 1900

San Donà di Piave, i nuovi nati del 1900

Il Duomo di San Donà di Piave in una cartolina viaggiata del 1903

Classe 1900, quella di mio nonno e quella di altri 431 nuovi nati che in quell’anno nacquero a San Donà di Piave. Nessuno immaginava che di lì a qualche anno sarebbero stati protagonisti di una guerra mondiale, la prima classe a non essere richiamata al fronte ma che la guerra l’hanno comunque vissuta nella loro terra o in veste di profughi in giro per l’Italia. Ma in quel 1900 i veri pensieri erano il riuscire a sopravvivere, se non era la fame erano le malattie il primo motivo di morte tra i tanti nascituri, e spesso la prima era causa della seconda.

Dove si è nati nel 1900

Si nasceva in casa e nello scorrer il registro delle nascite tra i vari dati vi era anche il dove si nasceva. E allora si scopre che la San Donà dell’epoca aveva poche strade ma grandi frazioni dove si concentravano quelli che venivano denominati nei documenti i villici, ovvero i lavoratori della terra. Quindi è logico che proprio lì si concentravano le nascite in quel 1900. Sono state 55 le nascite a Passarella, 46 a Chiesanuova, non di meno a Palazzetto con 42, mentre sono state 40 a Calvecchia, 22 a Fossà e 15 a Tessere di Grassaga. Tante sono state le nascite anche a Mussetta, 49 in quella di Sopra e 46 in quella di Sotto. Poi vi erano le due direttrici che dal centro arrivavano in periferia e che seppur esistano tutt’oggi avevano una lunghezza ben maggiore, così che le nascite in via Calnova sono state 38, mentre in via Code 53. Buon ultimo arriviamo a quelle prettamente “cittadine” 8 sono quelle di Borgo, 1 in Largo Chiesa, 2 in Piazza, 2 in Rialto Eraclea, 1 in Rialto Jesolo, 3 in via Maggiore, 3 in via Stazione, 1 in Viale dei Tigli, 3 in Viale Margherita, 2 in Vicolo Nuovo. Una quella avvenute in altro comune, Latisana, ma poi registrata tra gli allegati in quanto il padre residente a San Donà di Piave.

Gli illegittimi

Via Maggiore in una cartolina viaggiata del 1902

Altra caratteristica dell’epoca era il nascere illegittimo, a differenza di quel che comunemente si pensa nel caso di nascita fuori del matrimonio sull’atto compariva il nome del padre ma non quello della madre. Solo in un secondo momento all’atto del matrimonio o di altro atto necessario veniva aggiunto il nome della madre con una trascrizione successiva. In quel 1900 molti sono stati i nascituri illegittimi, per taluni non è dato sapere se in seguito abbiano avuto un pieno riconoscimento. Se invece il nascituro non veniva riconosciuto almeno dal padre, non sempre la madre voleva comparire e allora era l’allevatrice a denunciarne la nascita scegliendone il nome. Tre in questo caso hanno visto le allevatrici scegliere degli improbabili nomi, due sono stati quelli in seguito legittimati, oppure adottati.

I primi nati e gli ultimi nati

Due sono i nominativi presenti nel registro dei nati del 1900 che in realtà sono nati negli ultimi giorni del 1899: Picchetti Fausto (di Enrico, quarantaquattrenne pizzocagnolo, e di De Nobili Maria, quarantaduenne casalinga) in Piazza e Andretta Maria (di Angelo, ventisettenne villico, e di Zanutto Rosa, ventisettenne villica) a Palazzetto; non inclusi per cui nell’elenco. La prima nascita dell’anno, a prescindere dalla registrazione, è stata quella di De Faveri Domenico (di Tommaso, quarantaquattrenne villico, e di Fuser Giovanna, quarantaduenne villica) a Calvecchia il primo gennaio, la prima nata Crosera Elvira Pasqua (di Giambattista, quarantenne villico, e di Rosi Giovanna, trentottenne villica) a Chiesanuova il 6 gennaio. Per trovare la prima nata “cittadina” bisogna aspettare il 6 febbraio, Fumei Giovanna (di Giambattista, trentacinquenne cappellaio, e Coletti Maria Egle, trentaquattrenne casalinga) a Borgo. L’ultima nata Campaner Maria Luigia (di Luigi, quarantunenne villico, e di Tuis Maria, trentanovenne villica) a Calnova il 28 dicembre, mentre l’ultimo nato è stato Giacomel Bernardo Romano (di Remigio, ventiduenne villico, e di De Faveri Maria, ventiduenne villica) a Mussetta di Sopra il 19 dicembre.

I gemelli del 1900

Viale dei Tigli in una cartolina del 1900

Sono stati sette i parti gemellari, ben quattro a Calvecchia: Brollo Maria Virginia e Teresa Maddalena (di Giuseppe, ventottenne villico, e di Gaino Maria Luisa, ventiquattrenne villica) a Calvecchia il 17 marzo; Striuli Maria Teresa e Angela Maria (di Francesco, ventiquattrenne calzolaio, e di Milani Maria, ventiquattenne casalinga) a Mussetta di Sotto il 18 marzo; Turchetto Primo e Teresa (di Giacomo, trentaduenne villico, e di Bellese Santa, trentatreenne villica) a Calvecchia il 7 aprile; Giacomel Silvio e Angelo (di Giovanni, trentaduenne villico, e di Fajotto Anna, ventinovenne villica) a Calvecchia il 26 aprile; Davanzo Luigi e Amalia (di Francesco, trentaquattrenne cassoniere e Nardini Antonia, ventinovenne casalinga) a Calvecchia il 16 agosto; Tonon Ida e Luigia (di Angelo, quarantunenne calzolaio e Zanutto Regina, figlie legittimate nel 1906) a Calnova il 18 settembre; Conte Primo Nicola e Secondo Gabriele (di Ferdinando, quarantatreenne villico e Pavan Luigia, trentanovenne villica) a Mussetta di Sopra il 4 dicembre.

Le nascite del 1900 elencate in ordine alfabetico

Dettaglio di una cartolina a tre vedutine del 1900

A | Adami Pietro Giorgio Giuseppe 05-ott, Adelia Anna Cesira 03-lug, Ambrosin Maria 04-mag, Andreetta Antonio 16-ott, Andreetta Giuseppe 01-nov, Andreetta Maria 21-lug, Armelin Dario Emilio 30-nov.

B | Babbo Angelo 30-set, Bagolin Emilia Maria 12-mar, Bagolin Gioachino Domenico 21-mar, Balduit Lucio 30-nov, Balsarin Angelo 07-ago, Baradel Angelo 24-apr, Baradel Teresa Maria 11-ago, Barbin Lucia Margherita 08-mar, Barbini Livia 26-nov, Bardellotto Ida 04-feb, Bars Anna Luigia 09-feb, Basso Giuseppe 28-mar, Battaiotto Aurelia 08-ago, Battaiotto Carlo Enrico 14-set, Battaiotto Rachele 22-feb, Battistella Angelina Maria 14-nov, Battistella Anna Letizia 21-feb, Battistella Federico Giuseppe 12-set, Battistetti Carolina Maria 06-lug, Bergamo Mario 11-lug, Bergamo Vittorio Giovanni 29-ago, Bertoli Emma 27-lug, Bertoli Sante 09-apr, Bettin Angelo 11-set, Biancotto Antonio 07-nov, Biancotto Giovanni 15-dic, Biancotto Maria Luigia 18-lug, Biason Angela 03-ago, Biason Antonio Mario 14-ott, Biason Stella 23-apr, Bincoletto Angelo Carlo 04-set, Bincoletto Giovanna Maria 02-feb, Bincoletto Maria 25-mar, Bincoletto Maria Anna 13-nov, Biral Valentino 03-lug, Boccato Amelia 04-ott, Boccato Antonio Giuseppe 21-lug, Boccato Giovanni Maria 21-nov, Boccato Giuseppe 01-set, Boccato Teodolinda 20-gen, Boem Giovanni 26-lug, Boem Ida Catterina 17-apr, Boem Maria Teresa 15-ago, Boer Maria 05-mag, Boeretto Catterina Maria 04-dic, Boeretto Regina Teresa 14-gen, Bon Amedeo Luigi 10-mar, Bonadio Eugenio Guglielmo 05-mag, Bonadio Giuseppe Mario 23-lug, Bonetto Luigi Romeo 15-ott, Bonetto Maria Elena 10-mar, Bortelli Augusta 16-apr, Bortoletto Elvira 09-ago, Boscaro Vincenzo 27-mar, Boscoscuro Giovanni Antonio 16-ott, Botosso Attilio 03-set, Bottan Lucia 30-ago, Boz Giuseppe Policarpo 06-mar, Bragato Antonio 17-set, Brollo Giacomo Luigi 17-lug, Brollo Giovanna Maria 01-lug, Brollo Luigi Romeo 21-giu, Brollo Maria Linda 06-mag, Brollo Maria Virginia 17-mar, Brollo Teresa Maddalena 17-mar, Brussolo Ida 20-gen, Buziol Antonio 03-gen, Buziol Mario 02-apr.

Piazza Indipendenza in una cartolina viaggiata del 1900

C | Cadamuro Pietro 29-giu, Calino Luigi Marco 25-apr, Camillo Angela 04-ott, Camillo Emilia Maria 14-nov, Camolese Maria Regina 20-lug, Campaner Maria Luigia 28-dic, Canzian Maria Giuditta 08-dic, Capiotto Maria Cecilia 25-set, Carpenedo Augusto Giovanni 18-ago, Carpenedo Palmira Elvira 15-set, Carrer Angelo Antonio 13-set, Carrer Attilio Antonio 29-ago, Casagrande Ermenegildo 13-feb, Casonato Carolina 04-feb, Casonato Cunegonda Evellina Erminia 10-mar, Castagnotto Mario 07-nov, Celeghin Giovanna Luigia 24-ott, Celeghin Giovanni Amedeo 27-ago, Cibin Albina Angela 11-mag, Cibin Elvira Maria 13-feb, Cibin Giuseppina 22-feb, Cibin Maria Maddalena 19-mag, Cibin Sante Antonio 01-nov, Cibin Valentino 05-ago, Cibinetto Regina Elena 14-ago, Codognotto Giuseppe Costante 03-dic, Codognotto Maria Giulia 20-apr, Cola Angela 13-feb, Colosso Catterina 09-apr, Colosso Fioravante 07-mar, Comin Angela 28-giu, Comin Elisa Carolina 22-apr, Condio Maria 15-mar, Contarin Attilio Pietro 25-ago, Contarin Emilia Maria 19-mag, Contarin Luigi Massimo 16-mag, Conte Albina 27-mag, Conte Maria Domenica 08-giu, Conte Primo Nicola 04-dic, Conte Renzo Mario 06-mar, Conte Secondo Gabriele 04-dic, Conte Vallerio Domenico 11-feb, Conte Virginia 11-mar, Coppo Luigia 25-apr, Corazza Giovanni Germano 07-mar, Corazza Romano 20-lug, Costantin Luigi 21-feb, Cristofoletti Anna 16-ott, Crosera Carlo 14-lug, Crosera Elvira 17-ago, Crosera Elvira Pasqua 06-gen, Crosera Ernesto 14-lug, Crosera Pia 15-gen, Cuzzolin Lucia 17-nov, Cuzzolin Maddalena Teresa 14-mag.

Dettaglio di una cartolina a tre vedutine del 1900

D-E | Dalla Francesca Carolina 27-apr, Dalla Francesca Primo Attilio 24-ott, Damo Pietro Sperandio 12-set, Davanzo Amalia 16-ago, Davanzo Giuseppe Antonio 07-mag, Davanzo Luigi 16-ago, Davanzo Vincenzo 12-dic, De Bortoli Cosima Basilia 05-mar, De Bortoli Luigi 16-nov, De Conto Cecilia Elvira 31-mar, De Faveri Domenico 01-gen, De Faveri Luigi Carlo Giuseppe Antonio Maria 16-nov, De Nobili Anna Maddalena 22-lug, De Nobili Rosa Angela 30-apr, De Pieri Pietro 02-mar, De Stefani Umberto 25-mag, De Sutti Amalia 25-gen, Dedin Pierina Angela 29-giu, Del Negro Luigi Giuseppe 19-feb, Di Tos Luigi Giuseppe 14-ago, Dolce Giuseppe Antonio 07-set, Dolce Luigia 29-giu, Dolce Palmira Carolina 10-ago, Dolci Alberto 16-giu, Dorattiotto Giuseppina 05-lug, Ervas Carlo Alberto 13-feb.

F | Fagiotto Antonio 29-ago, Farnia Francesco Ferruccio 25-ott, Ferrarese Domenica 11-mar, Ferrazzo Angela 28-ago, Ferrazzo Antonio 19-apr, Ferrazzo Antonio Francesco 15-ago, Ferrazzo Ferdinando 05-set, Ferro Angelo Luigi 26-lug, Ferro Aurelia Maria 27-ott, Ferro Pietro Grisante 05-dic, Finotto Aurelia 14-lug, Finotto Guido Giuseppe 05-dic, Finotto Italia 19-dic, Finti Scipione Romano 25-set, Firotto Valentino Luigi 22-feb, Franzin Maria Angela 26-mar, Frasson Giorgio 16-ott, Frasson Ida 02-lug, Frasson Virginia 12-nov, Fregonese Antonio Luigi 02-apr, Fregonese Luigi 04-mag, Fumei Giovanna 06-feb, Furlan Luigi 10-nov, Furlan Vincenzo 31-mar, Fuser Federico 09-gen.

