Una missiva di sollecito nella San Donà di fine Ottocento

Una cartolina dei primi del Novecento di Piazza Indipendenza

Anche una semplice cartolina postale che affiora dal passato può regalate una storia, che racconta come anche in quella fine Ottocento per convolare a giuste nozze il desiderio non fosse sufficiente se in mano non avevi la giusta carta.

In una San Donà del 1893, al termine dell’estate nacque il desiderio di una coppia di convolare a giuste nozze. Lei, Mazzeri Giulia, risiedeva nel centro cittadino nei pressi del duomo. Il padre Augusto era stato un ricevitore dazio, oramai cinquantanovenne si era stabilito a San Donà con la moglie Gramatica Giustina. La madre era originaria di Bassano, e proprio da quell’importante centro nel vicentino arrivava il futuro sposo Brandestini Vincenzo. Lo sposo, ventisettenne, era uno scultore in legno, aveva seguito le orme del padre che in quel di Bassano faceva il falegname.

Il matrimonio doveva essere celebrato a San Donà, nella città di residenza della sposa, prima però vi erano da fare le pubblicazioni con la relativa raccolta dei documenti. Le pubblicazioni, oltre a Bassano e San Donà vennero previste anche per San Polo di Piave, dove la famiglia Mazzeri aveva abitato sino a pochi mesi prima.

La cartolina postale
Cartolina postale viaggiata del 1893

Quel filo che ci ha permesso di costruirne la storia è una cartolina postale, che nell’ottobre del 1893 venne inviata dal Comune di San Donà a quello di Treviso. Chi materialmente la scrisse è l’impiegato municipale Sepulcri Giuseppe (di Pietro, trentanovenne) che aveva il compito di redigere i documenti. Vincenzo e Giulia si erano rivolti a lui per fissare una data sia per le pubblicazioni che per il matrimonio. La sposa non era originaria di San Donà di Piave ma al seguito del lavoro del padre venticinque anni prima era nata a Treviso. A quel Comune il Sepulcri aveva inviato richiesta di ottenere il certificato di nascita e visto che questo tardava questa ulteriore cartolina postale indirizzata al Sindaco del capoluogo trevigiano aveva cercato di velocizzare i tempi. Il 13 ottobre la stessa venne spedita, ma quell’urgentissimo che di suo pugno aveva scritto, e quella speranza di ottenerlo a stretto giro di posta, non si avverarono.

Egregio Signor Sindaco, Prego calorosamente la nota gentilezza dello Sindaco Illustrissimo a voler rimettermi legalizzata non più tardi di domenica mattina la sede di nascita di Mazzeri Giulia di Augusto e Grammatica Giustina richiesta col mio foglio 26 settembre N. 1718, essendo per detta mattina fissata la richiesta delle pubblicazioni. Certo del favore che chiedo a nome anche degli interessati La ringrazio e mi professo con tutta comprensione. In vece del Sindaco, (firmato) Sepulcri. S. Donà di Piave, 13/10/1893

L’attesa
Dal Registro delle pubblicazioni di matrimonio del 1894

Passarono le settimane, ma la tanto agognata data non poté essere fissata, quei pochi giorni sperati dal Sepulcri sconfinarono oltre il Natale. Quando, finalmente, ai primi di gennaio apparvero le pubblicazioni in quel di San Donà, di Bassano e di San Polo di Piave. Nel registro delle pubblicazioni di matrimonio di San Donà di Piave al numero 1 del 2 gennaio 1894 Brandestini Vincenzo e Mazzeri Giulia annunciavano le prossime nozze. Le pubblicazioni vennero poi affisse da domenica 7 gennaio sulla porta della Casa Municipale a firma dell’ufficiale dello Stato Civile, l’avv. Silvio De Colle assessore in vece del Sindaco. Le pubblicazioni vennero rinnovate domenica 14 gennaio e lì lasciate sino al giorno 17.

Il matrimonio

Dieci giorni dopo il termine delle pubblicazioni, venne celebrato il matrimonio. Sabato 27 gennaio 1894 alle ore nove e dieci minuti presso la Casa Municipale di San Donà di Piave, alla presenza dell’assessore Silvio Bressanin, facente le funzioni del Sindaco, Brandestini Vincenzo e Mazzeri Giulia divennero marito e moglie. Come testimoni vi erano il padre della sposa, Mazzeri Augusto e Zanin Achille, di professione mediatore. Tutti sottoscrissero il documento.

Dal Registro degli Atti di Matrimonio del 1894
Tra gli allegati, i giusti documenti
Certificato di nascita del 1893

Oltre ai dati documentali presenti nei registri, fortuna volle che anche tra gli allegati è stato possibile trovare i tre attestati delle avvenute pubblicazioni, regolarmente vidimati dagli ufficiali di stato civile preposti sia alle pubblicazioni che all’atto di matrimonio. Tra gli allegati anche il famoso certificato di nascita di Mazzeri Giulia redatto qualche giorno prima il famoso sollecito inviato dal Sepulcri mediante cartolina postale. Il documento recava il timbro della Parrocchia di Santa Maria Maggiore–Santa Fosca di Treviso. La sposa era nata il 23 luglio 1868, l’atto era del 6 ottobre 1893 ed autenticato tramite la legalizzazione della firma da parte del presidente del Tribunale il 9 ottobre 1893. Quindi tutto nei tempi richiesti dal Sepulcri precedenti al sollecito, se non fosse che poi quel documento tardò ad arrivare a San Donà. Lo sposo già il 25 settembre 1893 aveva prodotto il suo atto di nascita, proveniente dalla parrocchia di Santa Maria in Colle e recante il timbro dell’Arciprete di Bassano, attestava che lo sposo Brandestini Vincenzo era nato il 22 maggio 1866.

E vissero felici e contenti

Dove poi gli sposi andarono a vivere, non è dato sapere. Negli anni seguenti non abbiamo trovato traccia di nascite a San Donà e nemmeno a Bassano. La madre di Giulia morì ad aprile di quello stesso anno a San Donà, abitava in largo Chiesa, ovvero nei pressi del duomo. A darne notizia si presentò il mediatore Zanin Achille, già testimone di nozze, e il falegname Padovan Luigi, per cui è possibile che il genero si fosse stabilito inizialmente proprio a San Donà. Ma questa torna ad essere una loro storia.

Per approfondimenti: 1. “Registro Pubblicazioni di Matrimonio 1894” presso Banca Dati Family Search; “Registro Atti di Matrimonio 1894” presso Banca Dati Family Search

San Donà di Piave, i nuovi nati del 1900

San Donà di Piave, i nuovi nati del 1900

Il Duomo di San Donà di Piave in una cartolina viaggiata del 1903

Classe 1900, quella di mio nonno e quella di altri 431 nuovi nati che in quell’anno nacquero a San Donà di Piave. Nessuno immaginava che di lì a qualche anno sarebbero stati protagonisti di una guerra mondiale, la prima classe a non essere richiamata al fronte ma che la guerra l’hanno comunque vissuta nella loro terra o in veste di profughi in giro per l’Italia. Ma in quel 1900 i veri pensieri erano il riuscire a sopravvivere, se non era la fame erano le malattie il primo motivo di morte tra i tanti nascituri, e spesso la prima era causa della seconda.

Dove si è nati nel 1900

Si nasceva in casa e nello scorrer il registro delle nascite tra i vari dati vi era anche il dove si nasceva. E allora si scopre che la San Donà dell’epoca aveva poche strade ma grandi frazioni dove si concentravano quelli che venivano denominati nei documenti i villici, ovvero i lavoratori della terra. Quindi è logico che proprio lì si concentravano le nascite in quel 1900. Sono state 55 le nascite a Passarella, 46 a Chiesanuova, non di meno a Palazzetto con 42, mentre sono state 40 a Calvecchia, 22 a Fossà e 15 a Tessere di Grassaga. Tante sono state le nascite anche a Mussetta, 49 in quella di Sopra e 46 in quella di Sotto. Poi vi erano le due direttrici che dal centro arrivavano in periferia e che seppur esistano tutt’oggi avevano una lunghezza ben maggiore, così che le nascite in via Calnova sono state 38, mentre in via Code 53. Buon ultimo arriviamo a quelle prettamente “cittadine” 8 sono quelle di Borgo, 1 in Largo Chiesa, 2 in Piazza, 2 in Rialto Eraclea, 1 in Rialto Jesolo, 3 in via Maggiore, 3 in via Stazione, 1 in Viale dei Tigli, 3 in Viale Margherita, 2 in Vicolo Nuovo. Una quella avvenute in altro comune, Latisana, ma poi registrata tra gli allegati in quanto il padre residente a San Donà di Piave.

Gli illegittimi

Via Maggiore in una cartolina viaggiata del 1902

Altra caratteristica dell’epoca era il nascere illegittimo, a differenza di quel che comunemente si pensa nel caso di nascita fuori del matrimonio sull’atto compariva il nome del padre ma non quello della madre. Solo in un secondo momento all’atto del matrimonio o di altro atto necessario veniva aggiunto il nome della madre con una trascrizione successiva. In quel 1900 molti sono stati i nascituri illegittimi, per taluni non è dato sapere se in seguito abbiano avuto un pieno riconoscimento. Se invece il nascituro non veniva riconosciuto almeno dal padre, non sempre la madre voleva comparire e allora era l’allevatrice a denunciarne la nascita scegliendone il nome. Tre in questo caso hanno visto le allevatrici scegliere degli improbabili nomi, due sono stati quelli in seguito legittimati, oppure adottati.