Il ponte sul Piave in una cartolina viaggiata del 1900

G | Gaiatto Oreste Vittorio Mario 14-apr, Gaiotto Luigi 30-apr, Galletti Angelino 24-lug, Gambarotto Francesco Luigi 20-giu, Gamberi Amelia 04-lug, Gambino Antonia 03-apr, Gerotto Guido Pietro 05-mag, Giacomel Angelo 26-apr, Giacomel Bernardo Romano 19-dic, Giacomel Rosa 27-giu, Giacomel Silvio 26-apr, Girardi Gelinda 23-apr, Girardi Giuseppina Enrica Luigia 24-ago, Girardi Maria 04-mag, Girotto Amelia 08-lug, Giusto Aurelia 18-lug, Giusto Italia Maria 05-mar, Gnes Luigi 25-ott, Grandini Giuseppe 14-ago, Granzotto Fioravante 04-ott, Granzotto Lucia 23-mar, Guerrato Benedetto Pietro 20-ago, Guerrato Maria 11-lug, Guiotto Arturo Augusto 19-feb, Guiotto Giuseppe 18-mar.

I-L | Ippona Elisabetta 16-ott, Iseppi Guglielmo Francesco 15-mar, Lazzarini Luigi 02-ott, Leonardi Margherita 29-lug.

M | Manfrè Irene 19-ott, Manfrè Marianna 10-giu, Manfrè Mario 04-giu, Manzato Elisa 07-giu, Manzato Maria Regina 23-set, Marcassa Fortunata Maria 23-mar, Marchese Luigi 16-apr, Mardegan Amedeo 12-gen, Marian Adda Maria 27-ago, Marian Carolina Marianna 05-lug, Marigonda Luigi 18-feb, Marin Maria 12-giu, Marin Virginia 01-dic, Mariuzzo Luigi 19-ott, Mariuzzo Vincenzo 04-mag, Mariuzzo Vittorio Tiziano 16-apr, Mariuzzo Vittorio Tiziano 28-ott, Martinel Giacinto 11-gen, Masarin Pietro Vittorio 29-giu, Maschietto Antonio 18-dic, Maschietto Mario Italico 11-mag, Maschietto Pietro 08-mag, Masiero Umberto Primo 09-ago, Mattiuzzo Giuseppe 12-feb, Mattiuzzo Sante 29-mar, Mattiuzzo Sebastiano Albino 21-ago, Mazzariol Giuseppe 13-gen, Menazza Emilia Angela 18-mar, Menazza Mario Antonio 13-giu, Menegaldo Anna Amabile 02-mar, Mengo Anna Antonia 17-gen, Mengo Maria Amelia 21-lug, Mengo Umberto 31-lug, Mestre Italiano 24-giu, Mignardi Rosa 26-mar, Milani Bruno Mario 30-ago, Miotto Giovanni Primo 01-giu, Montagner Anna Teresa 05-dic, Montagner Carlotta Teresa 06-ago, Montagner Emma 16-nov, Montagner Giovanni 22-set, Montagner Giuseppe Germano 22-set, Monti Margherita Teresa 14-nov, Montino Alberto 02-ago, Montino Giovanni 21-giu, Moretto Italia Emilia 10-feb, Moretto Maria Italia 20-apr, Mucelli Vittorio 17-ago, Murer Ida Catterina 14-apr, Mutton Antonio Sebastiano 20-gen, Mutton Luca Pietro 27-giu.

La prima pagina del Registro degli atti di nascita del 1900 a San Donà di Piave

N-O | Nan Virginia 25-gen, Nardini Emilia 19-mag, Negro Antonia Maria 02-dic, Novello Teresa 28-dic, Olivo Maria Adele 10-nov, Ongaretto Alberto 07-nov, Onor Tiziano Donato Liberale 11-ott, Orlando Aldo 21-gen, Orlando Antonio Luigi 12-ago, Orlando Biagio Aurelio 03-feb, Orlando Ida Emilia 17-nov, Orlando Luigi 08-ago, Orlando Massimo 03-ago, Orlando Onorina Maria 14-giu, Ortolan Teresa 28-feb.

P-Q | Padoan Guido Umberto 18-ago, Padoan Maria 04-apr, Papa Irma Giuseppina 04-giu, Paro Elisa Maria 07-mar, Pasian Luciano Antonio 20-set, Pasin Maria Giovanna 19-feb, Pasin Umberto 23-set, Pasini Giovanni 17-apr, Pasqual Luigi Antonio 19-giu, Pasquotto Carlo Sante 14-set, Passador Maria Anna 31-ago, Passador Vittorio 15-ago, Pavan Carlo Benedetto 02-mag, Pavan Luigi Giuseppe 29-set, Pavan Maria Luigia 12-gen, Pavan Pietro 27-giu, Pavan Rosa 02-giu, Pavanel Luigi 07-apr, Pavanetto Antonio Emilio 12-nov, Pavanetto Giovanni 20-ago, Pavanetto Velleda Angela 15-set, Pellizzer Pietro 26-giu, Peretti Maria 19-mar, Perissinotto Anna 25-feb, Perissinotto Antonia 08-nov, Perissinotto Editta Marianna 30-ago, Perissinotto Elisabetta 31-mag, Perissinotto Ferdinando 15-ago, Perissinotto Lorenzo 21-ago, Perissotto Attilio Angelo 23-ott, Perissotto Maria Angela 17-lug, Picchetti Antonio 08-apr, Picchetti Giuseppe Vittorio 01-nov, Pinel Lucia 23-dic, Piovesan Giovanni 17-nov, Poletto Antonio Giovanni 06-nov, Prata Angelo 03-apr, Quintavalle Luigi 13-dic, Quintavalle Luigi Giovanni 24-ott.

R | Redigolo Amalia 08-gen, Redigolo Mario Carlo 23-gen, Regazzo Luigi 15-lug, Rizzetto Amelia Maria 13-set, Rizzetto Fioravante 27-gen, Rizzetto Giovanni Luigi 24-nov, Rizzetto Rocco Agostino 16-ago, Rocco Maria Virginia 04-nov, Rorato Antonio Angelo 12-gen, Rorato Emma 29-lug, Rorato Giovanni Maria 03-giu, Rorato Regina 28-gen, Rorato Virginia 03-ott, Rossetto Luigia 20-nov, Rossi Giovanni 16-mag, Rossi Luigia Antonia Maria Anna 27-giu, Rossi Maria Amalia 11-lug, Rotondi Antonio 23-mar, Rozzino Attilio Silvio 07-mar, Rozzino Ines 18-ago, Rozzino Primo Giovanni 02-gen, Rui Elisa Luigia 23-ott.

S | Saccaro Giambattista 02-giu, Salmasi Giovanni 06-giu, Santon Giorgio 04-mag, Sari Elisabetta 24-mag, Sartor Maria Clorinda 13-ago, Sartori Luigi Carlo 13-gen, Scalon Emilio 19-lug, Scalon Giuseppina Maria 05-mar, Scarabel Luigi Giovanni 25-apr, Secco Emilio 27-giu, Secco Giuseppe 14-apr, Segatto Maria Luigia 21-set, Sforzin Giuseppe 05-apr, Sgardoli Anna Maria 12-apr, Sicilotto Antonio 14-lug, Silvestri Gino Silvio 02-apr. (da registro allegati), Simonet Giovanni Mario 16-ago, Smeazzetto Pietro 01-lug, Sorgon Angelo 12-ott, Sorgon Giovanni 01-set, Sorgon Maria Catterina 07-giu, Spinazzè Guido Antonio 01-giu, Stefanel Gelmida 24-apr, Stefanetto Guido 01-set, Stefanetto Vittorio 25-feb, Stefenel Gelmida Regina 12-set, Stringhetta Silvia Palmira 11-mar, Striuli Angela Maria 18-mar, Striuli Luigi Antonio 16-feb, Striuli Maria Teresa 18-mar.

Dettaglio di una cartolina a tre vedutine di San Donà del 1900

T | Taffon Pietro 21-mar, Talon Giovanna 01-apr, Tardivo Iris 04-ago, Tonon Angelina Maria 01-ago, Tonon Elvira Maria 26-mar, Tonon Giuseppe 24-nov, Tonon Ida 18-set, Tonon Luigia 18-set, Trentin Antonio Secondo 02-gen, Trevisan Alba 12-lug, Trevisan Alessandro 14-mar, Trevisan Assunta Catterina 29-ott, Trevisan Emilio 26-ago, Trevisan Federico 21-ott, Trevisiol Antonio 16-feb, Trevisiol Attilio Giovanni 06-set, Trevisiol Giovanni 13-lug, Trevisiol Giuseppe 21-feb, Trevisiol Maria Marianna 23-giu, Trionfini Marcello Beniamino Fortunato 07-feb, Tuis Emilia 27-giu, Tuis Rosa 18-mar, Tuissi Jubia 26-set, Turchetto Giovanni 23-gen, Turchetto Primo 07-apr, Turchetto Teresa 07-apr.

U-V | Urlando Luigia 29-ago, Vallese Assunta Elvira 30-mag, Vallese Elvira 10-ago, Vallese Luigia 25-feb, Vallese Mario Angelo 16-mar, Vallese Pietro 07-giu, Vespri Maria 15-nov, Vidussi Lucia Anna Silvia 26-feb, Visentin Antonia Gioconda 15-ago, Visentin Luigi 25-giu, Visentin Mario Francesco 19-nov.

Z | Zago Oreste Attilio 21-mag, Zamuner Maria Maddalena 24-mar, Zanchetta Giovanni 18-mar, Zanchetta Giovanni 30-nov, Zanchetta Romeo 14-lug, Zanchetta Rosa 08-nov, Zanco Luigi 02-giu, Zanet Maria Luigia 20-feb, Zanetti Domenico 11-gen, Zanetti Giorgia Elvira 24-giu, Zanin Anna Maria 09-nov, Zanin Giovanni 21-lug, Zanin Italia Maria Emilia 02-giu, Zanutel Martina 30-lug, Zanutto Antonio Mario Erminio 24-mar, Zanutto Domenico 09-ago, Zanutto Silvio Antonio Girolamo Pietro 13-giu, Zanutto Virginia 24-mag, Zaramella Ada Maria 17-gen, Zecchin Leandro Amedeo 10-feb, Zorzetto Antonio Giovanni Maria 03-giu, Zorzetto Luigi Giuseppe 12-nov, Zorzetto Teresa 05-set, Zottarel Giuseppe 22-mag, Zottino Amedeo Arnaldo 27-mar, Zottino Giuseppe 04-feb, Zottino Pietro 10-nov, Zottino Stella 29-apr, Zuccon Virginia 17-mag.

L’elenco dei nati del 1900 come appare nel riepilogo del Registro degli atti di nascita

L’inaugurazione del Monumento dedicato a Giannino Ancillotto

L’inaugurazione del Monumento dedicato a Giannino Ancillotto

Il 15 novembre 1931 venne inaugurato il Monumento dedicato a Giannino Ancillotto. Quel giorno San Donà di Piave venne citata in tanti giornali dell’epoca, se l’articolo del Gazzettino lo si trova sul libro di Chiara Polita e ampi stralci di quello del Corriere della Sera sul libro di Guido Mattioli, noi cerchiamo di completare il racconto di quella giornata con quello apparso sulla Gazzetta di Venezia.

Il titolo in prima pagina della “Gazzetta di Venezia” del 16 novembre 1931 relativo all’inaugurazione del Monumento dedicato a Giannino Ancillotto
Il significato di un rito

Una cartolina di Piazza Indipendenza dopo l’inaugurazione del Palazzo dei Consorzi Riuniti (1929)

Per volere unanime della Nazione, inaugurandosi ieri un monumento ad un soldato che seppe con il disprezzo del pericolo e con la fede inestinguibile, illuminare la sua vita della luce imperitura dell’eroismo, ancora una volta un simbolo è assurto a espressione della storia del nostro popolo guerriero. A chi non è stato fra coloro che ieri mattina nella piazza Indipendenza di San Donà di Piave hanno assistiti alla cerimonia semplice e austera, le parole possono sembrare vieta retorica priva d’ogni qualsiasi contenuto spirituale; ma è innegabile che erigendo un simbolico monumento a Giannino Ancillotto ieri, non il suo tormentato paese solo, ma la sua Patria intera vi si è raccolta intorno ad insegnare ai cittadini ed ai soldati d’Italia di oggi e di tutti i tempi che la Patria è una realtà ideale più forte, più alta e più esigente di tutte le avversità, di ogni idea, di ogni altro diritto di uomo.

 Chi ha saputo rievocare entro di sé l’attimo eroico della impresa leggendaria dell’aviatore giovanetto e chi si è visto d’intorno il popolo commosso ed ha sentito le sue ingenue narrazioni sull’opera di quel soldato votato alla Patria, ha visto sorgere intorno a lui una leggenda che si tramanderà sempre più ricca, sempre più fiorita ad esaltare il valore del soldato italiano attraverso l’eroismo di un solo soldato.

Giannino Ancillotto

 Per il popolo che aveva saputo creare in sé stesso tali leggende, gli eroi antichi erano divenuti simboli e la sua forza militare era accresciuta, il senso della patria era divenuto augusto, divino, e il sacrificio del singolo per la salvezza della nazione, un imperioso comando interiore.

Se la grandezza della patria era voluta, accresciuta e difesa dalla consapevole audacia e accortezza dei governanti era solo con il popolo reso in tal modo moralmente forte alla lotta che ogni sacrificio diveniva un dovere imposto dalla tradizione nazionale impersonata dai leggendari eroi.

Oggi, nel laborioso travaglio, non ancora centenario, chi ha fatto della penisola divisa l’Italia, la mistica antica della patria e quella moderna, gli eroi antichi e gli eroi nuovi si fondono in varia misura nel sentimento nazionale degli italiani, formandolo e accrescendolo, rendendoli capaci di intendere la voce della Patria, di interpretarla come il comando più alto di tutti i comandi.