I primi nati e gli ultimi nati

Due sono i nominativi presenti nel registro dei nati del 1900 che in realtà sono nati negli ultimi giorni del 1899: Picchetti Fausto (di Enrico, quarantaquattrenne pizzocagnolo, e di De Nobili Maria, quarantaduenne casalinga) in Piazza e Andretta Maria (di Angelo, ventisettenne villico, e di Zanutto Rosa, ventisettenne villica) a Palazzetto; non inclusi per cui nell’elenco. La prima nascita dell’anno, a prescindere dalla registrazione, è stata quella di De Faveri Domenico (di Tommaso, quarantaquattrenne villico, e di Fuser Giovanna, quarantaduenne villica) a Calvecchia il primo gennaio, la prima nata Crosera Elvira Pasqua (di Giambattista, quarantenne villico, e di Rosi Giovanna, trentottenne villica) a Chiesanuova il 6 gennaio. Per trovare la prima nata “cittadina” bisogna aspettare il 6 febbraio, Fumei Giovanna (di Giambattista, trentacinquenne cappellaio, e Coletti Maria Egle, trentaquattrenne casalinga) a Borgo. L’ultima nata Campaner Maria Luigia (di Luigi, quarantunenne villico, e di Tuis Maria, trentanovenne villica) a Calnova il 28 dicembre, mentre l’ultimo nato è stato Giacomel Bernardo Romano (di Remigio, ventiduenne villico, e di De Faveri Maria, ventiduenne villica) a Mussetta di Sopra il 19 dicembre.

I gemelli del 1900

Viale dei Tigli in una cartolina del 1900

Sono stati sette i parti gemellari, ben quattro a Calvecchia: Brollo Maria Virginia e Teresa Maddalena (di Giuseppe, ventottenne villico, e di Gaino Maria Luisa, ventiquattrenne villica) a Calvecchia il 17 marzo; Striuli Maria Teresa e Angela Maria (di Francesco, ventiquattrenne calzolaio, e di Milani Maria, ventiquattenne casalinga) a Mussetta di Sotto il 18 marzo; Turchetto Primo e Teresa (di Giacomo, trentaduenne villico, e di Bellese Santa, trentatreenne villica) a Calvecchia il 7 aprile; Giacomel Silvio e Angelo (di Giovanni, trentaduenne villico, e di Fajotto Anna, ventinovenne villica) a Calvecchia il 26 aprile; Davanzo Luigi e Amalia (di Francesco, trentaquattrenne cassoniere e Nardini Antonia, ventinovenne casalinga) a Calvecchia il 16 agosto; Tonon Ida e Luigia (di Angelo, quarantunenne calzolaio e Zanutto Regina, figlie legittimate nel 1906) a Calnova il 18 settembre; Conte Primo Nicola e Secondo Gabriele (di Ferdinando, quarantatreenne villico e Pavan Luigia, trentanovenne villica) a Mussetta di Sopra il 4 dicembre.

Le nascite del 1900 elencate in ordine alfabetico

Dettaglio di una cartolina a tre vedutine del 1900

A | Adami Pietro Giorgio Giuseppe 05-ott, Adelia Anna Cesira 03-lug, Ambrosin Maria 04-mag, Andreetta Antonio 16-ott, Andreetta Giuseppe 01-nov, Andreetta Maria 21-lug, Armelin Dario Emilio 30-nov.

B | Babbo Angelo 30-set, Bagolin Emilia Maria 12-mar, Bagolin Gioachino Domenico 21-mar, Balduit Lucio 30-nov, Balsarin Angelo 07-ago, Baradel Angelo 24-apr, Baradel Teresa Maria 11-ago, Barbin Lucia Margherita 08-mar, Barbini Livia 26-nov, Bardellotto Ida 04-feb, Bars Anna Luigia 09-feb, Basso Giuseppe 28-mar, Battaiotto Aurelia 08-ago, Battaiotto Carlo Enrico 14-set, Battaiotto Rachele 22-feb, Battistella Angelina Maria 14-nov, Battistella Anna Letizia 21-feb, Battistella Federico Giuseppe 12-set, Battistetti Carolina Maria 06-lug, Bergamo Mario 11-lug, Bergamo Vittorio Giovanni 29-ago, Bertoli Emma 27-lug, Bertoli Sante 09-apr, Bettin Angelo 11-set, Biancotto Antonio 07-nov, Biancotto Giovanni 15-dic, Biancotto Maria Luigia 18-lug, Biason Angela 03-ago, Biason Antonio Mario 14-ott, Biason Stella 23-apr, Bincoletto Angelo Carlo 04-set, Bincoletto Giovanna Maria 02-feb, Bincoletto Maria 25-mar, Bincoletto Maria Anna 13-nov, Biral Valentino 03-lug, Boccato Amelia 04-ott, Boccato Antonio Giuseppe 21-lug, Boccato Giovanni Maria 21-nov, Boccato Giuseppe 01-set, Boccato Teodolinda 20-gen, Boem Giovanni 26-lug, Boem Ida Catterina 17-apr, Boem Maria Teresa 15-ago, Boer Maria 05-mag, Boeretto Catterina Maria 04-dic, Boeretto Regina Teresa 14-gen, Bon Amedeo Luigi 10-mar, Bonadio Eugenio Guglielmo 05-mag, Bonadio Giuseppe Mario 23-lug, Bonetto Luigi Romeo 15-ott, Bonetto Maria Elena 10-mar, Bortelli Augusta 16-apr, Bortoletto Elvira 09-ago, Boscaro Vincenzo 27-mar, Boscoscuro Giovanni Antonio 16-ott, Botosso Attilio 03-set, Bottan Lucia 30-ago, Boz Giuseppe Policarpo 06-mar, Bragato Antonio 17-set, Brollo Giacomo Luigi 17-lug, Brollo Giovanna Maria 01-lug, Brollo Luigi Romeo 21-giu, Brollo Maria Linda 06-mag, Brollo Maria Virginia 17-mar, Brollo Teresa Maddalena 17-mar, Brussolo Ida 20-gen, Buziol Antonio 03-gen, Buziol Mario 02-apr.

Piazza Indipendenza in una cartolina viaggiata del 1900

C | Cadamuro Pietro 29-giu, Calino Luigi Marco 25-apr, Camillo Angela 04-ott, Camillo Emilia Maria 14-nov, Camolese Maria Regina 20-lug, Campaner Maria Luigia 28-dic, Canzian Maria Giuditta 08-dic, Capiotto Maria Cecilia 25-set, Carpenedo Augusto Giovanni 18-ago, Carpenedo Palmira Elvira 15-set, Carrer Angelo Antonio 13-set, Carrer Attilio Antonio 29-ago, Casagrande Ermenegildo 13-feb, Casonato Carolina 04-feb, Casonato Cunegonda Evellina Erminia 10-mar, Castagnotto Mario 07-nov, Celeghin Giovanna Luigia 24-ott, Celeghin Giovanni Amedeo 27-ago, Cibin Albina Angela 11-mag, Cibin Elvira Maria 13-feb, Cibin Giuseppina 22-feb, Cibin Maria Maddalena 19-mag, Cibin Sante Antonio 01-nov, Cibin Valentino 05-ago, Cibinetto Regina Elena 14-ago, Codognotto Giuseppe Costante 03-dic, Codognotto Maria Giulia 20-apr, Cola Angela 13-feb, Colosso Catterina 09-apr, Colosso Fioravante 07-mar, Comin Angela 28-giu, Comin Elisa Carolina 22-apr, Condio Maria 15-mar, Contarin Attilio Pietro 25-ago, Contarin Emilia Maria 19-mag, Contarin Luigi Massimo 16-mag, Conte Albina 27-mag, Conte Maria Domenica 08-giu, Conte Primo Nicola 04-dic, Conte Renzo Mario 06-mar, Conte Secondo Gabriele 04-dic, Conte Vallerio Domenico 11-feb, Conte Virginia 11-mar, Coppo Luigia 25-apr, Corazza Giovanni Germano 07-mar, Corazza Romano 20-lug, Costantin Luigi 21-feb, Cristofoletti Anna 16-ott, Crosera Carlo 14-lug, Crosera Elvira 17-ago, Crosera Elvira Pasqua 06-gen, Crosera Ernesto 14-lug, Crosera Pia 15-gen, Cuzzolin Lucia 17-nov, Cuzzolin Maddalena Teresa 14-mag.

Dettaglio di una cartolina a tre vedutine del 1900

D-E | Dalla Francesca Carolina 27-apr, Dalla Francesca Primo Attilio 24-ott, Damo Pietro Sperandio 12-set, Davanzo Amalia 16-ago, Davanzo Giuseppe Antonio 07-mag, Davanzo Luigi 16-ago, Davanzo Vincenzo 12-dic, De Bortoli Cosima Basilia 05-mar, De Bortoli Luigi 16-nov, De Conto Cecilia Elvira 31-mar, De Faveri Domenico 01-gen, De Faveri Luigi Carlo Giuseppe Antonio Maria 16-nov, De Nobili Anna Maddalena 22-lug, De Nobili Rosa Angela 30-apr, De Pieri Pietro 02-mar, De Stefani Umberto 25-mag, De Sutti Amalia 25-gen, Dedin Pierina Angela 29-giu, Del Negro Luigi Giuseppe 19-feb, Di Tos Luigi Giuseppe 14-ago, Dolce Giuseppe Antonio 07-set, Dolce Luigia 29-giu, Dolce Palmira Carolina 10-ago, Dolci Alberto 16-giu, Dorattiotto Giuseppina 05-lug, Ervas Carlo Alberto 13-feb.

F | Fagiotto Antonio 29-ago, Farnia Francesco Ferruccio 25-ott, Ferrarese Domenica 11-mar, Ferrazzo Angela 28-ago, Ferrazzo Antonio 19-apr, Ferrazzo Antonio Francesco 15-ago, Ferrazzo Ferdinando 05-set, Ferro Angelo Luigi 26-lug, Ferro Aurelia Maria 27-ott, Ferro Pietro Grisante 05-dic, Finotto Aurelia 14-lug, Finotto Guido Giuseppe 05-dic, Finotto Italia 19-dic, Finti Scipione Romano 25-set, Firotto Valentino Luigi 22-feb, Franzin Maria Angela 26-mar, Frasson Giorgio 16-ott, Frasson Ida 02-lug, Frasson Virginia 12-nov, Fregonese Antonio Luigi 02-apr, Fregonese Luigi 04-mag, Fumei Giovanna 06-feb, Furlan Luigi 10-nov, Furlan Vincenzo 31-mar, Fuser Federico 09-gen.