Ma, per il popolo specialmente la glorificazione degli eroi nuovi rinnova in lui la sua necessariamente limitata esperienza storica chi è connessa esclusivamente a episodi gloriosi, a fatti e figure isolate e indefinite; e, proprio per questo, sfumanti in una aureola di leggenda inspiratrice di nuovi eroismi e di rinnovati sacrifici.

Ai suoi vecchi eroi del risorgimento, alla schiera immane degli eroi di tutte le rivoluzioni, di tutte le guerre, si sono uniti, eredi e partecipi della stessa leggendaria gloria, gli eroi ultimi della guerra di Vittorio Veneto e della rivoluzione. Una nuova epopea s’è formata attraverso la narrazione popolare: ogni arma, ogni terra, ogni mare, ogni cielo, ognuna delle specialità dell’esercito, hanno in lui il loro simbolo, “bandiera vivente” agitata alta sopra le infinite miserie, sopra le caduche soddisfazioni della sua vita, a tener viva la fede nell’ideale, a tramandarla accresciuta di nuova significativa poesia.

Una delle opere d’arte sulla guerra che vennero in occasione di un concorso indetto da sua Maestà la Regina Elena nel 1934, fu dedicata a Giannino Ancillotto. Qui la riproduzione in cartolina

Come in antico, così oggi. La retorica e fugata dall’impeto irrefrenabile dell’inesausto spirito di dedizione alla causa nazionale.

Ieri, attorno al monumento di improvviso scoperto, uomini che vissero l’infuocate ore di guerra e giovani appena affacciati alla vita si accumunano nella stessa riverente commozione che faceva loro chinare la testa: trascorreva nel loro cuore lo spirito eroico che animava i patrioti antichi e recenti, noti ed ignoti.

Questo è avvenuto nel nome dell’eroe Giannino Ancillotto: personificazione della giovinezza che sa “gettare l’anima oltre l’ultimo ostacolo” con la ferma volontà, con l’ardire freddamente calcolato.

Il Ministro, giovane e ardito, dell’arma che non vuol conoscere nessuna ultima meta, il rappresentante di un Rinnovatore e di una idea politica, hanno con la loro augusta presenza consacrata la leggenda del giovane eroe, hanno gridata la sua parola di sfida a “quella cosa ammirevole che è la vita”.

Un monumento simbolico e il nome di un soldato diranno nel tempo che gli ostacoli si possono disperdere per lasciar libero il volo all’aquila italiana.

L’imponente cerimonia

15 novembre 1931 L’inaugurazione del Monumento a Giannino Ancillotto in una cartolina dell’epoca

Nella piazza maggiore di San Donà di Piave, per tutte le vie larghe e luminose, sin dalla mattina il popolo affluì da ogni località vicina e lontana: attorno al monumento, nascosto da un drappo bianco, la folla si è addensata via via più numerosa, più curiosa, continuamente ricordando i particolari delle imprese dell’eroe che si era per glorificare.

E quando i soldati, le rappresentanze, si cominciarono ad allineare limiti della vasta piazza, quando fanfare bandiere, schiere di giovani fascisti diedero al paese festante un aspetto ancor più movimentato e il continuo sopravvenire delle automobili, procedenti lenti e strombettanti attraverso la calca poco intontita dall’insolito intensificarsi del traffico, resero l’attesa più acuta, San Donà cominciò a vivere come forse non aveva mai vissuto, tumultuosamente.  

Nel palazzo della Podesteria gli infaticabili organizzatori delle cerimonie verificavano sull’eseguirsi degli ordini impartiti, e poco prima delle 9 e 30 si recavano alla stazione, assieme alle numerose autorità, giunte da tutte le province limitrofe, a ricevere Italo Balbo, Ministro dell’Aria e Quadrumviro della Rivoluzione.

Quando il Ministro scende dal vagoncino speciale con il quale ha viaggiato tutta la notte proveniente da Roma, gli si fanno incontro ad ossequiarlo S.E. Giovanni Giuriati Segretario del Partito, il prefetto Gianni Bianchetti, il gen. Opizzi, comandante della II Zona Aerea, l’on. Marcello Diaz duca della Vittoria e Presidente dell’Aereo Club d’Italia, il Segretario Federale avv. Giorgio Suppiej, l’on. Domenico Giuriati, il segretario politico di San Donà, il podestà di San Donà, comm. Costante Bortolotto e molte altre autorità che gli vengono presentate.

Subito dopo, formatosi un corteo di automobili, tutte le personalità ed autorità di recano al Municipio. Il popolo plaudente fa ala al passaggio, mentre nelle sale del palazzo vengono presentate ai Ministri le autorità.

L’inaugurazione del Monumento a Giannino Ancillotto in una immagine apparsa su “L’Illustrazione Italiana” del 22 novembre 1931
La folla delle autorità

Fra esse abbiamo notato: il senatore Miari de’ Cumani, il generale Francavilla in rappresentanza del Corpo d’Armata di Trieste e quale comandante la Divisione di Trieste, il vice Podestà di Venezia, Dr. Valtorta per il Podestà Dr. Alverà, l’on.Chiarelli Podestà di Treviso, l’ing. Castiglioni Segretario Federale di Treviso, la Medaglia d’oro colonello Esposito comandante del 56. Fanteria anche in rappresentanza del Gruppo Medaglie d’oro, le Medaglie d’Oro Cà Bruna e De Carli, il generale Briscolo comandante la zona Aerea di Ferrara, il Console Sebastianelli comandante la 49. Legione M.V.S.N., il comm. Garioni Preside della Provincia con il vice Preside Cà Zorzi, il vice questore comm. Rendina per il Questore comm. Corrado, il comm. Valgoi Capo del Compartimento delle ferrovie dello Satto, il magg. Vincitorio per il comando del 71. Fanteria con numerosi ufficiali, il console Felici della Milizia Forestale, il col. Avv. Lanza capogruppo dell’Unione Ufficiali in congedo con il tenente Médail, l’ing. Venturini Presidente dell’Aereo Club “G. Ancillotto” di Venezia con il signor Ruffini, il Dr. Morandi della Transadriatica, il Comm. Giuseppe Bortolotto presidente dei Consorzi di Bonifica, il prof. Bertotto per il Provveditorato agli studi, il gr. uff. Miliani Pres. Del Magistrato alle Acque, il colonnello Campi, comandante la Legione dei Carabinieri, il commendatore Bissi dei Sindacati dell’industria, il comm. Pittori segretario di S.E. Giuriati, la contessa Elti di Rodeano per le Madri e Vedove di guerra, l’ing. Petrioli per la Telve, l’ing. Mazza presidente dei Combattenti trevisani, mons. Luigi Saretta Arciprete di San Donà, Comm. Costante Bortolotto podestà di San Donà con i vice podestà De Faveri e Fornasari.

L’inaugurazione del Monumento dedicato a Giannino Ancillotto (tratta dal “Gazzettino Illustrato” del 22 novembre 1931)

Nella vasta piazza si notavano le rappresentanze del Moto Club Giannino Ancillotto di Venezia, l’associazione dei cavalleggeri del Veneto Orientale, il Club Ciclistico del Basso Piave, la Società Finanzieri in congedo, la Società di Mutuo Soccorso di San Donà, i fasci giovanili di San Donà, di San Michele del Quarto, di Venezia, di Treviso, di Mestre, di Fossalta, di Portogruaro e di tutti i paesi viciniori, i Guf di San Donà e di Portogruaro, un plotone e la Fanfara del 71. Fanteria, quella di San Donà, un plotone della 49. Legione della Milizia, un plotone della 7. Legione di Finanza, un plotone d’onore dei Carabinieri, la Associazione delle Madri e Vedove dei Caduti in guerra di San Donà e paesi vicini, il Nastro azzurro di Portogruaro, gli Ufficiali in congedo di Treviso, scolari e scolarette delle Scuole del paese; un gruppo di fascisti delle provincie di Venezia e Treviso. Dietro ai cordono ed alle rappresentanze si assiepava il popolo quanto mai numeroso.

Il monumento dedicato ad Giannino Ancillotto dopo l’inaugurazione in una cartolina viaggiata del 1932

Sono le 10 quando il corteo delle autorità scende nella piazza e, attraverso due ali di rappresentanze di associazioni combattentistiche convenute da tutta la provincia, di fascisti e di armati, sale sul palco eretto alla sinistra del monumento. Quando gli evviva e gli alalà sono cessati, uno squillo di tromba stabilisce un profondo silenzio: autorità, soldati e popolo son tutti fissi al Monumento che, alle prime note della Marcia Reale viene scoperto.

Il monumento, ideato dall’architetto romano Pietro Lombardi, e opera dello scultore Attilio Valdinucci pure di Roma per la parte architettonica e per quella scultorea dello scultore Alberto Felci, romano.

Con audace stilizzazione il grande monumento rappresenta schematicamente; un velìvolo dalle ali ripiegate all’indietro ad esprimere l’atteggiamento ancora aggressivo di un rapace ferito a morte ma non domo: dove il pilota dovrebbe dominare con la testa i venti, una colonna mozza di granito grigio che già vide l’era romana.

Le ali sono solcate da bassorilievi: sei teste d’aquila pronte a ghermire; sulla fusoliera sono scolpiti efficacemente i brandelli di tela che rimasero impigliati al veivolo nella impresa che più trasporta il suo nome nel campo della leggenda.

Il discorso di Monsignor Saretta

Monsignor Luigi Saretta, Arciprete di San Donà, assistito dal Clero, benedice il Monumento. Subito dopo il valoroso sacerdote sale sul palco pronunciando questo discorso: « Sono lieto, e vorrei dire fiero, che sia stato concesso a me di benedire il Monumento che la Patria ha eretto ad uno dei suoi figli più degni, gloria purissima di questa terra. Voi siete venuti per un tributo di gloria che esalta l’anima di questa gente del Piave. Giannino Ancillotto!

La benedizione di Monsignor Saretta al Monumento dedicato a Giannino Ancillotto nel giorno dell’inaugurazione

Non spetta a me celebrare le epiche gesta del leggendario Pilota, del quale si potrebbe cantare quel poeta: «Applaudi, Italia, attonita al Volator Naviglio!»

Ricordo solo che, durante l’invasione austriaca, un giorno, fui chiamato al Comando austriaco, il quale voleva conoscere quali fossero le case ed i campi di Giannino Ancillotto. Evidentemente questo nome recava fastidio al nemico. Si voleva forse commettere qualche rappresaglia ai suoi danni. Risposi evasivamente: Giannino Ancillotto volava allora sui cieli profanati dall’invasore!

Oggi Giannino Ancillotto è ancora qui! Il suo spirito eletto aleggia sopra di noi. Egli ci sorride col suo mite profondo sorriso. Cresciuto alla scuola della fede e della Patria, Giannino Ancillotto, che, pochi giorni prima della tragica fine, alla sua madre confidava i segreti della sua vita di credente, oggi ne son certo, esulta nel vedere consacrato dalla religione il Monumento della sua grandezza e della sua gloria, che non morrà.

Egli è qui: non più a gettar fulmini di guerra sulla casa paterna trasformata in Comando Austriaco, ma liberato « sugli aligeri scafi, dello spirito immortale» quale colomba dal desio chiamato con l’ali aperte e ferme al dolce nido. »

Il Monumento dedicato a Giannino Ancillotto in una cartolina degli anni Trenta, l’area circostante era prossima ad essere recintata

Egli è qui per ricordare a tutti specialmente ai giovani, che la virtù trova nei cieli una imperitura corona di gloria e un monumento nel cuore di tutti gli uomini.

Eccellenze, come sacerdote di Cristo che ha vissuto tutta la passione di San Donà di Piave, qui, davanti al Monumento che narrerà alle generazioni venture il nome e le gesta del fanciullo meraviglioso; qui, a pochi passi dal Monumento che ricorda i nomi dei nostri fratelli che hanno dato la giovinezza, il sangue e la vita per la libertà della Patria; qui vicino alle sponde del Fiume Sacro, davanti alle alte gerarchie dello Stato, prometto che quella voce, quella parola, sarà sacra come un testamento: il testamento, il patto della grandezza, della gloria, della prosperità della Patria ».

L’invocazione appassionata dell’Arciprete riscuote l’applauso della folla, mentre i Ministri e le autorità si congratulano con lui. 

Subito dopo l’on. Marcello Diaz, nella sua qualità di presidente dell’Aereo Club Italiano consegna il monumento al Podestà, ricordando come l’eroismo di Giannino Ancillotto sia ricordo sempre vivo nell’animo degli aviatori italiani e come il suo esempio sia una forza che li spinge a tutto osare.

Il Podestà dott. Costante Bortolotto prende subito dopo la parola assicurando che il Monumento donato per sottoscrizione Nazionale sotto gli auspici dell’Aereo Club d’Italia a San Donà di Piave, non ricorderà solo il vanto della cittadina d’aver dato i natali a tanto Eroe, ma anche, spronerà le generazioni future ad essere sempre degni della Patria.

L’orazione di Balbo

Dopo gli applausi con i quali il popolo di San Donà conferma la promessa del suo rappresentante, si fa innanzi Italo Balbo che, accolto da vibranti alalà, dice che gli aviatori d’Italia, quelli della guerra e quelli della pace, sono tutti presenti a questo rito che in Giannino Ancillotto esalta l’ala indomata della Patria guerriera.

Il Ministro Italo Baldo durante l’orazione all’Inaugurazione del Monumento a Giannino Ancillotto, alla sua destra l’avv. Giovanni Giurati e il Podestà Bortolotto, alla sua sinistra Monsignor Saretta

Con efficace improvvisazione, il ministro soggiunge che nei campi della Penisola ed oltremare, dai quali le aquile spiccano ogni giorno il volo, anche per quelli che non hanno ritorno, la vita oggi si ferma per un minuto di raccoglimento. E non si è ancora spento nell’aria il rombo del suo motore e l’aria è ancora smossa dal frullio delle eliche, che la figura leggendaria dell’Eroe appare all’occhio del pilota, usata a scrutare gli spazi infiniti, ingigantita: egli è tutt’uno col suo piccolo apparecchio ed ha per sfondo l’aria infuocata dalla grande impresa; brandelli di tela bruciacchiata pendono ancora ai tiranti dando la misura dell’impresa titanica.

E allora ogni uomo che vede si inginocchia davanti al prodigio e trae auspici per le vittorie dell’Italia nei cieli. Giannino Ancillotto è un monumento che dice ai giovani che sopravvengono come tutto sia possibile osare per chi ha grande fede nel cuore e la pone al servizio di un grande ideale; nulla è impossibile per chi vola e combatte per l’Italia.

Giannino Ancillotto non è un Eroe morto, ma una bandiera vivente nelle cui pieghe noi affidiamo il nostro destino perché Egli lo sospinga sempre più in alto e più lontano, perché porti il tricolore e il segno del Littorio, perché divenga sempre più potente, più forte e più temuto.

Un lungo applauso interrompe il Ministro dell’Aria il quale, con grande forza, afferma che di fronte a questo monumento, che esalta il camerata e l’Italiano, le parole non sono adatte per chi ha l’onore di rappresentare coloro che più degli altri operano in silenzio; gli aviatori d’Italia.

La contessa Corinna Ancillotto con accanto l’avv. Giovanni Giuriati e il Ministro Italo Balbo

Ma una suprema invocazione egli lancia che gli sale dal cuore come una promessa è come un giuramento: « Giannino Ancillotto, aquila dell’artiglio invincibile, ala temprata nel fuoco, i tuoi compagni promettono di disprezzare quella cosa miserevole che è la vita per fare sì che sull’ala d’Italia risplenda sempre quella luce di gloria che tu le hai donata”.  

Tutto il popolo grida al Ministro che il giuramento è confidato al suo cuore inneggiando all’Italia e ai suoi capi sventola i gagliardetti e lancia ripetuti alalà; un manipolo di giovani fascisti grida in cadenza il nome del Duce.

Il generale Balbo, seguito dalle autorità passa poi in rivista le forze fasciste schierate ai lati della piazza soffermandosi dinanzi ad un plotone di sottotenenti della I. brigata aerea di Ferrara; poi, con a lato S.E. Giuriati, il gr. uff. Bianchetti, fra due siepi di gagliardetti e di bandiere, risale in Municipio, ove, a cura del Comune, è offerto un breve rinfresco.

Il Monumento a Giannino Ancillotto nella seconda metà degli anni Trenta

Dopo pochi minuti di affabile conversazione con i presenti, accompagnato da S.E. Giuriati e dalle principali autorità militari civili si reca ad ossequiare la contessa Ancilotto.

Prima di mezzodì S.E. Balbo ripartiva per San Giuliano ospite di S.E. Giovanni Giuriati; nelle prime ore del pomeriggio lasciava Venezia da Fusina per recarsi a Padova ad inaugurare la lapide all’aviatore sportivo padovano Giovanni Monti.

Tra le moltissime adesioni e telegrammi pervenuti al Podestà sono da segnalare: S.E. Ciano, S.E. Acerbo, S.E. il patriarca di Venezia, la mamma di Filzi, la mamma di Damiano Chiesa, l’ammiraglio Fiorese, i Senatori: Sandrini e Cian, i generali medaglia d’oro Vaccari, Gonzaga, il generale Taranto, il Podestà di Venezia, il Generale del Corpo d’Armata di Udine, S.E. Mattioli, l’on. Cesareni Podestà di Caravaggio dove perì l’Eroico Aviatore Ancillotto, i combattenti, Fascio di Caravaggio, il Governatore di Roma, il Sen. Concini ecc. ecc.

Il Monumento a Giannino Ancillotto nella nuova collocazione all’interno di Piazza Indipendenza avvenuta nel 2012

Prima parte: Il Monumento dedicato a Giannino Ancillotto, verso l’inaugurazione; seconda parte: L’inaugurazione del Monumento dedicato a Giannino Ancillotto

Per approfondimenti: 1. “Il monumento all’aviatore Giannino Ancillotto (1896-1924)” di Chiara Polita (Tipolitografia Colorama, 2010); 2. “Giannino Ancillotto” di Guido Mattioli (Editrice “L’Aviazione”, Tipografia S.A.I.G.E., Roma, 1934); 3. “Giannino Ancillotto, un eroe sandonatese” di Marino Perissinotto (Museo della Bonifica, San Donà di Piave, 1995); 4. “Il disegno della città tra utopia e realizzazione” di Dino Casagrande e Giacomo Carletto (Tipolitigrafia Colorama, 2002); 5. Archivio Radio Sandonà, trasmissione “Overbooking” Presentazione del libro di Chiara Polita”Il monumento all’aviatore Giannino Ancillotto (1896-1924)”; 6. Archivio “La Gazzetta di Venezia”.

Il Monumento dedicato a Giannino Ancillotto, verso l’inaugurazione

Il Monumento dedicato a Giannino Ancillotto, verso l’inaugurazione

Nel novembre 1931 venne inaugurato in Piazza Indipendenza il Monumento a ricordo dell’Eroe Giannino Ancillotto. Fu un avvenimento di portata nazionale che vide giungere a San Donà il Ministro dell’Aria Italo Balbo e il Segretario Nazionale del Partito Fascista Giovanni Giuriati. Molte delle vicende relative al Monumento sono raccontate nel libro di Chiara Polita “Il Monumento all’aviatore Giannino Ancillotto” del 2010, oggi aggiungiamo la parte tratta dalle pagine della Gazzetta di Venezia che dividiamo in due parti: i preparativi dell’inaugurazione e la giornata dell’inaugurazione.

La morte dell’eroe

Giannino Ancillotto di fronte al suo aereo ancora con i brandelli del draken abbattuto

La morte improvvisa di Giannino Ancillotto avvenuta il 18 ottobre 1924 è di quelle le cui modalità lasciano attoniti, anche se in linea con chi la vita l’ha sempre presa di petto. L’eroe dell’aria in periodo di guerra, colui che raggiunse poi D’Annunzio a Fiume e che divenne in epoca di pace pioniere dell’aereonautica con le sue trasvolate, morì a causa di un’uscita di strada con la sua fuoriserie nei pressi di Caravaggio, di ritorno da Torino e diretto verso San Donà dove si sarebbe dovuto tenere il giorno dopo un raduno delle medaglie d’oro. La San Donà che stava rinascendo dopo le terribili distruzioni della guerra fu costretta ad accompagnare nel suo ultimo viaggio il suo figlio più famoso.

I funerali nella sua San Donà di Piave

Il corteo funebre che si muove dal Municipio

Così racconta il funerale Guido Mattioli nel suo libro dedicato a Giannino Ancillotto: « La salma di Giannino Ancillotto, deposta sino da lunedì mattina 20 ottobre nella camera ardente preparata nella sala delle adunanze consigliari al Municipio, ebbe per tutta la giornata l’omaggio reverente di cittadini e autorità. Gente d’ogni condizione riempì di firme il registro collocato nel Municipio. Prime fra tutti le centocinquanta medaglie d’oro ospiti di San Donà nella notte dalla domenica al lunedì, lasciarono su quel foglio prima della loro partenza per Redipuglia, un attestato di affetto verso il compagno. Poi la casa municipale fu continuamente la meta di un vero pellegrinaggio: alla sera del lunedì più di settemila persone avevano adempiuto il pietoso omaggio. Gruppi numerosissimi di coloni dipendenti dalle aziende agricole della famiglia Ancillotto arrivarono dai paesi contermini a San Donà di Piave per la cerimonia funebre, che si svolse il giorno dopo al mattino con un concorso enorme di folla, di rappresentanze militari, civili e politiche e di cittadini, convenuti da ogni parte.

La commozione delle esequie

Una veduta aerea di San Donà durante i funerali di Giannino Ancillotto

Continua Mattioli: «…In mezzo alla solennità del rito religioso svoltosi fra le colonne del Duomo parate a lutto, e la commozione muta del popolo al duplice passaggio del corteo funebre lungo la via principale della città, e il balenare delle gloriose bandiere, un’ondata incredibile di fiori accompagnò l’affusto di cannone, la cassa, la sciabola e la sciarpa azzurra, le medaglie e le decorazioni, lucenti simboli di travaglio eroico: fiori gettano le fanciulle sul selciato per addolcire al dormiente l’urto delle ruote, fiori cadono dalle finestre socchiuse, fiori piovono da apparecchi SPA e SVA volanti a bassissima quota. Istintivo, tacito, concordi in tutti questo stimolo ad un omaggio floreale; perchè nei fiori vi è il senso dell’alba, della purezza; e la giovinezza di Giannino Ancillotto, da poco passata come una radiosa ora mattutina, solo così si poteva degnamente commemorare. »

L’orazione funebre della M.O.V.M. Locatelli ai funerali di Giannino Ancillotto (immagine tratta dal libro “Giannino Ancillotto” di Marino Perissinotto)

Il ricordo dell’Eroe

Sin da subito i suoi concittadini si mobilitarono per ricordarlo al meglio. Gli fu dedicata una via, quella che ancor oggi conduce da piazza IV novembre sin dinanzi al Duomo, e lungo la quale da sempre vi è anche il teatro cittadino. Come seconda intenzione vi era di ricordarlo con una lapide marmorea sul muro del Municipio, idea che fu poi accantonata per abbracciare il progetto dell’Aereo Club Italia che volle promuovere a livello nazionale la costruzione di un monumento a San Donà con una raccolta fondi per supportarlo. Si costituirono anche dei Comitati per portare a buon fine l’ambizioso intendimento coinvolgendo anche importanti esponenti politici a livello nazionale. Ci vollero però anni per affinare il progetto tanto che nel mentre il Comune di San Donà stava progettando per Piazza Indipendenza una fontana monumentale. Poi nel 1930 arrivò la svolta e su impulso dello stesso Italo Balbo iniziò la progettazione del Monumento da parte dell’architetto Pietro Lombardi.

Piazza Indipendenza ancora priva del grande monumento

La costruzione del Monumento

Anche la costruzione del Monumento non fu per nulla semplice, lungo e dettagliato è il racconto presente sul libro di Chiara Polita. Se la progettazione venne compiuta direttamente a Roma, il Comune di San Donà dovette incaricare la ditta Santinello di predisporre l’area del Monumento e successivamente di assemblare i componenti monumentali, gli stessi arrivarono direttamente da Roma. Il loro assemblaggio ebbe bisogno di tempo, il viaggio aveva provocato inevitabili danni e si allungarono le settimane di lavoro e con essi i costi, che per la sola parte a carico del Comune era preventivata in lire 25 mila. L’opera finita ideata dall’architetto Lombardi, con il contributo degli scultori Attilio Valdinucci e Alberto Felci e arricchita del tronco di una colonna romana fu consegnata al Comune di San Donà il 10 novembre 1931, solo qualche giorno prima dell’inaugurazione.

Piazza Indipendenza dopo l’inaugurazione del Monumento nel 1932 (immagine tratta dal libro “Il Monumento all’aviatore Giannino Ancillotto” di Chiara Polita)

Fervono i preparativi per l’inaugurazione

Dalle pagine della Gazzetta di Venezia articoli pieni di enfasi e retorica, tipiche dell’epoca, per la chiamata a raccolta dei cittadini in occasione della grande giornata che aspettava San Donà di Piave. Negli articoli del sabato e della domenica venivano riportati i testi dei manifesti del Podestà e del Partito che informavano la cittadinanza, ragguagli inoltre venivano dati circa gli assembramenti.

L’annuncio delle autorità

« Domani 15 novembre le LL. EE. Italo Balbo e Giovanni Giuriati onoreranno della loro presenza questa gloriosa cittadina per l’inaugurazione del Monumento all’Eroico Aviatore Medaglia d’Oro Giannino Ancillotto. Le LL. EE. arriveranno alle 10:00 e saranno ricevute dalle maggiori autorità. Si porteranno subito in Piazza Indipendenza dove si svolgerà la cerimonia della inaugurazione. Dopo l’inaugurazione le LL. EE. si recheranno in Municipio dove sarà tenuto in loro onore un ricevimento delle principali autorità della Provincia e del Comune. Per la regolarità dell’inquadramento si rivolge appello a tutte le associazioni e rappresentanze di trovarsi alle 09:00 in Piazza Indipendenza dove appositi incaricati del Municipio indicheranno i posti assegnati. »

Il Manifesto del Podestà

Il Podestà di San Donà Costante Bortolotto

« il Podestà ha emanato il seguente manifesto: “Domenica 15 corrente alle 10:00 alla presenza dei Rappresentanti del Governo Nazionale, sarà inaugurato il Monumento che deve perpetuare la memoria dell’Eroico Aviatore Giannino Ancilotto. Il Reale Club d’Italia, in pieno accordo con questa Amministrazione Comunale, facendosi iniziatore di questo ricordo all’insigne Concittadino, ha voluto segnalare alla riconoscenza di tutti, oltre l’eroismo di Lu in guerra, la purezza dei suoi sentimenti, l’ardimento dimostrato nell’aviazione civile, l’amore profondo per questa sacra terra del Piave e per la Patria.

Cittadini: Sicuro di avere interpretato il sentimento di amore e di riconoscenza verso il purissimo Eroe. Vi invito a rendere più solenne la cerimonia con la vostra presenza, affinchè l’omaggio riesca in tutto degno delle splendenti virtù del nostro grande Concittadino. Il Podestà dottor Costante Bortolotto”. »

Il Manifesto di Fasolo

« Il Direttorio del Fascio ha emanato il seguente manifesto: “L’ala monca di Giannino Ancillotto si risolleva, nel sogno, in quei cieli che conobbero il valore e la gloria degli arditi dell’aria. Giannino…. Il rombo del suo motore riecheggia possente, invincibile in un canto di vittoria e di morte.