Il ponte sul Piave in una cartolina viaggiata del 1900

G | Gaiatto Oreste Vittorio Mario 14-apr, Gaiotto Luigi 30-apr, Galletti Angelino 24-lug, Gambarotto Francesco Luigi 20-giu, Gamberi Amelia 04-lug, Gambino Antonia 03-apr, Gerotto Guido Pietro 05-mag, Giacomel Angelo 26-apr, Giacomel Bernardo Romano 19-dic, Giacomel Rosa 27-giu, Giacomel Silvio 26-apr, Girardi Gelinda 23-apr, Girardi Giuseppina Enrica Luigia 24-ago, Girardi Maria 04-mag, Girotto Amelia 08-lug, Giusto Aurelia 18-lug, Giusto Italia Maria 05-mar, Gnes Luigi 25-ott, Grandini Giuseppe 14-ago, Granzotto Fioravante 04-ott, Granzotto Lucia 23-mar, Guerrato Benedetto Pietro 20-ago, Guerrato Maria 11-lug, Guiotto Arturo Augusto 19-feb, Guiotto Giuseppe 18-mar.

I-L | Ippona Elisabetta 16-ott, Iseppi Guglielmo Francesco 15-mar, Lazzarini Luigi 02-ott, Leonardi Margherita 29-lug.

M | Manfrè Irene 19-ott, Manfrè Marianna 10-giu, Manfrè Mario 04-giu, Manzato Elisa 07-giu, Manzato Maria Regina 23-set, Marcassa Fortunata Maria 23-mar, Marchese Luigi 16-apr, Mardegan Amedeo 12-gen, Marian Adda Maria 27-ago, Marian Carolina Marianna 05-lug, Marigonda Luigi 18-feb, Marin Maria 12-giu, Marin Virginia 01-dic, Mariuzzo Luigi 19-ott, Mariuzzo Vincenzo 04-mag, Mariuzzo Vittorio Tiziano 16-apr, Mariuzzo Vittorio Tiziano 28-ott, Martinel Giacinto 11-gen, Masarin Pietro Vittorio 29-giu, Maschietto Antonio 18-dic, Maschietto Mario Italico 11-mag, Maschietto Pietro 08-mag, Masiero Umberto Primo 09-ago, Mattiuzzo Giuseppe 12-feb, Mattiuzzo Sante 29-mar, Mattiuzzo Sebastiano Albino 21-ago, Mazzariol Giuseppe 13-gen, Menazza Emilia Angela 18-mar, Menazza Mario Antonio 13-giu, Menegaldo Anna Amabile 02-mar, Mengo Anna Antonia 17-gen, Mengo Maria Amelia 21-lug, Mengo Umberto 31-lug, Mestre Italiano 24-giu, Mignardi Rosa 26-mar, Milani Bruno Mario 30-ago, Miotto Giovanni Primo 01-giu, Montagner Anna Teresa 05-dic, Montagner Carlotta Teresa 06-ago, Montagner Emma 16-nov, Montagner Giovanni 22-set, Montagner Giuseppe Germano 22-set, Monti Margherita Teresa 14-nov, Montino Alberto 02-ago, Montino Giovanni 21-giu, Moretto Italia Emilia 10-feb, Moretto Maria Italia 20-apr, Mucelli Vittorio 17-ago, Murer Ida Catterina 14-apr, Mutton Antonio Sebastiano 20-gen, Mutton Luca Pietro 27-giu.

La prima pagina del Registro degli atti di nascita del 1900 a San Donà di Piave

N-O | Nan Virginia 25-gen, Nardini Emilia 19-mag, Negro Antonia Maria 02-dic, Novello Teresa 28-dic, Olivo Maria Adele 10-nov, Ongaretto Alberto 07-nov, Onor Tiziano Donato Liberale 11-ott, Orlando Aldo 21-gen, Orlando Antonio Luigi 12-ago, Orlando Biagio Aurelio 03-feb, Orlando Ida Emilia 17-nov, Orlando Luigi 08-ago, Orlando Massimo 03-ago, Orlando Onorina Maria 14-giu, Ortolan Teresa 28-feb.

P-Q | Padoan Guido Umberto 18-ago, Padoan Maria 04-apr, Papa Irma Giuseppina 04-giu, Paro Elisa Maria 07-mar, Pasian Luciano Antonio 20-set, Pasin Maria Giovanna 19-feb, Pasin Umberto 23-set, Pasini Giovanni 17-apr, Pasqual Luigi Antonio 19-giu, Pasquotto Carlo Sante 14-set, Passador Maria Anna 31-ago, Passador Vittorio 15-ago, Pavan Carlo Benedetto 02-mag, Pavan Luigi Giuseppe 29-set, Pavan Maria Luigia 12-gen, Pavan Pietro 27-giu, Pavan Rosa 02-giu, Pavanel Luigi 07-apr, Pavanetto Antonio Emilio 12-nov, Pavanetto Giovanni 20-ago, Pavanetto Velleda Angela 15-set, Pellizzer Pietro 26-giu, Peretti Maria 19-mar, Perissinotto Anna 25-feb, Perissinotto Antonia 08-nov, Perissinotto Editta Marianna 30-ago, Perissinotto Elisabetta 31-mag, Perissinotto Ferdinando 15-ago, Perissinotto Lorenzo 21-ago, Perissotto Attilio Angelo 23-ott, Perissotto Maria Angela 17-lug, Picchetti Antonio 08-apr, Picchetti Giuseppe Vittorio 01-nov, Pinel Lucia 23-dic, Piovesan Giovanni 17-nov, Poletto Antonio Giovanni 06-nov, Prata Angelo 03-apr, Quintavalle Luigi 13-dic, Quintavalle Luigi Giovanni 24-ott.

R | Redigolo Amalia 08-gen, Redigolo Mario Carlo 23-gen, Regazzo Luigi 15-lug, Rizzetto Amelia Maria 13-set, Rizzetto Fioravante 27-gen, Rizzetto Giovanni Luigi 24-nov, Rizzetto Rocco Agostino 16-ago, Rocco Maria Virginia 04-nov, Rorato Antonio Angelo 12-gen, Rorato Emma 29-lug, Rorato Giovanni Maria 03-giu, Rorato Regina 28-gen, Rorato Virginia 03-ott, Rossetto Luigia 20-nov, Rossi Giovanni 16-mag, Rossi Luigia Antonia Maria Anna 27-giu, Rossi Maria Amalia 11-lug, Rotondi Antonio 23-mar, Rozzino Attilio Silvio 07-mar, Rozzino Ines 18-ago, Rozzino Primo Giovanni 02-gen, Rui Elisa Luigia 23-ott.

S | Saccaro Giambattista 02-giu, Salmasi Giovanni 06-giu, Santon Giorgio 04-mag, Sari Elisabetta 24-mag, Sartor Maria Clorinda 13-ago, Sartori Luigi Carlo 13-gen, Scalon Emilio 19-lug, Scalon Giuseppina Maria 05-mar, Scarabel Luigi Giovanni 25-apr, Secco Emilio 27-giu, Secco Giuseppe 14-apr, Segatto Maria Luigia 21-set, Sforzin Giuseppe 05-apr, Sgardoli Anna Maria 12-apr, Sicilotto Antonio 14-lug, Silvestri Gino Silvio 02-apr. (da registro allegati), Simonet Giovanni Mario 16-ago, Smeazzetto Pietro 01-lug, Sorgon Angelo 12-ott, Sorgon Giovanni 01-set, Sorgon Maria Catterina 07-giu, Spinazzè Guido Antonio 01-giu, Stefanel Gelmida 24-apr, Stefanetto Guido 01-set, Stefanetto Vittorio 25-feb, Stefenel Gelmida Regina 12-set, Stringhetta Silvia Palmira 11-mar, Striuli Angela Maria 18-mar, Striuli Luigi Antonio 16-feb, Striuli Maria Teresa 18-mar.

Dettaglio di una cartolina a tre vedutine di San Donà del 1900

T | Taffon Pietro 21-mar, Talon Giovanna 01-apr, Tardivo Iris 04-ago, Tonon Angelina Maria 01-ago, Tonon Elvira Maria 26-mar, Tonon Giuseppe 24-nov, Tonon Ida 18-set, Tonon Luigia 18-set, Trentin Antonio Secondo 02-gen, Trevisan Alba 12-lug, Trevisan Alessandro 14-mar, Trevisan Assunta Catterina 29-ott, Trevisan Emilio 26-ago, Trevisan Federico 21-ott, Trevisiol Antonio 16-feb, Trevisiol Attilio Giovanni 06-set, Trevisiol Giovanni 13-lug, Trevisiol Giuseppe 21-feb, Trevisiol Maria Marianna 23-giu, Trionfini Marcello Beniamino Fortunato 07-feb, Tuis Emilia 27-giu, Tuis Rosa 18-mar, Tuissi Jubia 26-set, Turchetto Giovanni 23-gen, Turchetto Primo 07-apr, Turchetto Teresa 07-apr.

U-V | Urlando Luigia 29-ago, Vallese Assunta Elvira 30-mag, Vallese Elvira 10-ago, Vallese Luigia 25-feb, Vallese Mario Angelo 16-mar, Vallese Pietro 07-giu, Vespri Maria 15-nov, Vidussi Lucia Anna Silvia 26-feb, Visentin Antonia Gioconda 15-ago, Visentin Luigi 25-giu, Visentin Mario Francesco 19-nov.