Dal suo avello l’Eroe, si erge avvolto in un manto di leggenda e sorridente come nei giorni dei più sacri combattimenti, rimonta della fedele carlinga e dirige il suo volo d’aquila su negli spazi verso le luci immortali, Giannino Ancillotto fiamma tra le fiamme.

Camerati, salutiamo in lui che oggi un rito ricorda le gesta dei combattenti d’Italia; eleviamo agli immortali l’osanna dei figli e lanciamo al vento, in nome dei morti, il grido della nuova Patria. A noi! Il Direttorio”. »

Gli ordini di servizio

« La Segreteria del P.N.F. comunica il seguente ordine di servizio circa l’inaugurazione del Monumento alla Medaglia d’Oro Giannino Ancillotto.

1. Il capo manipolo tenente Mario Ciriello assumerà il comando dell’ammassamento e disporrà lo schieramento in Piazza Indipendenza secondo gli ordini prestabiliti.

2. Il servizio d’ordine sarà disimpegnato dal locale Comando della Milizia;

3. Una squadra di giovani fascisti sarà al Servizio della Segreteria politica;

4. I Goliardi saranno ai diretti ordini del Capo Manipolo Ten. Ciriello;

5. Le Rappresentanze, le Associazioni ecc. al loro arrivo in San Donà riceveranno disposizioni dal comandante dell’ammassamento.

6. La cittadinanza avrà riservato un apposito spazio e accederà dal portico del Caffè Grande;

7. i Fascisti in camicia nera e decorazioni dovranno trovarsi presso la Casa del Fascio alle 08:00 precise. I giovani fascisti in perfetta divisa si aduneranno al Campo sportivo alle 08:00;

8. Per le 09:00 lo schieramento dovrà essere ultimato. »

Balbo e Giuriati inaugurano oggi il Monumento dedicato a Giannino Ancillotto

Il Ministro dell’Aria Italo Balbo

« Stamane alle ore 10, come abbiamo precedentemente annunziato, alla Presenza delle LL. EE. Italo Balbo e Giovanni Giuriati, sarà inaugurato il Monumento dedicato all’Eroica Medaglia d’Oro ed asso dell’aviazione Giannino Ancillotto.
Il ricordo marmoreo, opera dell’architetto prof. Lombardi di Roma, raffigura un aereoplano atterrato sul quale è eretta una colonna ornata del Fascio Littorio, e sulla stessa è incisa la dedica: « l’ala sopravvissuta ai cimenti, la gloria alla morte, sorge nella Piazza Indipendenza di questa gloriosa Cittadina ». Dirà oggi dell’Eroico Asso dell’aviazione, del transvolatore delle Ande Peruviane, S.E. il Ministro dell’Aria, Italo Balbo, quadrumviro della rivoluzione Fascista, aquila fra le aquile. La Cittadinanza accorrerà compatta a rendere il tributo di omaggio e di riconoscenza al suo diletto Figlio. Il Podestà ha ieri sera pubblicato il seguente manifesto di saluto agli Illustri rappresentanti del Governo Nazionale.
« Cittadini »: oggi San Donà di Piave avrà l’alto onore di ospitare le LL. EE. Italo Balbo Quadrumviro della rivoluzione fascista e Ministro della gloriosa aviazione Italiana. Rendiamo omaggio ai valorosi collaboratori del Duce, che vengono tra noi per glorificare il più puro, il più fulgido figlio di questa sacra gemma del Fiume inviolabile.
Cittadini: la nostra presenza ed il nostro entusiastico saluto, confermino agli Illustri Ospiti, l’amore purissimo e la fede indefettibile della gente del Piave per il Governo Nazionale, per il nostro glorioso Re. Il Podestà: Bortolotto. »

Prima parte: Il Monumento dedicato a Giannino Ancillotto, verso l’inaugurazione; seconda parte: L’inaugurazione del Monumento dedicato a Giannino Ancillotto

Per approfondimenti: 1. “Il monumento all’aviatore Giannino Ancillotto (1896-1924)” di Chiara Polita (Tipolitografia Colorama, 2010); 2. “Giannino Ancillotto” di Guido Mattioli (Editrice “L’Aviazione”, Tipografia S.A.I.G.E., Roma, 1934); 3. “Giannino Ancillotto, un eroe sandonatese” di Marino Perissinotto (Museo della Bonifica, San Donà di Piave, 1995); 4. “Il disegno della città tra utopia e realizzazione” di Dino Casagrande e Giacomo Carletto (Tipolitigrafia Colorama, 2002); 5. Archivio Radio Sandonà, trasmissione “Overbooking” Presentazione del libro di Chiara Polita”Il monumento all’aviatore Giannino Ancillotto (1896-1924)”; 6. Archivio “La Gazzetta di Venezia”.

L’inaugurazione del Monumento ai Caduti – Casa di Ricovero

L’inaugurazione del Monumento ai Caduti – Casa di Ricovero

« Il Podestà al fine di regolare il transito durante la cerimonia dell’inaugurazione della Casa di Ricovero che si svolgerà domani ha stabilito che nel giorno 9 corrente dalle ore 8 alle ore 14, sia vietato il transito ai veicoli di qualsiasi specie lungo la via Margherita, via Jesolo e piazza IV Novembre. » In quella domenica di novembre, al cospetto delle più alte autorità venne inaugurato a San Donà la Casa di Ricovero Monumento ai Caduti in ricordo di tutti quei sandonatesi che persero la vita durante la grande guerra.

In un lungo articolo della Gazzetta di Venezia di lunedì 10 novembre 1930 venne raccontata la cerimonia dell’inaugurazione della Casa di Ricovero Monumento ai Caduti: « S.A.R.il Duca d’Aosta ha stamane onorato della sua augusta presenza la nostra gloriosa cittadina. La popolazione sandonatese ha accolto l’invitto Condottiero della Terza Armata con vivo entusiasmo e con fervide manifestazioni di devozione. Le primi luci dell’alba hanno visto la città tappezzata di striscioni colorati inneggianti al Re, al Principe Emanuele Filiberto, ai Caduti per la Patria, ai mutilati, ai combattenti. Da tutti gli edifici pubblici e da molti privati sventola il tricolore. Intanto con i primi treni del mattino e con automezzi cominciano ad affluire le associazioni, i fasci, le diverse istituzioni.

Le autorità presenti
Il Monumento ai Caduti – Casa di Ricovero in una cartolina degli anni Trenta

Alle ore 9.30 le autorità si recano alla stazione ad attendere l’arrivo del Duca d’Aosta. Notiamo fra i presenti: il Prefetto gr. uff. Bianchetti, il Podestà di San Donà comm. dott. Costante Bortolotto, il dott. Alverà, Podestà di Venezia, l’avv. Suppiej, Segretario federale, il comm. Garioni, Preside della Provincia, l’on. Domenico Giuriati, l’on.Fantucci, il generale di Brigata comm. Appiotti anche in rappresentanza del comandante del Corpo d’Armata di Trieste, il generale di divisione Vaceamagiolini, il comm. Scaranto, l’Ammiraglio di Divisione della Piazza Marittima di Venezia comm. Fiorese, il gr. Uff. Miliani, Magistrato delle Acque, il vice Prefetto comm. Zattera, il Questore comm. Corrado, il colonello dei RR.CC. Abrile ed il capitano Bonelli, il presidente della Federazione Combattenti Valtorta, il presidente del Comitato del monumento ai Caduti comm. Giuseppe Bortolotto, con tutto il Comitato; il Segretario politico comm. De Faveri, il comm. Antonio Trentin, il comm. Fabris, i vice podestà cav. Bastianetto, Fornasari e dott. De Faveri, l’avv. Rizzo, il cav. dott. A. Cà Zorzi, i maggiori Castagna Alessandro della Direzione d’Artiglieria di Trieste, Notti Felice del 5. Genio; Peruzzo Francesco, l’avv. Rizzi, il comm. Trabaldi Podestà di Spinea, il tenente della M.V.S.N. ing. Scorzon, il pretore dott.Fabbri anche in rappresentanza del procuratore del Re di Venezia, il capitano Castaldi segretario dell’Unione ufficiali in congedo della provincia di Venezia, il cav. Errera presidente del Nastro Azzurro della provincia di Venezia, il cav. Livio Fabris, segretario capo del Comune, il dott. Costanzo in rappresentanza del R. Provveditore agli Studi, il dott. Ferrari della Federazione agricoltori, e molti altri. Nel piazzale all’interno della stazione il servizio d’ordine è diretto personalmente dal Cav. Rentana, vice Questore, e dal commissario cav. Giorgi. Dirige il servizio della stazione il capo stazione titolare dott. Molina.

L’arrivo del Duca d’Aosta
Cerimonia di inaugurazione della Casa di Riposo e del Monumento ai Caduti (da “La Storia fotografata racconta…” Ennio Mazzon, 2012)

Alle ore 9.35 viene segnalato l’arrivo del treno e pochi minuti dopo giunge il convoglio dal quale discende preceduto dall’aiutante di campo generale Montasini, S.A.R. Emanuele Filiberto di Savoia, salutato da un vibrante applauso dalle autorità.

Il prefetto gr. uff. Bianchetti si avanza e presenta il Podestà comm. Costante Bortolotto che rivolge all’augusto ospite il saluto della città. Il Duca d’Aosta si ferma poi brevemente nella saletta reale della stazione, tutta adorna di velluti e piante, dove gli vengono presentate le autorità.

Preceduto dall’aiutante di campo il Principe si avvia quindi all’uscita. Nella piazza sono schierati i mutilati, i combattenti, l’Associazione del Nastro Azzurro, dei finanzieri in congedo, il fascio ferroviario. All’apparire, l’augusto Principe salutato da entusiastici applausi e da vibranti alalà, mentre la musica cittadina intona la Marcia Reale.

Cerimonia di inaugurazione della Casa di Riposo e del Monumento ai Caduti (da “La Storia fotografata racconta…” Ennio Mazzon, 2012)

Prima di salire in auto, il valoroso Condottiero si sofferma e rivolge alcune domande al mutilato di guerra Cibin Luigi ed al combattente Canever Giuseppe ai quali esprime poi il suo compiacimento per le azioni svolte in guerra. Indi il Duca d’Aosta prende posto in automobile assieme al Podestà commendator Bortolotto, e per via Garibaldi e via Vittorio Emanuele, acclamatissimo dall’immensa folla, raggiunge la piazza del municipio dove è accolto da una nuova ovazione, mentre la musica del Presidio Militare suona la Marcia Reale e la Milizia presenta le armi.

Il Principe Emanuele Filiberto si trattiene nel salone centrale del palazzo municipale e conferisce con tutte le autorità provinciali e locali manifestando la sua ammirazione per le nostre laboriose e patriottiche popolazioni.

Durante il ricevimento, che è durato circa mezz’ora, la folla assiepata nella vasta piazza prospiciente il palazzo municipale chiama fra applausi incessanti l’augusto Principe che ha dovuto affacciarsi al balcone vivamente acclamato.

Il Monumento ai Caduti

Il Monumento ai Caduti in una cartolina degli anni Trenta

Dopo il ricevimento al palazzo comunale il Duca d’Aosta, seguito dalle autorità, tra due fitte ali di popolo acclamante si reca ad inaugurare il monumento ai Caduti. Le tribune erette di fronte al monumento, in una delle quali si trovano le madri e le vedove dei caduti, sono gremite di una folla di invitati. Ai piedi delle tribune sono schierati: un drappello di marinai, un drappello di finanzieri e una centuria della M.V.S.N., numerosi ufficiali dell’Esercito e della Milizia, le Piccole italiane, gli Avanguardisti e di Balilla, una rappresentanza del G.U.F. di Padova con gagliardetto e la musica del Presidio Militare di Trieste.

Sulla scalinata del monumento sono schierati i vessilli delle associazioni madri e vedove dei caduti, mutilati, combattenti, decorati e le bandiere dei comuni del Mandamento di San Donà, Portogruaro e di alcuni della provincia di Venezia, nonché di molti Fasci di combattimento.

La benedizione del Monumento

Cerimonia di inaugurazione della Casa di Riposo e del Monumento ai Caduti. Al centro Mons. Longhin accompagnato da Mons. Saretta (da “Ricordando San Donà” Battistella-Milanese, 1993)

Nel mezzo della via Margherita, prospiciente al Monumento, è costruito il palco reale. Alle 10:30 giunge S.E. il Vescovo Mons. Longhin e subito dopo uno squillo di tromba annunzia l’arrivo del Principe. Mentre i marinai, i finanzieri e la Milizia al comando del tenente della Guardia di Finanza sig. Ivo Borri, presentano le armi, la Piccola italiana Ravazzoli, del corso di avviamento al lavoro, offre a S.A.R. un mazzo di fiori. S.E. Mons. Longhin impartisce quindi la benedizione del monumento mentre vengono scoperte le quattro grandi lapidi sulle quali sono incisi i nomi dei gloriosi caduti.

Dopo la benedizione S.E. Mons. Longhin così parla: « Non è la prima volta che ho l’onore di alzare la mano a benedire in nome di Dio i monumenti che il popolo d’Italia ha innalzati ai suoi gloriosi caduti. Quando i centomila profughi tornarono nelle loro terre tempestate dalle artiglierie nemiche, dimenticarono tutti gli strazi sofferti e ricordarono subito coloro che col sangue e la vita avevano data possibilità di rivedere il loro luoghi. »

Mons. Longhin ha poi continuato rivolgendo fervide parole di omaggio al glorioso Condottiero della Terza Armata e ricordando la resurrezione di San Donà. L’eminente presule ha concluso esaltando il sacrificio dei Caduti per la grandezza della Patria.