Z | Zago Oreste Attilio 21-mag, Zamuner Maria Maddalena 24-mar, Zanchetta Giovanni 18-mar, Zanchetta Giovanni 30-nov, Zanchetta Romeo 14-lug, Zanchetta Rosa 08-nov, Zanco Luigi 02-giu, Zanet Maria Luigia 20-feb, Zanetti Domenico 11-gen, Zanetti Giorgia Elvira 24-giu, Zanin Anna Maria 09-nov, Zanin Giovanni 21-lug, Zanin Italia Maria Emilia 02-giu, Zanutel Martina 30-lug, Zanutto Antonio Mario Erminio 24-mar, Zanutto Domenico 09-ago, Zanutto Silvio Antonio Girolamo Pietro 13-giu, Zanutto Virginia 24-mag, Zaramella Ada Maria 17-gen, Zecchin Leandro Amedeo 10-feb, Zorzetto Antonio Giovanni Maria 03-giu, Zorzetto Luigi Giuseppe 12-nov, Zorzetto Teresa 05-set, Zottarel Giuseppe 22-mag, Zottino Amedeo Arnaldo 27-mar, Zottino Giuseppe 04-feb, Zottino Pietro 10-nov, Zottino Stella 29-apr, Zuccon Virginia 17-mag.

L’elenco dei nati del 1900 come appare nel riepilogo del Registro degli atti di nascita

L’inaugurazione del Monumento dedicato a Giannino Ancillotto

L’inaugurazione del Monumento dedicato a Giannino Ancillotto

Il 15 novembre 1931 venne inaugurato il Monumento dedicato a Giannino Ancillotto. Quel giorno San Donà di Piave venne citata in tanti giornali dell’epoca, se l’articolo del Gazzettino lo si trova sul libro di Chiara Polita e ampi stralci di quello del Corriere della Sera sul libro di Guido Mattioli, noi cerchiamo di completare il racconto di quella giornata con quello apparso sulla Gazzetta di Venezia.

Il titolo in prima pagina della “Gazzetta di Venezia” del 16 novembre 1931 relativo all’inaugurazione del Monumento dedicato a Giannino Ancillotto
Il significato di un rito

Una cartolina di Piazza Indipendenza dopo l’inaugurazione del Palazzo dei Consorzi Riuniti (1929)

Per volere unanime della Nazione, inaugurandosi ieri un monumento ad un soldato che seppe con il disprezzo del pericolo e con la fede inestinguibile, illuminare la sua vita della luce imperitura dell’eroismo, ancora una volta un simbolo è assurto a espressione della storia del nostro popolo guerriero. A chi non è stato fra coloro che ieri mattina nella piazza Indipendenza di San Donà di Piave hanno assistiti alla cerimonia semplice e austera, le parole possono sembrare vieta retorica priva d’ogni qualsiasi contenuto spirituale; ma è innegabile che erigendo un simbolico monumento a Giannino Ancillotto ieri, non il suo tormentato paese solo, ma la sua Patria intera vi si è raccolta intorno ad insegnare ai cittadini ed ai soldati d’Italia di oggi e di tutti i tempi che la Patria è una realtà ideale più forte, più alta e più esigente di tutte le avversità, di ogni idea, di ogni altro diritto di uomo.

 Chi ha saputo rievocare entro di sé l’attimo eroico della impresa leggendaria dell’aviatore giovanetto e chi si è visto d’intorno il popolo commosso ed ha sentito le sue ingenue narrazioni sull’opera di quel soldato votato alla Patria, ha visto sorgere intorno a lui una leggenda che si tramanderà sempre più ricca, sempre più fiorita ad esaltare il valore del soldato italiano attraverso l’eroismo di un solo soldato.

Giannino Ancillotto

 Per il popolo che aveva saputo creare in sé stesso tali leggende, gli eroi antichi erano divenuti simboli e la sua forza militare era accresciuta, il senso della patria era divenuto augusto, divino, e il sacrificio del singolo per la salvezza della nazione, un imperioso comando interiore.

Se la grandezza della patria era voluta, accresciuta e difesa dalla consapevole audacia e accortezza dei governanti era solo con il popolo reso in tal modo moralmente forte alla lotta che ogni sacrificio diveniva un dovere imposto dalla tradizione nazionale impersonata dai leggendari eroi.

Oggi, nel laborioso travaglio, non ancora centenario, chi ha fatto della penisola divisa l’Italia, la mistica antica della patria e quella moderna, gli eroi antichi e gli eroi nuovi si fondono in varia misura nel sentimento nazionale degli italiani, formandolo e accrescendolo, rendendoli capaci di intendere la voce della Patria, di interpretarla come il comando più alto di tutti i comandi.

Ma, per il popolo specialmente la glorificazione degli eroi nuovi rinnova in lui la sua necessariamente limitata esperienza storica chi è connessa esclusivamente a episodi gloriosi, a fatti e figure isolate e indefinite; e, proprio per questo, sfumanti in una aureola di leggenda inspiratrice di nuovi eroismi e di rinnovati sacrifici.

Ai suoi vecchi eroi del risorgimento, alla schiera immane degli eroi di tutte le rivoluzioni, di tutte le guerre, si sono uniti, eredi e partecipi della stessa leggendaria gloria, gli eroi ultimi della guerra di Vittorio Veneto e della rivoluzione. Una nuova epopea s’è formata attraverso la narrazione popolare: ogni arma, ogni terra, ogni mare, ogni cielo, ognuna delle specialità dell’esercito, hanno in lui il loro simbolo, “bandiera vivente” agitata alta sopra le infinite miserie, sopra le caduche soddisfazioni della sua vita, a tener viva la fede nell’ideale, a tramandarla accresciuta di nuova significativa poesia.

Una delle opere d’arte sulla guerra che vennero in occasione di un concorso indetto da sua Maestà la Regina Elena nel 1934, fu dedicata a Giannino Ancillotto. Qui la riproduzione in cartolina

Come in antico, così oggi. La retorica e fugata dall’impeto irrefrenabile dell’inesausto spirito di dedizione alla causa nazionale.

Ieri, attorno al monumento di improvviso scoperto, uomini che vissero l’infuocate ore di guerra e giovani appena affacciati alla vita si accumunano nella stessa riverente commozione che faceva loro chinare la testa: trascorreva nel loro cuore lo spirito eroico che animava i patrioti antichi e recenti, noti ed ignoti.

Questo è avvenuto nel nome dell’eroe Giannino Ancillotto: personificazione della giovinezza che sa “gettare l’anima oltre l’ultimo ostacolo” con la ferma volontà, con l’ardire freddamente calcolato.

Il Ministro, giovane e ardito, dell’arma che non vuol conoscere nessuna ultima meta, il rappresentante di un Rinnovatore e di una idea politica, hanno con la loro augusta presenza consacrata la leggenda del giovane eroe, hanno gridata la sua parola di sfida a “quella cosa ammirevole che è la vita”.

Un monumento simbolico e il nome di un soldato diranno nel tempo che gli ostacoli si possono disperdere per lasciar libero il volo all’aquila italiana.

L’imponente cerimonia

15 novembre 1931 L’inaugurazione del Monumento a Giannino Ancillotto in una cartolina dell’epoca

Nella piazza maggiore di San Donà di Piave, per tutte le vie larghe e luminose, sin dalla mattina il popolo affluì da ogni località vicina e lontana: attorno al monumento, nascosto da un drappo bianco, la folla si è addensata via via più numerosa, più curiosa, continuamente ricordando i particolari delle imprese dell’eroe che si era per glorificare.

E quando i soldati, le rappresentanze, si cominciarono ad allineare limiti della vasta piazza, quando fanfare bandiere, schiere di giovani fascisti diedero al paese festante un aspetto ancor più movimentato e il continuo sopravvenire delle automobili, procedenti lenti e strombettanti attraverso la calca poco intontita dall’insolito intensificarsi del traffico, resero l’attesa più acuta, San Donà cominciò a vivere come forse non aveva mai vissuto, tumultuosamente.  

Nel palazzo della Podesteria gli infaticabili organizzatori delle cerimonie verificavano sull’eseguirsi degli ordini impartiti, e poco prima delle 9 e 30 si recavano alla stazione, assieme alle numerose autorità, giunte da tutte le province limitrofe, a ricevere Italo Balbo, Ministro dell’Aria e Quadrumviro della Rivoluzione.

Quando il Ministro scende dal vagoncino speciale con il quale ha viaggiato tutta la notte proveniente da Roma, gli si fanno incontro ad ossequiarlo S.E. Giovanni Giuriati Segretario del Partito, il prefetto Gianni Bianchetti, il gen. Opizzi, comandante della II Zona Aerea, l’on. Marcello Diaz duca della Vittoria e Presidente dell’Aereo Club d’Italia, il Segretario Federale avv. Giorgio Suppiej, l’on. Domenico Giuriati, il segretario politico di San Donà, il podestà di San Donà, comm. Costante Bortolotto e molte altre autorità che gli vengono presentate.

Subito dopo, formatosi un corteo di automobili, tutte le personalità ed autorità di recano al Municipio. Il popolo plaudente fa ala al passaggio, mentre nelle sale del palazzo vengono presentate ai Ministri le autorità.

L’inaugurazione del Monumento a Giannino Ancillotto in una immagine apparsa su “L’Illustrazione Italiana” del 22 novembre 1931
La folla delle autorità

Fra esse abbiamo notato: il senatore Miari de’ Cumani, il generale Francavilla in rappresentanza del Corpo d’Armata di Trieste e quale comandante la Divisione di Trieste, il vice Podestà di Venezia, Dr. Valtorta per il Podestà Dr. Alverà, l’on.Chiarelli Podestà di Treviso, l’ing. Castiglioni Segretario Federale di Treviso, la Medaglia d’oro colonello Esposito comandante del 56. Fanteria anche in rappresentanza del Gruppo Medaglie d’oro, le Medaglie d’Oro Cà Bruna e De Carli, il generale Briscolo comandante la zona Aerea di Ferrara, il Console Sebastianelli comandante la 49. Legione M.V.S.N., il comm. Garioni Preside della Provincia con il vice Preside Cà Zorzi, il vice questore comm. Rendina per il Questore comm. Corrado, il comm. Valgoi Capo del Compartimento delle ferrovie dello Satto, il magg. Vincitorio per il comando del 71. Fanteria con numerosi ufficiali, il console Felici della Milizia Forestale, il col. Avv. Lanza capogruppo dell’Unione Ufficiali in congedo con il tenente Médail, l’ing. Venturini Presidente dell’Aereo Club “G. Ancillotto” di Venezia con il signor Ruffini, il Dr. Morandi della Transadriatica, il Comm. Giuseppe Bortolotto presidente dei Consorzi di Bonifica, il prof. Bertotto per il Provveditorato agli studi, il gr. uff. Miliani Pres. Del Magistrato alle Acque, il colonnello Campi, comandante la Legione dei Carabinieri, il commendatore Bissi dei Sindacati dell’industria, il comm. Pittori segretario di S.E. Giuriati, la contessa Elti di Rodeano per le Madri e Vedove di guerra, l’ing. Petrioli per la Telve, l’ing. Mazza presidente dei Combattenti trevisani, mons. Luigi Saretta Arciprete di San Donà, Comm. Costante Bortolotto podestà di San Donà con i vice podestà De Faveri e Fornasari.

L’inaugurazione del Monumento dedicato a Giannino Ancillotto (tratta dal “Gazzettino Illustrato” del 22 novembre 1931)

Nella vasta piazza si notavano le rappresentanze del Moto Club Giannino Ancillotto di Venezia, l’associazione dei cavalleggeri del Veneto Orientale, il Club Ciclistico del Basso Piave, la Società Finanzieri in congedo, la Società di Mutuo Soccorso di San Donà, i fasci giovanili di San Donà, di San Michele del Quarto, di Venezia, di Treviso, di Mestre, di Fossalta, di Portogruaro e di tutti i paesi viciniori, i Guf di San Donà e di Portogruaro, un plotone e la Fanfara del 71. Fanteria, quella di San Donà, un plotone della 49. Legione della Milizia, un plotone della 7. Legione di Finanza, un plotone d’onore dei Carabinieri, la Associazione delle Madri e Vedove dei Caduti in guerra di San Donà e paesi vicini, il Nastro azzurro di Portogruaro, gli Ufficiali in congedo di Treviso, scolari e scolarette delle Scuole del paese; un gruppo di fascisti delle provincie di Venezia e Treviso. Dietro ai cordono ed alle rappresentanze si assiepava il popolo quanto mai numeroso.

Il monumento dedicato ad Giannino Ancillotto dopo l’inaugurazione in una cartolina viaggiata del 1932

Sono le 10 quando il corteo delle autorità scende nella piazza e, attraverso due ali di rappresentanze di associazioni combattentistiche convenute da tutta la provincia, di fascisti e di armati, sale sul palco eretto alla sinistra del monumento. Quando gli evviva e gli alalà sono cessati, uno squillo di tromba stabilisce un profondo silenzio: autorità, soldati e popolo son tutti fissi al Monumento che, alle prime note della Marcia Reale viene scoperto.

Il monumento, ideato dall’architetto romano Pietro Lombardi, e opera dello scultore Attilio Valdinucci pure di Roma per la parte architettonica e per quella scultorea dello scultore Alberto Felci, romano.

Con audace stilizzazione il grande monumento rappresenta schematicamente; un velìvolo dalle ali ripiegate all’indietro ad esprimere l’atteggiamento ancora aggressivo di un rapace ferito a morte ma non domo: dove il pilota dovrebbe dominare con la testa i venti, una colonna mozza di granito grigio che già vide l’era romana.

Le ali sono solcate da bassorilievi: sei teste d’aquila pronte a ghermire; sulla fusoliera sono scolpiti efficacemente i brandelli di tela che rimasero impigliati al veivolo nella impresa che più trasporta il suo nome nel campo della leggenda.

Il discorso di Monsignor Saretta

Monsignor Luigi Saretta, Arciprete di San Donà, assistito dal Clero, benedice il Monumento. Subito dopo il valoroso sacerdote sale sul palco pronunciando questo discorso: « Sono lieto, e vorrei dire fiero, che sia stato concesso a me di benedire il Monumento che la Patria ha eretto ad uno dei suoi figli più degni, gloria purissima di questa terra. Voi siete venuti per un tributo di gloria che esalta l’anima di questa gente del Piave. Giannino Ancillotto!

La benedizione di Monsignor Saretta al Monumento dedicato a Giannino Ancillotto nel giorno dell’inaugurazione

Non spetta a me celebrare le epiche gesta del leggendario Pilota, del quale si potrebbe cantare quel poeta: «Applaudi, Italia, attonita al Volator Naviglio!»

Ricordo solo che, durante l’invasione austriaca, un giorno, fui chiamato al Comando austriaco, il quale voleva conoscere quali fossero le case ed i campi di Giannino Ancillotto. Evidentemente questo nome recava fastidio al nemico. Si voleva forse commettere qualche rappresaglia ai suoi danni. Risposi evasivamente: Giannino Ancillotto volava allora sui cieli profanati dall’invasore!

Oggi Giannino Ancillotto è ancora qui! Il suo spirito eletto aleggia sopra di noi. Egli ci sorride col suo mite profondo sorriso. Cresciuto alla scuola della fede e della Patria, Giannino Ancillotto, che, pochi giorni prima della tragica fine, alla sua madre confidava i segreti della sua vita di credente, oggi ne son certo, esulta nel vedere consacrato dalla religione il Monumento della sua grandezza e della sua gloria, che non morrà.

Egli è qui: non più a gettar fulmini di guerra sulla casa paterna trasformata in Comando Austriaco, ma liberato « sugli aligeri scafi, dello spirito immortale» quale colomba dal desio chiamato con l’ali aperte e ferme al dolce nido. »

Il Monumento dedicato a Giannino Ancillotto in una cartolina degli anni Trenta, l’area circostante era prossima ad essere recintata

Egli è qui per ricordare a tutti specialmente ai giovani, che la virtù trova nei cieli una imperitura corona di gloria e un monumento nel cuore di tutti gli uomini.

Eccellenze, come sacerdote di Cristo che ha vissuto tutta la passione di San Donà di Piave, qui, davanti al Monumento che narrerà alle generazioni venture il nome e le gesta del fanciullo meraviglioso; qui, a pochi passi dal Monumento che ricorda i nomi dei nostri fratelli che hanno dato la giovinezza, il sangue e la vita per la libertà della Patria; qui vicino alle sponde del Fiume Sacro, davanti alle alte gerarchie dello Stato, prometto che quella voce, quella parola, sarà sacra come un testamento: il testamento, il patto della grandezza, della gloria, della prosperità della Patria ».

L’invocazione appassionata dell’Arciprete riscuote l’applauso della folla, mentre i Ministri e le autorità si congratulano con lui. 

Subito dopo l’on. Marcello Diaz, nella sua qualità di presidente dell’Aereo Club Italiano consegna il monumento al Podestà, ricordando come l’eroismo di Giannino Ancillotto sia ricordo sempre vivo nell’animo degli aviatori italiani e come il suo esempio sia una forza che li spinge a tutto osare.

Il Podestà dott. Costante Bortolotto prende subito dopo la parola assicurando che il Monumento donato per sottoscrizione Nazionale sotto gli auspici dell’Aereo Club d’Italia a San Donà di Piave, non ricorderà solo il vanto della cittadina d’aver dato i natali a tanto Eroe, ma anche, spronerà le generazioni future ad essere sempre degni della Patria.

L’orazione di Balbo

Dopo gli applausi con i quali il popolo di San Donà conferma la promessa del suo rappresentante, si fa innanzi Italo Balbo che, accolto da vibranti alalà, dice che gli aviatori d’Italia, quelli della guerra e quelli della pace, sono tutti presenti a questo rito che in Giannino Ancillotto esalta l’ala indomata della Patria guerriera.

Il Ministro Italo Baldo durante l’orazione all’Inaugurazione del Monumento a Giannino Ancillotto, alla sua destra l’avv. Giovanni Giurati e il Podestà Bortolotto, alla sua sinistra Monsignor Saretta

Con efficace improvvisazione, il ministro soggiunge che nei campi della Penisola ed oltremare, dai quali le aquile spiccano ogni giorno il volo, anche per quelli che non hanno ritorno, la vita oggi si ferma per un minuto di raccoglimento. E non si è ancora spento nell’aria il rombo del suo motore e l’aria è ancora smossa dal frullio delle eliche, che la figura leggendaria dell’Eroe appare all’occhio del pilota, usata a scrutare gli spazi infiniti, ingigantita: egli è tutt’uno col suo piccolo apparecchio ed ha per sfondo l’aria infuocata dalla grande impresa; brandelli di tela bruciacchiata pendono ancora ai tiranti dando la misura dell’impresa titanica.

E allora ogni uomo che vede si inginocchia davanti al prodigio e trae auspici per le vittorie dell’Italia nei cieli. Giannino Ancillotto è un monumento che dice ai giovani che sopravvengono come tutto sia possibile osare per chi ha grande fede nel cuore e la pone al servizio di un grande ideale; nulla è impossibile per chi vola e combatte per l’Italia.

Giannino Ancillotto non è un Eroe morto, ma una bandiera vivente nelle cui pieghe noi affidiamo il nostro destino perché Egli lo sospinga sempre più in alto e più lontano, perché porti il tricolore e il segno del Littorio, perché divenga sempre più potente, più forte e più temuto.