Parla il presidente del Comitato

Cerimonia di inaugurazione della Casa di Riposo e del Monumento ai Caduti. Le autorità intervenute, al centro il Duca d’Aosta (da “Ricordando San Donà” Battistella-Milanese, 1993)

Ha parlato poi il presidente del Comitato comm. Giuseppe Bortolotto. « Dodici anni or sono – ha detto l’oratore – nei primi giorni del grigio novembre, dopo la Vittoria radiosa delle nostre armi, si incontravano qui a San Donà il sindaco e l’Arciprete di allora. Il primo veniva dai luoghi del profugato, il secondo giungeva dal territorio invaso. S’incontravano qui, arrivando da diverse strade, per riprendere il loro posto e per fare ciascuno il proprio dovere.

« Ma in quell’ora triste, quando le difficoltà rendevano più misera l’esistenza, il compimento del dovere era particolarmente gravoso. Sulla distruzione della guerra si abbatteva la furia degli elementi. Più aspro era il bisogno e la gente, più delle altre sperduta, invocava gli aiuti, che troppo spesso erano inferiori alle necessità del momento. Lo spettacolo era toccante di pietà e di dolore. Ed allora il Sindaco e l’Arciprete, che sentivano ad un tempo l’angoscia e la responsabilità della situazione, espressero fin da quei giorni il proponimento ed il voto che nulla in avvenire sarebbe stato tralasciato, affinchè le opere di beneficenza, di assistenza e di sollievo avessero presso di noi piena e provvida esplicazione.

« Da quel tempo asili, orfanatrofio, istituti di educazione, opere assistenziali sorsero in San Donà e furono sempre al primo posto nel nostro pensiero e nelle nostre cure. E quando si volle render tributo di onore ai Caduti gloriosi, noi elevammo nel loro nome un asilo per gli indigenti, perché nella tarda età, qui trovino sollievo e conforto.

Giuseppe Bortolotto, Presidente del Comitato per il Monumento ai Caduti, ma già Sindaco e Commissario Prefettizio di San Donà di Piave

« Ora il voto è compiuto. Dopo aver posto in funzione gli altri istituti, inauguriamo oggi, nel nome dei morti la nostra Casa di Ricovero.

« Siamo grati a S.M. il Re perché ha voluto delegare a rappresentarlo S.A.R. il Duca d’Aosta; e siamo grati a Voi, Altezza Reale, perché il Monumento ai Caduti di San Donà di Piave non poteva desiderare sorte migliore di quella di essere inaugurato per l’intervento del Re soldato nella persona del Condottiero della Terza Armata.

« Qui ha benedetto la Casa il Presule della Marca Trevigiana, che durante la guerra stette nella città travagliata come soldato al suo posto ed esercitare l’opera pietosa. Qui sono presenti il rappresentante del Governo e il Podestà di Venezia, la città che stette con coraggio in pericolo sotto le percosse notturne del nemico che voleva colpire e deturpare le sue bellezze. Qui tutti gli intervenuti hanno offerto alla grande guerra un lembo vivente della loro anima un respiro poderoso della loro passione, e tutti rendono con lo spirito intatto, il loro tributo ai 400 caduti di questa nostra piccola gloriosa terra di trincea.

Il nobile omaggio
Il Monumento ai Caduti in una cartolina degli anni Cinquanta (colorata)

« Non con espressioni plastiche o decorative, ma con opere durature di umanità, non con manifestazioni di forma o di parola, ma con fatti materiali di carità e di amore noi onoriamo la memoria di chi tutto donò alla Patria.

« E pare veramente che, come i nostri Capi ci hanno indicato, qui, più che altrove fosse questo il dovere. Qui dove al martirio delle ferite profonde si è aggiunto il dolore dell’invasione nemica, che fu ributtata in disordine dalla riscossa meravigliosa dei Vostri soldati, Altezza Reale. Essi nel nome purissimo Vostro, che è il nome invitto dei Savoia, hanno trovato lo slancio superbo della riconquista. E se eccessive ponderazioni di negoziatori o, peggio, gelosie strane di alleati, non ci avessero sbarrato il cammino, Voi, Altezza Reale, li avreste guidati a segnar patti di armistizio nel cuore della potenza nemica e vinta, affermando così solennemente ciò che la stoltezza e la perfidia si ostina a negarci: la dignità della nostra fatica, la bellezza del nostro sacrificio, la realtà della nostra Vittoria.

« Qui l’omaggio ai Caduti acquista un dolente profumo di nobiltà e dalla rimembranza triste l’anima si affina verso la purità delle opere. Qui incidere nel marmo i nomi degli scomparsi significa, più che negli altri luoghi, segnare nella storia la santità delle imprese di nostra gente. Qui ricordare i Morti significa giurare innanzi a Dio il proponimento, che venne espresso da Benito Mussolini quando, affacciatosi al cospetto della nostra terra devastata, ha esclamato commosso con suo cuore di italiano e di combattente: “ Qui un giorno giunse il nemico; gli Italiani giurano che non ritornerà mai più “.

Il significato del ricordo

« Qui ricordare il nome dei martiri ventenni affondati nelle acque o caduti sulla sponda del fiume consacrato vuol dire veramente inchiodare alla vergogna coloro che offendono la terra materna.

« Questo noi vogliamo far dire al ricordo, che è ricovero ed asilo. Questo è il pensiero dei cittadini di San Donà, che son grati a Vostra Altezza, oltre che per l’intervento augusto di oggi, perché avete voluto degnarVi di accettare la presidenza onoraria del Comitato »

Cerimonia di inaugurazione della Casa di Riposo e del Monumento ai Caduti. Il duca d’Aosta affacciato al balcone (Archivio Arturo Mestre, da “Monumento ai caduti in guerra 1915-1918” R. Gattiboni, 2018)

L’oratore ricorda quindi che all’opera tutti concorsero con slancio. Indi continua:

«  Podestà di San Donà di Piave: Ecco le chiavi di questa Casa di carità e di assistenza. Ve le consegno esprimendo un voto che è convincimento profondo, un augurio che è una valida certezza. Ed è questo: che lo spirito di fraternità che si compendia in quest’opera di ricovero e di conforto, si riaffermi e si rinsaldi, come è sempre stato, pregio e vanto di questa nostra terra modesta e operosa.

L’oratore rivolge quindi un vivo ringraziamento a Mons. Longhin, al Prefetto e al Segretario. Quindi prosegue:

« Altezza Reale : Vogliate degnarVi di deporre dinanzi alla Maestà del Re l’amore sincero di questa popolazione, che, attraverso tutte le vicende, le lotte, la distruzione, la resurrezione, il lavoro e l’aspra fatica ha serbata e serba sempre intatta una fede: La Patria; ha serbata e serba intera una devozione: il suo Re. E al suo Re soldato essa dice di essere pronta a seguirlo e a servirlo sempre ed ovunque per la vita e per la morte. Così dalla sorte dei Caduti sorge un respiro meraviglioso di vita. Così dalla tristezza dei ricordi si sprigiona un’alta, una nobile fierezza. Così lungo le tappe del cammino faticoso segniamo l’orma di un’opera buona, riconsacriamo la dignità di un proponimento severo. Così procediamo sereni perché i destini della gente nostra sono immortali ed eterni, illuminati da un sole che non tramonta, sospinti dalla superba rifiorente energia della nostra giovinezza latina.

« Viva il Re! Viva il Duca d’Aosta! Viva il Duce! Viva l’Italia! ».

Il discorso del Presidente del Comitato è stato vivamente applaudito. Si è levato quindi a parlare il Podestà comm. Costante Bortolotto il quale ha detto:

Il discorso del Podestà
Il Podestà di San Donà di Piave dal 1927-33, già Sindaco dal 1923-25

« Alla vostra presenza, Altezza Reale, che qui rappresentate S.M. il Re, dell’Arcivescovo, di S.E. il Prefetto, delle autorità civili e militari, quale Podestà della cittadina che conobbe tutto il sacrificio ed il martirio della guerra, Podestà già combattente della vostra invitta Armata e Camicia nera della vigilia, mentre ringrazio il Comitato, prendo in consegna questo edificio monumento ai caduti in guerra di San Donà.

« E quivi sul Piave dove tutto è un ricordo del sacrificio dei nostri soldati e dove si sono decise le sorti della guerra, quivi sul fiume Sacro, le cui acque vanno al mare portando ancora con rumore delle onde il canto sublime e solenne dei nostri morti in guerra, quivi più che altrove, questo monumento sarà sprone ed incitamento per i giovani ad amare sempre più l’Italia, a tutti dare per essa, a morire occorrendo sul campo di battaglia come sono caduti gli eroi che oggi onoriamo e ci benedicono e pregano Iddio perché l’Italia fascista, nei confini raggiunti sotto la Casa Savoia, sia sempre più grande, temuta e rispettata. »

Una lunga ovazione accoglie le parole del Podestà. La folla grida: Viva il Re! Viva il Condottiero della Terza Armata! Viva il Duce!

Indi in Duca d’Aosta si reca a visitare la Casa di ricovero dove si intrattiene una quindicina di minuti. Ritorna poi in Municipio acclamato sempre dalla popolazione dopo di aver rivolte alcune parole a madri e vedove di caduti che si trovavano schierate lungo il percorso.

L’emblema alla contessa Ancillotto
Un ricevimento presso il Municipio alla presenza del Duca d’Aosta, fotografato accanto al Podestà Costante Bortolotto, in una delle sue numerose presenze in città durante quel periodo.

In Municipio il Duca d’Aosta, alla presenza delle autorità, del Podestà comm. Bortolotto e del presidente della Federazione del Nastro Azzurro comm. Errera. Consegna l’emblema araldico dell’eroica medaglia d’oro ed asso dell’aviazione Giannino Ancillotto, alla madre N.D. contessa Corinna Ancillotto, che ringrazia commossa l’Augusto Principe.

S.A.R. offre anche alla contessa una propria fotografia con la seguente dedica: A donna Corinna Ancillotto, rievocando con vivo rimpianto la gloria dell’Eroico suo Giannino, che nella Terza Armata durante le tragiche giornate dimostrò slancio sublime e audacia sovrumana. Emanuele Filiberto di Savoia.

La folla intanto si riversa nuovamente nella Piazza Indipendenza dove sono più di diecimila persone che acclamano il Duca d’Aosta, il quale si affaccia fra grandi evviva al poggiolo del palazzo municipale, mentre le Piccole italiane, gli Avanguardisti e i Balilla cantano, accompagnati dalla musica e sotto la direzione delle insegnanti delle scuole elementari, l’Inno al Piave e la Marcia Reale.

La partenza del Principe

Alle ore 12, nella sala maggiore del Comune, S.A.R. ha partecipato ad una colazione intima alla quale erano presenti le più alte autorità civili militari e politiche della provincia.

Alle ore 13.15 il Duca d’Aosta, tra rinnovate manifestazioni di entusiasmo e di devozione della folla e seguito dalle autorità, si è recato alla stazione ripartendo alle 13.30 fra gli evviva dei presenti. »

Il Monumento ai Caduti in una cartolina degli anni Sessanta
I Bortolotto

La famiglia dei Bortolotto ha legato i nomi di molti dei suoi esponenti alla guida amministrativa della Città, sin dal primo Sindaco Giuseppe (1866-72), nonno del Giuseppe qui presidente del Comitato. Lo stesso Giuseppe ricoprì la carica di Sindaco prima della grande guerra e successivamente quella di commissario prefettizio prima a Firenze e poi delegato alla ricostruzione. Quando nel suo discorso nomina “il Sindaco e l’Arciprete” indica sé stesso e Monsignor Saretta. Giuseppe era figlio di Luigi Cesare Bortolotto, figlio del primo Sindaco di San Donà e fratello di Francesco, anch’egli Sindaco di San Donà dal 1885 al 1891. A chiudere il cerchio Costante Bortolotto che di Francesco era il figlio, qui lo ritroviamo Podestà di San Donà, in precedenza era stato Sindaco dal 1923 al 1925. Giusto per chiudere questo dettaglio sulle autorità presenti a questa inaugurazione, il duca d’Aosta Emanuele Filiberto morì l’anno dopo, il 4 luglio 1931 all’età di sessantadue anni. Volle farsi seppellire, al pari di tanti soldati di quella terribile guerra, nel cimitero degli invitti sul Colle Sant’Elia a Redipuglia, per poi essere traslato al Sacrario del Redipuglia quando venne inaugurato nel 1938.