Un lungo applauso interrompe il Ministro dell’Aria il quale, con grande forza, afferma che di fronte a questo monumento, che esalta il camerata e l’Italiano, le parole non sono adatte per chi ha l’onore di rappresentare coloro che più degli altri operano in silenzio; gli aviatori d’Italia.

La contessa Corinna Ancillotto con accanto l’avv. Giovanni Giuriati e il Ministro Italo Balbo

Ma una suprema invocazione egli lancia che gli sale dal cuore come una promessa è come un giuramento: « Giannino Ancillotto, aquila dell’artiglio invincibile, ala temprata nel fuoco, i tuoi compagni promettono di disprezzare quella cosa miserevole che è la vita per fare sì che sull’ala d’Italia risplenda sempre quella luce di gloria che tu le hai donata”.  

Tutto il popolo grida al Ministro che il giuramento è confidato al suo cuore inneggiando all’Italia e ai suoi capi sventola i gagliardetti e lancia ripetuti alalà; un manipolo di giovani fascisti grida in cadenza il nome del Duce.

Il generale Balbo, seguito dalle autorità passa poi in rivista le forze fasciste schierate ai lati della piazza soffermandosi dinanzi ad un plotone di sottotenenti della I. brigata aerea di Ferrara; poi, con a lato S.E. Giuriati, il gr. uff. Bianchetti, fra due siepi di gagliardetti e di bandiere, risale in Municipio, ove, a cura del Comune, è offerto un breve rinfresco.

Il Monumento a Giannino Ancillotto nella seconda metà degli anni Trenta

Dopo pochi minuti di affabile conversazione con i presenti, accompagnato da S.E. Giuriati e dalle principali autorità militari civili si reca ad ossequiare la contessa Ancilotto.

Prima di mezzodì S.E. Balbo ripartiva per San Giuliano ospite di S.E. Giovanni Giuriati; nelle prime ore del pomeriggio lasciava Venezia da Fusina per recarsi a Padova ad inaugurare la lapide all’aviatore sportivo padovano Giovanni Monti.

Tra le moltissime adesioni e telegrammi pervenuti al Podestà sono da segnalare: S.E. Ciano, S.E. Acerbo, S.E. il patriarca di Venezia, la mamma di Filzi, la mamma di Damiano Chiesa, l’ammiraglio Fiorese, i Senatori: Sandrini e Cian, i generali medaglia d’oro Vaccari, Gonzaga, il generale Taranto, il Podestà di Venezia, il Generale del Corpo d’Armata di Udine, S.E. Mattioli, l’on. Cesareni Podestà di Caravaggio dove perì l’Eroico Aviatore Ancillotto, i combattenti, Fascio di Caravaggio, il Governatore di Roma, il Sen. Concini ecc. ecc.

Il Monumento a Giannino Ancillotto nella nuova collocazione all’interno di Piazza Indipendenza avvenuta nel 2012

Prima parte: Il Monumento dedicato a Giannino Ancillotto, verso l’inaugurazione; seconda parte: L’inaugurazione del Monumento dedicato a Giannino Ancillotto

Per approfondimenti: 1. “Il monumento all’aviatore Giannino Ancillotto (1896-1924)” di Chiara Polita (Tipolitografia Colorama, 2010); 2. “Giannino Ancillotto” di Guido Mattioli (Editrice “L’Aviazione”, Tipografia S.A.I.G.E., Roma, 1934); 3. “Giannino Ancillotto, un eroe sandonatese” di Marino Perissinotto (Museo della Bonifica, San Donà di Piave, 1995); 4. “Il disegno della città tra utopia e realizzazione” di Dino Casagrande e Giacomo Carletto (Tipolitigrafia Colorama, 2002); 5. Archivio Radio Sandonà, trasmissione “Overbooking” Presentazione del libro di Chiara Polita”Il monumento all’aviatore Giannino Ancillotto (1896-1924)”; 6. Archivio “La Gazzetta di Venezia”.

Il Monumento dedicato a Giannino Ancillotto, verso l’inaugurazione

Il Monumento dedicato a Giannino Ancillotto, verso l’inaugurazione

Nel novembre 1931 venne inaugurato in Piazza Indipendenza il Monumento a ricordo dell’Eroe Giannino Ancillotto. Fu un avvenimento di portata nazionale che vide giungere a San Donà il Ministro dell’Aria Italo Balbo e il Segretario Nazionale del Partito Fascista Giovanni Giuriati. Molte delle vicende relative al Monumento sono raccontate nel libro di Chiara Polita “Il Monumento all’aviatore Giannino Ancillotto” del 2010, oggi aggiungiamo la parte tratta dalle pagine della Gazzetta di Venezia che dividiamo in due parti: i preparativi dell’inaugurazione e la giornata dell’inaugurazione.

La morte dell’eroe

Giannino Ancillotto di fronte al suo aereo ancora con i brandelli del draken abbattuto

La morte improvvisa di Giannino Ancillotto avvenuta il 18 ottobre 1924 è di quelle le cui modalità lasciano attoniti, anche se in linea con chi la vita l’ha sempre presa di petto. L’eroe dell’aria in periodo di guerra, colui che raggiunse poi D’Annunzio a Fiume e che divenne in epoca di pace pioniere dell’aereonautica con le sue trasvolate, morì a causa di un’uscita di strada con la sua fuoriserie nei pressi di Caravaggio, di ritorno da Torino e diretto verso San Donà dove si sarebbe dovuto tenere il giorno dopo un raduno delle medaglie d’oro. La San Donà che stava rinascendo dopo le terribili distruzioni della guerra fu costretta ad accompagnare nel suo ultimo viaggio il suo figlio più famoso.

I funerali nella sua San Donà di Piave

Il corteo funebre che si muove dal Municipio

Così racconta il funerale Guido Mattioli nel suo libro dedicato a Giannino Ancillotto: « La salma di Giannino Ancillotto, deposta sino da lunedì mattina 20 ottobre nella camera ardente preparata nella sala delle adunanze consigliari al Municipio, ebbe per tutta la giornata l’omaggio reverente di cittadini e autorità. Gente d’ogni condizione riempì di firme il registro collocato nel Municipio. Prime fra tutti le centocinquanta medaglie d’oro ospiti di San Donà nella notte dalla domenica al lunedì, lasciarono su quel foglio prima della loro partenza per Redipuglia, un attestato di affetto verso il compagno. Poi la casa municipale fu continuamente la meta di un vero pellegrinaggio: alla sera del lunedì più di settemila persone avevano adempiuto il pietoso omaggio. Gruppi numerosissimi di coloni dipendenti dalle aziende agricole della famiglia Ancillotto arrivarono dai paesi contermini a San Donà di Piave per la cerimonia funebre, che si svolse il giorno dopo al mattino con un concorso enorme di folla, di rappresentanze militari, civili e politiche e di cittadini, convenuti da ogni parte.

La commozione delle esequie

Una veduta aerea di San Donà durante i funerali di Giannino Ancillotto

Continua Mattioli: «…In mezzo alla solennità del rito religioso svoltosi fra le colonne del Duomo parate a lutto, e la commozione muta del popolo al duplice passaggio del corteo funebre lungo la via principale della città, e il balenare delle gloriose bandiere, un’ondata incredibile di fiori accompagnò l’affusto di cannone, la cassa, la sciabola e la sciarpa azzurra, le medaglie e le decorazioni, lucenti simboli di travaglio eroico: fiori gettano le fanciulle sul selciato per addolcire al dormiente l’urto delle ruote, fiori cadono dalle finestre socchiuse, fiori piovono da apparecchi SPA e SVA volanti a bassissima quota. Istintivo, tacito, concordi in tutti questo stimolo ad un omaggio floreale; perchè nei fiori vi è il senso dell’alba, della purezza; e la giovinezza di Giannino Ancillotto, da poco passata come una radiosa ora mattutina, solo così si poteva degnamente commemorare. »

L’orazione funebre della M.O.V.M. Locatelli ai funerali di Giannino Ancillotto (immagine tratta dal libro “Giannino Ancillotto” di Marino Perissinotto)

Il ricordo dell’Eroe

Sin da subito i suoi concittadini si mobilitarono per ricordarlo al meglio. Gli fu dedicata una via, quella che ancor oggi conduce da piazza IV novembre sin dinanzi al Duomo, e lungo la quale da sempre vi è anche il teatro cittadino. Come seconda intenzione vi era di ricordarlo con una lapide marmorea sul muro del Municipio, idea che fu poi accantonata per abbracciare il progetto dell’Aereo Club Italia che volle promuovere a livello nazionale la costruzione di un monumento a San Donà con una raccolta fondi per supportarlo. Si costituirono anche dei Comitati per portare a buon fine l’ambizioso intendimento coinvolgendo anche importanti esponenti politici a livello nazionale. Ci vollero però anni per affinare il progetto tanto che nel mentre il Comune di San Donà stava progettando per Piazza Indipendenza una fontana monumentale. Poi nel 1930 arrivò la svolta e su impulso dello stesso Italo Balbo iniziò la progettazione del Monumento da parte dell’architetto Pietro Lombardi.

Piazza Indipendenza ancora priva del grande monumento

La costruzione del Monumento

Anche la costruzione del Monumento non fu per nulla semplice, lungo e dettagliato è il racconto presente sul libro di Chiara Polita. Se la progettazione venne compiuta direttamente a Roma, il Comune di San Donà dovette incaricare la ditta Santinello di predisporre l’area del Monumento e successivamente di assemblare i componenti monumentali, gli stessi arrivarono direttamente da Roma. Il loro assemblaggio ebbe bisogno di tempo, il viaggio aveva provocato inevitabili danni e si allungarono le settimane di lavoro e con essi i costi, che per la sola parte a carico del Comune era preventivata in lire 25 mila. L’opera finita ideata dall’architetto Lombardi, con il contributo degli scultori Attilio Valdinucci e Alberto Felci e arricchita del tronco di una colonna romana fu consegnata al Comune di San Donà il 10 novembre 1931, solo qualche giorno prima dell’inaugurazione.