Per approfondimenti: 1. “Monumento ai caduti in guerra 1915-18” di Roberto Gattiboni (Passart Editore, San Donà di Piave, 2018); 2. Archivio “La Gazzetta di Venezia”; 3. “S. Donà di Piave e le succursali di Chiesanuova e Passarella” di Mons. Dott. Costante Chimenton, 1928); 4. “Il monumento all’aviatore Giannino Ancillotto (1896-1924)” di Chiara Polita (Tipolitografia Colorama, 2010); 5. “La grande guerra degli ultimi” di Chiara Polita (Mazzanti Libri, 2015); 6. “Cent’anni di carità” di Marco Franzoi (Digipress Book, 2020); 7. “Il disegno della città tra utopia e realizzazione” di Dino Casagrande e Giacomo Carletto (Tipolitigrafia Colorama, 2002)

Quel ricordo della Russia che ritorna e gli altri caduti sandonatesi

La terribile campagna di Russia la raccontammo qualche anno fa attraverso il viaggio di una cartolina partita da San Donà di Piave e mai arrivata a quel figlio poi caduto in quella terra lontana http://bluestenyeyes.altervista.org/quel-terribile-inverno-russo-del-42/. Altri giovani soldati nati a San Donà di Piave sono caduti in Russia, per la maggior parte appartenenti a degli stessi Reggimenti, i più sono stati dichiarati dispersi durante le offensive russe di fine gennaio 1943:

• Bragato Mario (1921), fante del 277° Reggimento Fanteria, morto il 10 marzo 1943 campo 188 (Tambov)

• Brollo Angelo (1914), mitragliere del 156° Battaglione Mitraglieri, caduto 31 gennaio 1943 (disperso)

• Conte Antonio (1922), fante del 277° Reggimento Fanteria, caduto 31 gennaio 1943 (disperso)

• Dalla Francesca Elio (1921), fante del 278° Reggimento Fanteria, caduto 31 gennaio 1943 (disperso)

• Giacomel Giuseppe (1922), fante del 278° Reggimento Fanteria, caduto 31 gennaio 1943 (disperso)

• Masarin Vittorio (1922), fante 277° Reggimento Fanteria, caduto 31 gennaio 1943 (disperso)

• Mattiel Attilio (1922), fante del 277° Reggimento Fanteria, caduto 31 gennaio 1943 (disperso)

• Miozzo Angelo (1922), fante del 278° Reggimento Fanteria, caduto 30 gennaio 1943 (disperso)

• Ongaretto Ferruccio (1922), fante del 277° Reggimento Fanteria, morto 28 marzo 1943 campo 56 (Uciostoie)

• Pavan Giannetto (1922), fante del 277° Reggimento Fanteria, morto il 10 novembre 1944 campo 56 (Uciostoie)

• Scomparin Gregorio (1922), fante del 277° Reggimento Fanteria, caduto 31 gennaio 1943 (disperso)

• Sgnaolin Renato (1922), mitragliere del 156° Battaglione Mitraglieri, caduto 31 dicembre 1942 (disperso)

• Stefanello Alfredo (1922), caporale del 278° Reggimento Fanteria, caduto 31 gennaio 1943 (disperso)

• Vallese Antonio (1922), fante del 277° Reggimento Fanteria, caduto 23 gennaio 1943 (disperso)

• Zamuner Arturo (1914), mitragliere del 156° Battaglione Mitraglieri, caduto 31 dicembre 1942 (disperso)

• Zanutto Pacifico (1922), fante del 277° Reggimento Fanteria, caduto 31 gennaio 1943 (disperso)

• Zecchin Luigi (1922), fante del 277° Reggimento Fanteria, morto 11 marzo 1943 campo 62 (Nekrilovo)

Una Cerimonia Solenne il 15 settembre 2024

Per Ricordare e Onorare i Soldati del Csir e dell’ARMIR, i Reduci, i Caduti, i Dispersi e i Morti in Prigionia nell’ottantunesimo anniversario del Ripiegamento di Russia, domenica 15 settembre 2024 è stata indetta una Cerimonia Solenne dall’UNIRR presso il Tempio di Cargnacco a Pozzuolo del Friuli (Ud) con inizio alle ore 9.30.

Per approfondimenti: 1. Divisione Vicenza ; 2. Memoriale del Col. Giulio Cesare Salvi (comandante del 277° Reggimento Fanteria); 3. Posta Militare 156 – La Divisione “Fantasma”; 4. L’elenco dei caduti della Divisione “Vicenza” (Marini); 5. Campagna italiana in Russia (agosto 1941-20 gennaio 1943); 6. Prima battaglia sul Don (20 agosto-1° settembre 1942); 7. Seconda battaglia sul Don (11 dicembre 1942 -31 gennaio 1943); 8. Offensiva Ostrogožsk-Rossoš’ (12 gennaio-27 gennaio 1943); 9. U.N.I.R.R. (Unione Nazionale Italiana Reduci di Russia);

Il Piave mormorò e nel 1882 tirò dritto al passaggio

Il Piave mormorò e nel 1882 tirò dritto al passaggio

Un terribile settembre quello del 1882, ben rappresentato dal bollettino del ministero dell’agricoltura commercio: « Le piogge copiosissime, torrenziali che si verificarono in questa decade, ma specialmente dall’1 al 19, le quali furono cagione di così tremendi disastri nel Veneto, si devono alla persistenza di due depressioni atmosferiche, le quali persistettero per ben sette giorni l’una di qua e l’altra aldilà delle Alpi, mantenendo i loro centri in continua oscillazione. La depressione aldilà dei monti si mantenne quasi sempre a Nord Nord-Est; la posizione del centro di quella al di qua oscillò tra il Golfo di Genova ed il Veneto. In causa della reciproca posizione di questi due cicloni furono le Alpi del nord e del nord est quelle nelle quali si operò la massima condensazione del vapore acqueo. »

L’ alta Italia ne venne tutta travolta

Dalle pagine di Illustrazione Italiana le tremende cronache di quel settembre che segnarono solo l’inizio di un racconto che continuò anche nel mese successivo: «  Le piogge pressoché incessanti che da 15 giorni cadono sulla zona media del continente europeo, hanno straordinariamente gonfiato i torrenti alpini che precipitano dai gioghi dei nostri monti: essi hanno rovesciato la piena sui laghi e sui fiumi, i quali, comunicandosela via via per tutta la fitta rete idrografica dell’alta Italia, han convertito la Lombardia e più specialmente il Veneto, in un vasto campo di rovine. I giorni 15, 16 e 17 settembre segnano la data del funesto avvenimento. Ci sarebbe impossibile enumerare soltanto le rovine fatte dagli elementi anche perché un cielo implacabilmente rannuvolato continua a versare le acque del nuovo diluvio. […] Spaventevole è il disastro che ha colpito il Veneto, e più propriamente le sue più fiorenti città: Verona, Vicenza, Padova, ecc. L’inondazione di Verona resterà tristemente celebre nella storia contemporanea. L’Adige, turgido ed impetuoso, inondò la città il 15 e il 16, rompendo tutti i quattro ponti che l’accavalcano, rovesciando case, molini, piantagioni ecc.; poi, sotto Verona, ruppe gli argini in quattro punti e per le larghe brecce si rovesciò sulle campagne vicine. Tutti i fiumi e torrenti che dalle Alpi scendono nelle lagune, imitarono l’esempio del loro maggior fratello: il Piave, la Livenza, il Brenta, il Bacchiglione, il Cordevole. l’Astico, il Timonchio, ruppero ponti, squarciarono argini, devastando borgate e campagne; ed anche qui, pur troppo, si hanno a deplorare vittime umane. I ragguagli per ora sono incompleti, e le notizie disastrose si succedono senza posa: e, quello che è peggio, piove, piove dirottamente, facendo prevedere altri e maggiori guai. La grandezza della sciagura sembra scoraggiare qualunque opera di beneficienza. I raccolti del riso, dell’uva, della mellica e delle castagne sono irreparabilmente perduti: migliaia di famiglie son rimaste senza tetto, sprovviste di tutto, senza strumenti da lavoro, senza lagrime per piangere la morte de’ loro cari e la rovina della loro esistenza!»

L’Adige a Verona durante la piena del 1882 (tratta da “Illustrazione Italiana”)
L’indomito Piave s’aprì la via
In una cartina austriaca del 1841 l’ansa del Piave posta tra San Donà e Musile e travolta dalla piena del 1882. Nella cartina Mussetta par quasi arrivare nel centro di San Donà, tanto che il corso principale cittadino sembra segnarne il confine, anche se la toponomastica dice altro.

In quei giorni il livello del Piave toccò picchi sino ad allora mai raggiunti, mettendo in sofferenza tutti gli argini ed esondando in più punti, tanti anche i ponti danneggiati irrimediabilmente, tra cui il Ponte Vecchio di Belluno. In quel 16 settembre tutte le zone del basso corso del Piave pagarono un loro pesante tributo. La furia delle acque provocò molti danni esondando in più punti a Noventa dove il Piave ha un corso tortuoso. Le acque si aprirono un varco negli argini al Montiron, un altro più largo a Sabbionera, giorni dopo una terza breccia s’aprì a La Favorita. Furono 400 le famiglie che videro le proprie case allagate e la necessità di mettersi in salvo. L’impeto del Piave fu tale che nel tratto sandonatese l’ansa tra San Donà e Musile venne spazzata via, il Piave decise di andar dritto lasciando il proprio letto costeggiante l’argine San Marco; le poche case all’interno dell’ansa vennero travolte e a farne le spese fu anche il ponte di legno, all’epoca chiamato “della Pedona”, che dopo secoli aveva unito San Donà a Musile, ed ora irrimediabilmente danneggiato a soli sette anni dall’inaugurazione. Si narra che solo grazie al coraggio dell’impiegato del telegrafo Bressanin si riuscì a mantenere intatta la linea; il coraggioso si issò sulla pericolante struttura del ponte sganciando il prezioso filo del telegrafo prima che quella fondamentale linea di comunicazione s’interrompesse, seguendo il triste destino del ponte, isolando ancor di più l’intera zona.

Danni e allagamenti
Il ponte di legno sul Piave e il molino Finzi (tratta da “Illustrazione Italiana”)

Indicibili furono le sofferenze sopportate dalla popolazione prigioniera delle acque, infinite le esondazioni e le tracimazioni che inondarono le campagne, alto pure il numero degli sfollati messisi in salvo con difficoltà vista la portata degli allagamenti. Potente il grido di aiuto lanciato dal sindaco di San Donà Giorgio Trentin: «Siamo inondati attendiamo subito barche e truppe per salvare e soccorrere gli abitanti sorpresi nella notte e privi di tutto.». La violenza delle acque travolse la chiesa e il cimitero di Musile, posti allora nelle vicinanze del fiume, vennero poi ricostruiti in una zona più sicura. Non meglio andò sulla sponda sandonatese con importanti danni al Molino Finzi con il suo costoso macchinario a vapore e che creò alla popolazione un’immediata emergenza alimentare. Nella vicina Noventa furono ben 1500 i senza tetto obbligati a mettersi in salvo lontano da quel fiume che rappresentava un importante polo economico grazie al porto fluviale.

I difficoltosi soccorsi

I soccorsi furono rallentati dagli allagamenti e dalla rottura di quell’unico ponte che collegava le due sponde. Impreparata si trovò anche la Regia Marina con le sue imbarcazioni che si rilevarono inizialmente inadatte a quel tipo di operazione di soccorso nelle zone alluvionate. La situazione restò grave per giorni a causa della pioggia che non cessava e del livello delle acque che non sembrava deciso a calare, tanto che molte zone rimasero allagate per settimane, talune anche per mesi. Forte la solidarietà delle comunità vicine che inviarono viveri e aiuti alla popolazione in sofferenza.

Un’alluvione generalizzata

Il problema della piena, come detto, nel mandamento sandonatese non interessò solo il Piave, proprio l’ingrossamento generalizzato dei fiumi generò un effetto domino che vide esondare altri importanti corsi d’acqua. Già il giorno 16 settembre assieme al Piave ruppero gli argini sia il Meduna che il Monticano, il 23 settembre ci fu la rotta del Livenza a Torre di Mosto le cui acque si riversarono nelle campagne e si sommarono a quelle del Piave riportando indietro l’orologio della storia a prima delle bonifiche. Ben 37 mila ettari dei 44 mila che costituivano il dipartimento di San Donà vennero allagati. I raccolti ne furono intaccati con una popolazione costretta ad attendere i soccorsi, cercando al contempo di salvare i propri beni e i propri animali. Tutto il territorio ne pagò un prezzo anche per i lunghi mesi a venire, dove il semplice vivere dovette fare i conti con l’allarme sanitario in zone dove ancora la malaria mieteva le sue vittime. Furono anni difficili dove molti scelsero l’opzione di emigrare, tanti seguirono l’illusione del trasferimento oltre oceano in Sud America, come se lì la vita fosse meno dura.

Comitato di Soccorso del Basso Piave

Tra le tante richieste di aiuto, una vide l’unione di tutti i Comuni del comprensorio di San Donà uniti nel “Comitato di soccorso per gli inondati dal Piave” che inviarono una missiva ad ogni Comune del Regno per richiedere un aiuto in questo grave momento di difficoltà, così recitava l’appello:

« Onorevole Municipio, il tremendo disastro dell’inondazione di questo vasto territorio è oramai noto ovunque. Narrare i particolari strazianti per eccitare gli animi alla comprensione sarebbe quanto dubitare della potenza di quel sentimento spontaneo di fraterna solidarietà che fa della grande famiglia italiana una nazione civile rispettata e forte. Il comitato quindi, ricordando con raccapriccio il danno generale di oltre quattro milioni di lire e l’importanza a prestare i più urgenti soccorsi a più di 20 mila contadini vivi del necessario alla vita, e con una certa compiacenza di aver questo Distretto sempre risposto ai gridi di dolore delle popolazioni dei più remoti angoli della penisola colti da gravi jatture, si lusinga di trovare corrispondenza di sentimenti.

Qualunque sia la forma e la misura del sussidio che codesto Municipio e codesta cittadinanza crederanno di largire si avranno la gratitudine imperitura dei poveri disgraziati e dei loro rappresentanti.

San Donà di Piave 25 settembre 1882

Il comitato organizzatore: Trentin cav. Giorgio San Donà di Piave Sindaco di San Donà di Piave, Crico cav. Matteo Sindaco di Noventa di Piave, Vianello Alessandro Sindaco di Grisolera, Vian Lorenzo Sindaco di Torre di Mosto, Loro cav. Paolo Sindaco di Ceggia, D’Este Carlo Sindaco di San Michele del Quarto, Ferraresso Francesco Sindaco di Musile, Meneghini Giuseppe Assossre facente funzioni di Sindaco di Cavazuccherina, Varischio Antonio Sindaco di Fossalta di Piave, Placa Antonio Sindaco di Meolo.

Plateo Segretario.