Piazza Indipendenza dopo l’inaugurazione del Monumento nel 1932 (immagine tratta dal libro “Il Monumento all’aviatore Giannino Ancillotto” di Chiara Polita)

Fervono i preparativi per l’inaugurazione

Dalle pagine della Gazzetta di Venezia articoli pieni di enfasi e retorica, tipiche dell’epoca, per la chiamata a raccolta dei cittadini in occasione della grande giornata che aspettava San Donà di Piave. Negli articoli del sabato e della domenica venivano riportati i testi dei manifesti del Podestà e del Partito che informavano la cittadinanza, ragguagli inoltre venivano dati circa gli assembramenti.

L’annuncio delle autorità

« Domani 15 novembre le LL. EE. Italo Balbo e Giovanni Giuriati onoreranno della loro presenza questa gloriosa cittadina per l’inaugurazione del Monumento all’Eroico Aviatore Medaglia d’Oro Giannino Ancillotto. Le LL. EE. arriveranno alle 10:00 e saranno ricevute dalle maggiori autorità. Si porteranno subito in Piazza Indipendenza dove si svolgerà la cerimonia della inaugurazione. Dopo l’inaugurazione le LL. EE. si recheranno in Municipio dove sarà tenuto in loro onore un ricevimento delle principali autorità della Provincia e del Comune. Per la regolarità dell’inquadramento si rivolge appello a tutte le associazioni e rappresentanze di trovarsi alle 09:00 in Piazza Indipendenza dove appositi incaricati del Municipio indicheranno i posti assegnati. »

Il Manifesto del Podestà

Il Podestà di San Donà Costante Bortolotto

« il Podestà ha emanato il seguente manifesto: “Domenica 15 corrente alle 10:00 alla presenza dei Rappresentanti del Governo Nazionale, sarà inaugurato il Monumento che deve perpetuare la memoria dell’Eroico Aviatore Giannino Ancilotto. Il Reale Club d’Italia, in pieno accordo con questa Amministrazione Comunale, facendosi iniziatore di questo ricordo all’insigne Concittadino, ha voluto segnalare alla riconoscenza di tutti, oltre l’eroismo di Lu in guerra, la purezza dei suoi sentimenti, l’ardimento dimostrato nell’aviazione civile, l’amore profondo per questa sacra terra del Piave e per la Patria.

Cittadini: Sicuro di avere interpretato il sentimento di amore e di riconoscenza verso il purissimo Eroe. Vi invito a rendere più solenne la cerimonia con la vostra presenza, affinchè l’omaggio riesca in tutto degno delle splendenti virtù del nostro grande Concittadino. Il Podestà dottor Costante Bortolotto”. »

Il Manifesto di Fasolo

« Il Direttorio del Fascio ha emanato il seguente manifesto: “L’ala monca di Giannino Ancillotto si risolleva, nel sogno, in quei cieli che conobbero il valore e la gloria degli arditi dell’aria. Giannino…. Il rombo del suo motore riecheggia possente, invincibile in un canto di vittoria e di morte.

Dal suo avello l’Eroe, si erge avvolto in un manto di leggenda e sorridente come nei giorni dei più sacri combattimenti, rimonta della fedele carlinga e dirige il suo volo d’aquila su negli spazi verso le luci immortali, Giannino Ancillotto fiamma tra le fiamme.

Camerati, salutiamo in lui che oggi un rito ricorda le gesta dei combattenti d’Italia; eleviamo agli immortali l’osanna dei figli e lanciamo al vento, in nome dei morti, il grido della nuova Patria. A noi! Il Direttorio”. »

Gli ordini di servizio

« La Segreteria del P.N.F. comunica il seguente ordine di servizio circa l’inaugurazione del Monumento alla Medaglia d’Oro Giannino Ancillotto.

1. Il capo manipolo tenente Mario Ciriello assumerà il comando dell’ammassamento e disporrà lo schieramento in Piazza Indipendenza secondo gli ordini prestabiliti.

2. Il servizio d’ordine sarà disimpegnato dal locale Comando della Milizia;

3. Una squadra di giovani fascisti sarà al Servizio della Segreteria politica;

4. I Goliardi saranno ai diretti ordini del Capo Manipolo Ten. Ciriello;

5. Le Rappresentanze, le Associazioni ecc. al loro arrivo in San Donà riceveranno disposizioni dal comandante dell’ammassamento.

6. La cittadinanza avrà riservato un apposito spazio e accederà dal portico del Caffè Grande;

7. i Fascisti in camicia nera e decorazioni dovranno trovarsi presso la Casa del Fascio alle 08:00 precise. I giovani fascisti in perfetta divisa si aduneranno al Campo sportivo alle 08:00;

8. Per le 09:00 lo schieramento dovrà essere ultimato. »

Balbo e Giuriati inaugurano oggi il Monumento dedicato a Giannino Ancillotto

Il Ministro dell’Aria Italo Balbo

« Stamane alle ore 10, come abbiamo precedentemente annunziato, alla Presenza delle LL. EE. Italo Balbo e Giovanni Giuriati, sarà inaugurato il Monumento dedicato all’Eroica Medaglia d’Oro ed asso dell’aviazione Giannino Ancillotto.
Il ricordo marmoreo, opera dell’architetto prof. Lombardi di Roma, raffigura un aereoplano atterrato sul quale è eretta una colonna ornata del Fascio Littorio, e sulla stessa è incisa la dedica: « l’ala sopravvissuta ai cimenti, la gloria alla morte, sorge nella Piazza Indipendenza di questa gloriosa Cittadina ». Dirà oggi dell’Eroico Asso dell’aviazione, del transvolatore delle Ande Peruviane, S.E. il Ministro dell’Aria, Italo Balbo, quadrumviro della rivoluzione Fascista, aquila fra le aquile. La Cittadinanza accorrerà compatta a rendere il tributo di omaggio e di riconoscenza al suo diletto Figlio. Il Podestà ha ieri sera pubblicato il seguente manifesto di saluto agli Illustri rappresentanti del Governo Nazionale.
« Cittadini »: oggi San Donà di Piave avrà l’alto onore di ospitare le LL. EE. Italo Balbo Quadrumviro della rivoluzione fascista e Ministro della gloriosa aviazione Italiana. Rendiamo omaggio ai valorosi collaboratori del Duce, che vengono tra noi per glorificare il più puro, il più fulgido figlio di questa sacra gemma del Fiume inviolabile.
Cittadini: la nostra presenza ed il nostro entusiastico saluto, confermino agli Illustri Ospiti, l’amore purissimo e la fede indefettibile della gente del Piave per il Governo Nazionale, per il nostro glorioso Re. Il Podestà: Bortolotto. »

Prima parte: Il Monumento dedicato a Giannino Ancillotto, verso l’inaugurazione; seconda parte: L’inaugurazione del Monumento dedicato a Giannino Ancillotto

Per approfondimenti: 1. “Il monumento all’aviatore Giannino Ancillotto (1896-1924)” di Chiara Polita (Tipolitografia Colorama, 2010); 2. “Giannino Ancillotto” di Guido Mattioli (Editrice “L’Aviazione”, Tipografia S.A.I.G.E., Roma, 1934); 3. “Giannino Ancillotto, un eroe sandonatese” di Marino Perissinotto (Museo della Bonifica, San Donà di Piave, 1995); 4. “Il disegno della città tra utopia e realizzazione” di Dino Casagrande e Giacomo Carletto (Tipolitigrafia Colorama, 2002); 5. Archivio Radio Sandonà, trasmissione “Overbooking” Presentazione del libro di Chiara Polita”Il monumento all’aviatore Giannino Ancillotto (1896-1924)”; 6. Archivio “La Gazzetta di Venezia”.

L’inaugurazione del Monumento ai Caduti – Casa di Ricovero

L’inaugurazione del Monumento ai Caduti – Casa di Ricovero

« Il Podestà al fine di regolare il transito durante la cerimonia dell’inaugurazione della Casa di Ricovero che si svolgerà domani ha stabilito che nel giorno 9 corrente dalle ore 8 alle ore 14, sia vietato il transito ai veicoli di qualsiasi specie lungo la via Margherita, via Jesolo e piazza IV Novembre. » In quella domenica di novembre, al cospetto delle più alte autorità venne inaugurato a San Donà la Casa di Ricovero Monumento ai Caduti in ricordo di tutti quei sandonatesi che persero la vita durante la grande guerra.

In un lungo articolo della Gazzetta di Venezia di lunedì 10 novembre 1930 venne raccontata la cerimonia dell’inaugurazione della Casa di Ricovero Monumento ai Caduti: « S.A.R.il Duca d’Aosta ha stamane onorato della sua augusta presenza la nostra gloriosa cittadina. La popolazione sandonatese ha accolto l’invitto Condottiero della Terza Armata con vivo entusiasmo e con fervide manifestazioni di devozione. Le primi luci dell’alba hanno visto la città tappezzata di striscioni colorati inneggianti al Re, al Principe Emanuele Filiberto, ai Caduti per la Patria, ai mutilati, ai combattenti. Da tutti gli edifici pubblici e da molti privati sventola il tricolore. Intanto con i primi treni del mattino e con automezzi cominciano ad affluire le associazioni, i fasci, le diverse istituzioni.