I fondi per la ricostruzione
Una tombola organizzata a Roma per raccogliere fondi a favore dei danneggiati dall’inondazione del 1882

Imponente fu la raccolta di fondi per aiutare le zone colpite dalla grave calamità naturale. Alla elargizione che subito venne fatta dal Re, si aggiunse quella dello Stato, ed anche le varie amministrazioni comunali non si sottrassero nel dare un loro concreto contributo. Grandi erano i danni che tutta l’Italia settentrionale aveva subito, in Veneto i danni più gravi li aveva causati l’Adige destinatario dei maggiori aiuti, ma furono ben pochi i luoghi vicino a dei corsi d’acqua che non avevano avuto danni nel terribile settembre 1882. Tra le iniziative di raccolta fondi molte erano, come d’uso all’epoca, quelle legate a lotterie o tombole, tanti anni dopo San Donà fu beneficiaria di una iniziativa del genere quando dopo la grande guerra fu necessario ricostruire l’ospedale. Curiosamente i fondi destinati al distretto di San Donà ebbero un eccesso, che venne accantonato per destinarlo alla costruzione dell’ospedale. In questo caso i tempi si allungarono a dismisura e l’importante struttura dovette aspettare il nuovo secolo per trovare concretizzazione.

Ad ottobre, una nuova esondazione

All’alluvione del settembre 1882 ne seguì una ad ottobre che, fortunatamente, pur colpendo con una portata similare un territorio già in ginocchio per gli eventi del mese precedente, ebbe una durata inferiore. Dopo pochi giorni, le acque dell’irascibile fiume iniziarono a calare rientrando nell’alveo, ma furono molti i mesi nei quali le campagne continuarono a rimanere gonfie dell’acqua che le aveva attraversate, in un quasi ritorno alle origini, quando le bonifiche le avevano affrancate dalla realtà paludosa. Le stesse bonifiche che trovarono nuovo impulso anche negli anni a venire rivelandosi preziose nel salvare ancora una volta tutto il territorio.

La lenta ricostruzione
Un articolo della Gazzetta di Venezia dell’aprile 1886 dove si annunciava il completamento del nuovo ponte sul Piave

Furono imponenti le opere di risanamento che subirono i fiumi dopo un tale disastro. Per quanto riguarda il Piave si iniziò una lunga opera generalizzata di innalzamento degli argini quanto mai necessaria per riuscire a fronteggiare delle piene della portata di quella appena sostenuta. Nel sandonatese venne innanzitutto dato il via alla progettazione del nuovo ponte, opera la cui mancanza venne subito rimarcata rendendosi assolutamente necessario un suo veloce ripristino. Il nuovo corso del fiume ne impose una diversa collocazione, ma ovviamente venne subito accantonata la possibilità di rifarlo in legno. Solo sette anni era durato quello travolto dall’alluvione, venne scelta per cui una costruzione in ferro sorretta da piloni in muratura. Prima però venne inaugurato il ponte ferroviario che fu la grande novità di quegli anni, con la ferrovia che collegò prima San Donà e poi Portogruaro con Venezia. Inaugurato nel giugno 1885, il ponte ferroviario superò una prima piena del Piave nell’autunno, così come anche il costruendo ponte stradale resistette e dall’aprile 1886 San Donà e Musile tornarono ad essere collegate dal desiderato ponte.

I nuovi argini alla prova della piena del 1889
Degli sfollati accolti nella chiesa di San Donà (tratta da “Illustrazione Italiana”, 1882)

L’emergenza non terminò con l’innalzamento degli argini, le piene del Piave erano una costante e regolarmente si susseguivano anno dopo anno. Quella del 1889 ebbe una portata pari a quella record del 1882. Gli argini furono messi a dura prova, una prima breccia si aprì in quei nuovi argini innalzati tra il ponte stradale e quello ferroviario, la successiva pressione delle acque sull’argine San Marco fu tale che cedette in due punti, travolgendo sette case e causando ben dieci vittime in una stessa famiglia. Un’enorme massa d’acqua si riversò su Musile, tanto da allagare ben tre quarti del suo territorio, danni ingenti subirono anche Passarella e Chiesanuova. Ancora una volta passarono mesi prima che il territorio potesse liberarsi dalle acque ed iniziare la ricostruzione, con dei fondi per il ripristino e l’aiuto alle popolazioni che tardarono ad arrivare.

Nel 1903 la tragica alluvione ancor si ripete
In una cartolina dell’epoca la rotta all’Intestadura del 1903
Una cartolina commemorativa che ricorda l’intervento della Brigata Lagunari Venezia nelle innondazioni del 1903

A chiudere le grandi alluvioni di quel tempo ci fu quella del 1903. Ancora una volta delle eccezionali precipitazioni gonfiarono i fiumi, come vent’anni prima l’Adige allagò Verona, seppur in misura minore. Peggio ancor una volta quel che il Piave riservò alla popolazione del suo basso corso. Tremò la sponda sandonatese tenendo in apprensione tutti gli abitanti di Mussetta, poi nella notte tra il 30 e il 31 ottobre accadde la rotta: «…il fiume era minaccioso; una rotta degli argini si aspettava, nel posto detto Mussetta, dove vivevasi con ansia; invece, nel sito detto Intestadura la fiducia era unanime. D’un tratto, un rumore sordo avvertì quelli di Mussetta che il Piave aveva rotto lungi da loro: aveva rotto a Intestadura, villaggio di un migliaio di abitanti. Le acque, per uno squarcio largo oltre cento metri, irruppero spaventose, tutto travolgendo nella loro furia livellatrice: capanne, stalle, case, sui tetti delle quali arrivarono a stento a rifugiarsi coloro che non erano giunti a salvarsi sugli argini. Cinquemila persone, nel territorio circostante San Donà di Piave sono state colpite dal disastro; trenta chilometri quadrati di superficie sono stati allagati: e l’irruenza delle acque ha travolto nelle ruine, insieme con molte masserizie di miseri contadini, quattro vittime umane, due fanciulli e due poveri ottantenni. Nell’opera di salvataggio si sono segnalati, come sempre, per zelo, per umanità, i carabinieri e i nostri soldati.».

L’esondazione del 1903 (Archivio municipale di San Donà, tratta da “Il disegno della città tra utopia e realizzazione”)
Il Comizio del 17 gennaio 1904
In una immagine aerea durante la piena del 2018 la vecchia ansa del piave allagata con un piccolo lembo di terra a vista che all’epoca ne rappresentava l’estremità.

Nelle ultime righe del suo libro il Plateo dedicò parole accorate proprio alle alluvioni che lo videro per tanti anni in prima linea come Segretario municipale di San Donà di Piave. « Noi auguriamo che le grandi alluvioni, segnate dalla storia a tinte nere, non si ripetano più. Non possiamo però dimenticare l’altezza delle scaturigini del Piave, la sfrenatezza del suo corso, le angustie del suo alveo, il deviamento dello sbocco dalla laguna al mare e lo sboscamento progressivo dei monti, come tante cause di maggior impeto delle acque in tempo di piena. Dobbiamo poi constatare che queste cause costituiscono una potenza ignota ai tecnici e ai profani sin che dura l’attuale sistema di difesa, affatto insufficiente, prova ne sia che gli uni e gli altri rimasero fin qui ingannati dalle più studiate ipotesi. » Il Plateo ricorda poi un Comizio molto partecipato che si tenne il 17 gennaio 1904 a San Donà di Piave presso il Teatro Sociale, dove un Comitato composto tra gli altri dal Sindaco di San Donà Callegher, dal comm. Sicher e a cui diedero adesione molti sindaci del Basso Piave e del trevigiano, alla presenza di tanti senatori e deputati, rimarcarono molte richieste affinchè il Piave potesse essere messo in sicurezza. Di quell’ultima alluvione fecero anche un resoconto: 300 ettari l’estensione del territorio allagato con 757 famiglie e 5438 persone, le vittime furono 4, le case distrutte 8, le pericolanti sono 36, le danneggiate 120. I danni denunciati da piccoli proprietari, mezzadri, chiusuranti e braccianti, sommano a lire 383.343,25, esclusi quelli incalcolabili dei grandi proprietari.

Le alluvioni del Piave del 1882 nelle illustrazioni delle riviste
La pagina centrale dell'”Illustrazione Italiana” dell’ottobre 1882 con le due immagini dedicate a San Donà

I giornali dell’epoca dedicarono molte illustrazioni agli eventi tragici delle alluvioni che colpirono il Veneto in quella fine-inizio secolo. Disegni e incisioni che raccontavano di episodi realmente accaduti e che davano il senso, il più delle volte tragico, degli avvenimenti. Anche in periodi successivi dove l’immagine fotografica divenne protagonista, questo tipo di rappresentazioni grafiche continuarono a mantenere una loro importanza. Riguardo agli avvenimenti accaduti nelle nostre zone “L’Illustrazione Italiana” dedicò al Veneto una incisione composita nella doppia pagina centrale in uno dei numeri di ottobre. Così la lunga descrizione data dal giornale: « Il grande disegno, che occupa due pagine di questo numero si riferisce a diversi punti del Veneto desolati dalle inondazioni. L’ovale, che ne occupa il centro ed il disegno posto a destra, nella parte inferiore, rappresentano i lavori di palificazione e di arginatura, intrapresi ora, per chiudere la grande rotta di Legnago. Questi lavori sono importanti non solo per ragioni economiche, ma anche per ragioni idrauliche; trattandosi della rotta d’Adige più ampia e più profonda che si abbia avuta finora. Lo scandaglio scese in qualche punto ad una profondità di 37 metri…..Gli altri disegni che girano attorno a buona parte dell’ovale si riferiscono all’inondazione del Piave. Due volte: alla metà di settembre e alla fine d’ottobre, le acque di questo fiume uscirono dal loro letto, rompendo gli argini, facendo rovinare case e ponti, e fugando all’improvviso migliaia di poveretti che confusi, spauriti, cercavano rifugio nei punti più elevati. All’urto della prima piena caddero infranti il gran ponte di San Donà e il prossimo molino a vapore del cav. Finzi, ampio ed elegante opificio che dava lavoro e pane a moltissime povere famiglie. Il ritrattino, che spicca nella parte inferiore del nostro disegno, è del fanciullo Dazzi, quello che presso la rotta dell’Adige a Masi restò più di trenta ore, aggrappato al tronco d’un albero. Il poveretto è orfano; i suoi genitori rimasero vittime di quel fiume, al cui fiotto impetuoso egli poté sfuggire in modo tanto sorprendente. »

Nelle copertine delle riviste le tragedie del 1903
La copertina del “Secolo Illustrato” del novembre 1903

Due incisioni in prima pagina furono invece dedicate alla rotta dell’Intestadura del 1903. “Il Secolo Illustrato” raccontò con un’incisione in prima pagina la tragedia all’Intestadura accompagnandola anche con il triste racconto all’interno: « …il Piave purtroppo volle le sue vittime. La casa di Pietro Pavanetto fu spazzata via. In una stanzetta dormiva una vecchia madre ottantenne assieme a due figliolette che miseramente perirono. Il contadino Luigi Mandruzzato si trovò con una bambina di quattro anni e la madre ottantenne sul tetto di una cascina, ove la piena li raggiunse e la vecchia infelice venne strappata dalle braccia del figlio e miseramente affogò….». Lo stesso fece “La Domenica del Corriere” che raccontò un altro episodio accaduto: «…Mentre carabinieri e cittadini, dentro una grossa barca, sfidavano la furia dell’acqua limacciosa e terribile, raccogliendo uomini e dovve che stavano per annegare, un toro rimasto isolato sopra un lembo dell’argine caduto si lanciò nell’acqua inseguendo minacciosamente la barca stessa. Tra i naufraghi lo spavento fu grande : scampati da un pericolo, un altro li minacciava! Un carabiniere impugnata la daga, tenne a bada l’animale inferocito finchè un provvidenziale filare d’alberi permise alla barca di approdare trattenendo il toro. »

La copertina de “La Domenica del Corriere” del novembre 1903

Per ulteriori approfondimenti: 1. “Il ponte della vittoria diventa storia: 1922-2022 – passi barca, ponti e vie d’acqua a Musile e dintorni” di Lodovico Bincoletto e Loris Smaniotto (Tipolitografia Biennegrafica, Musile di Piave – 2022); 2. “S. Donà di Piave e le succursali di Chiesanuova e di Passarella” di Mons. Costante Chimenton (Tipografia Editrice Trevigiana, 1928); 3. “La bonifica nel basso piave” di Luigi Fassetta (Tipoffset, Venezia, 1977); 4. “San Donà di Piave” di Dino Cagnazzi, Giorgio Baldo, Tiziano Rizzo (Casa Editrice Legal, Padova, 1979); 5. “C’era una volta Musile” di Lodovico Bincoletto e Loris Smaniotto (Biennegrafica, Musile di Piave, 2007); 6. “Torre di Mosto” di Dino Cagnazzi (Istituto Tipografico Editoriale, Dolo, 1979); 7.”Il disegno della città tra utopia e realizzazione” di Dino Casagrande e Giacomo Carletto (Tipolitografia Colorama, San Donà di Piave, 2002); 8. “Venezie sepolte nella terra del Piave” di Wladimiro Dorigo (Viella, Roma, 1994); 9. “Il territorio di S. Donà nell’agro d’Eraclea” di Teodegisillo Plateo (1907, Ristampa Editrice Trevigiana, 1969); 10. “Fossalta, dal 130 a.c. alla battaglia del Piave” di Alba Bozzo (Officine Grafiche Boschiero, Jesolo, 1983); 11. “Una terra ricca di memorie Noventa di Piave” di Dino Cagnazzi, Gianpietro Nardo, Luigi Bonetto (Istituto tipografico Editoriale, Dolo, 1980); 12. Archivio “Illustrazione Italiana” (consultabile on line)