Le autorità presenti
Il Monumento ai Caduti – Casa di Ricovero in una cartolina degli anni Trenta

Alle ore 9.30 le autorità si recano alla stazione ad attendere l’arrivo del Duca d’Aosta. Notiamo fra i presenti: il Prefetto gr. uff. Bianchetti, il Podestà di San Donà comm. dott. Costante Bortolotto, il dott. Alverà, Podestà di Venezia, l’avv. Suppiej, Segretario federale, il comm. Garioni, Preside della Provincia, l’on. Domenico Giuriati, l’on.Fantucci, il generale di Brigata comm. Appiotti anche in rappresentanza del comandante del Corpo d’Armata di Trieste, il generale di divisione Vaceamagiolini, il comm. Scaranto, l’Ammiraglio di Divisione della Piazza Marittima di Venezia comm. Fiorese, il gr. Uff. Miliani, Magistrato delle Acque, il vice Prefetto comm. Zattera, il Questore comm. Corrado, il colonello dei RR.CC. Abrile ed il capitano Bonelli, il presidente della Federazione Combattenti Valtorta, il presidente del Comitato del monumento ai Caduti comm. Giuseppe Bortolotto, con tutto il Comitato; il Segretario politico comm. De Faveri, il comm. Antonio Trentin, il comm. Fabris, i vice podestà cav. Bastianetto, Fornasari e dott. De Faveri, l’avv. Rizzo, il cav. dott. A. Cà Zorzi, i maggiori Castagna Alessandro della Direzione d’Artiglieria di Trieste, Notti Felice del 5. Genio; Peruzzo Francesco, l’avv. Rizzi, il comm. Trabaldi Podestà di Spinea, il tenente della M.V.S.N. ing. Scorzon, il pretore dott.Fabbri anche in rappresentanza del procuratore del Re di Venezia, il capitano Castaldi segretario dell’Unione ufficiali in congedo della provincia di Venezia, il cav. Errera presidente del Nastro Azzurro della provincia di Venezia, il cav. Livio Fabris, segretario capo del Comune, il dott. Costanzo in rappresentanza del R. Provveditore agli Studi, il dott. Ferrari della Federazione agricoltori, e molti altri. Nel piazzale all’interno della stazione il servizio d’ordine è diretto personalmente dal Cav. Rentana, vice Questore, e dal commissario cav. Giorgi. Dirige il servizio della stazione il capo stazione titolare dott. Molina.

L’arrivo del Duca d’Aosta
Cerimonia di inaugurazione della Casa di Riposo e del Monumento ai Caduti (da “La Storia fotografata racconta…” Ennio Mazzon, 2012)

Alle ore 9.35 viene segnalato l’arrivo del treno e pochi minuti dopo giunge il convoglio dal quale discende preceduto dall’aiutante di campo generale Montasini, S.A.R. Emanuele Filiberto di Savoia, salutato da un vibrante applauso dalle autorità.

Il prefetto gr. uff. Bianchetti si avanza e presenta il Podestà comm. Costante Bortolotto che rivolge all’augusto ospite il saluto della città. Il Duca d’Aosta si ferma poi brevemente nella saletta reale della stazione, tutta adorna di velluti e piante, dove gli vengono presentate le autorità.

Preceduto dall’aiutante di campo il Principe si avvia quindi all’uscita. Nella piazza sono schierati i mutilati, i combattenti, l’Associazione del Nastro Azzurro, dei finanzieri in congedo, il fascio ferroviario. All’apparire, l’augusto Principe salutato da entusiastici applausi e da vibranti alalà, mentre la musica cittadina intona la Marcia Reale.

Cerimonia di inaugurazione della Casa di Riposo e del Monumento ai Caduti (da “La Storia fotografata racconta…” Ennio Mazzon, 2012)

Prima di salire in auto, il valoroso Condottiero si sofferma e rivolge alcune domande al mutilato di guerra Cibin Luigi ed al combattente Canever Giuseppe ai quali esprime poi il suo compiacimento per le azioni svolte in guerra. Indi il Duca d’Aosta prende posto in automobile assieme al Podestà commendator Bortolotto, e per via Garibaldi e via Vittorio Emanuele, acclamatissimo dall’immensa folla, raggiunge la piazza del municipio dove è accolto da una nuova ovazione, mentre la musica del Presidio Militare suona la Marcia Reale e la Milizia presenta le armi.

Il Principe Emanuele Filiberto si trattiene nel salone centrale del palazzo municipale e conferisce con tutte le autorità provinciali e locali manifestando la sua ammirazione per le nostre laboriose e patriottiche popolazioni.

Durante il ricevimento, che è durato circa mezz’ora, la folla assiepata nella vasta piazza prospiciente il palazzo municipale chiama fra applausi incessanti l’augusto Principe che ha dovuto affacciarsi al balcone vivamente acclamato.

Il Monumento ai Caduti

Il Monumento ai Caduti in una cartolina degli anni Trenta

Dopo il ricevimento al palazzo comunale il Duca d’Aosta, seguito dalle autorità, tra due fitte ali di popolo acclamante si reca ad inaugurare il monumento ai Caduti. Le tribune erette di fronte al monumento, in una delle quali si trovano le madri e le vedove dei caduti, sono gremite di una folla di invitati. Ai piedi delle tribune sono schierati: un drappello di marinai, un drappello di finanzieri e una centuria della M.V.S.N., numerosi ufficiali dell’Esercito e della Milizia, le Piccole italiane, gli Avanguardisti e di Balilla, una rappresentanza del G.U.F. di Padova con gagliardetto e la musica del Presidio Militare di Trieste.

Sulla scalinata del monumento sono schierati i vessilli delle associazioni madri e vedove dei caduti, mutilati, combattenti, decorati e le bandiere dei comuni del Mandamento di San Donà, Portogruaro e di alcuni della provincia di Venezia, nonché di molti Fasci di combattimento.

La benedizione del Monumento

Cerimonia di inaugurazione della Casa di Riposo e del Monumento ai Caduti. Al centro Mons. Longhin accompagnato da Mons. Saretta (da “Ricordando San Donà” Battistella-Milanese, 1993)

Nel mezzo della via Margherita, prospiciente al Monumento, è costruito il palco reale. Alle 10:30 giunge S.E. il Vescovo Mons. Longhin e subito dopo uno squillo di tromba annunzia l’arrivo del Principe. Mentre i marinai, i finanzieri e la Milizia al comando del tenente della Guardia di Finanza sig. Ivo Borri, presentano le armi, la Piccola italiana Ravazzoli, del corso di avviamento al lavoro, offre a S.A.R. un mazzo di fiori. S.E. Mons. Longhin impartisce quindi la benedizione del monumento mentre vengono scoperte le quattro grandi lapidi sulle quali sono incisi i nomi dei gloriosi caduti.

Dopo la benedizione S.E. Mons. Longhin così parla: « Non è la prima volta che ho l’onore di alzare la mano a benedire in nome di Dio i monumenti che il popolo d’Italia ha innalzati ai suoi gloriosi caduti. Quando i centomila profughi tornarono nelle loro terre tempestate dalle artiglierie nemiche, dimenticarono tutti gli strazi sofferti e ricordarono subito coloro che col sangue e la vita avevano data possibilità di rivedere il loro luoghi. »

Mons. Longhin ha poi continuato rivolgendo fervide parole di omaggio al glorioso Condottiero della Terza Armata e ricordando la resurrezione di San Donà. L’eminente presule ha concluso esaltando il sacrificio dei Caduti per la grandezza della Patria.

Parla il presidente del Comitato

Cerimonia di inaugurazione della Casa di Riposo e del Monumento ai Caduti. Le autorità intervenute, al centro il Duca d’Aosta (da “Ricordando San Donà” Battistella-Milanese, 1993)

Ha parlato poi il presidente del Comitato comm. Giuseppe Bortolotto. « Dodici anni or sono – ha detto l’oratore – nei primi giorni del grigio novembre, dopo la Vittoria radiosa delle nostre armi, si incontravano qui a San Donà il sindaco e l’Arciprete di allora. Il primo veniva dai luoghi del profugato, il secondo giungeva dal territorio invaso. S’incontravano qui, arrivando da diverse strade, per riprendere il loro posto e per fare ciascuno il proprio dovere.

« Ma in quell’ora triste, quando le difficoltà rendevano più misera l’esistenza, il compimento del dovere era particolarmente gravoso. Sulla distruzione della guerra si abbatteva la furia degli elementi. Più aspro era il bisogno e la gente, più delle altre sperduta, invocava gli aiuti, che troppo spesso erano inferiori alle necessità del momento. Lo spettacolo era toccante di pietà e di dolore. Ed allora il Sindaco e l’Arciprete, che sentivano ad un tempo l’angoscia e la responsabilità della situazione, espressero fin da quei giorni il proponimento ed il voto che nulla in avvenire sarebbe stato tralasciato, affinchè le opere di beneficenza, di assistenza e di sollievo avessero presso di noi piena e provvida esplicazione.

« Da quel tempo asili, orfanatrofio, istituti di educazione, opere assistenziali sorsero in San Donà e furono sempre al primo posto nel nostro pensiero e nelle nostre cure. E quando si volle render tributo di onore ai Caduti gloriosi, noi elevammo nel loro nome un asilo per gli indigenti, perché nella tarda età, qui trovino sollievo e conforto.

Giuseppe Bortolotto, Presidente del Comitato per il Monumento ai Caduti, ma già Sindaco e Commissario Prefettizio di San Donà di Piave

« Ora il voto è compiuto. Dopo aver posto in funzione gli altri istituti, inauguriamo oggi, nel nome dei morti la nostra Casa di Ricovero.

« Siamo grati a S.M. il Re perché ha voluto delegare a rappresentarlo S.A.R. il Duca d’Aosta; e siamo grati a Voi, Altezza Reale, perché il Monumento ai Caduti di San Donà di Piave non poteva desiderare sorte migliore di quella di essere inaugurato per l’intervento del Re soldato nella persona del Condottiero della Terza Armata.

« Qui ha benedetto la Casa il Presule della Marca Trevigiana, che durante la guerra stette nella città travagliata come soldato al suo posto ed esercitare l’opera pietosa. Qui sono presenti il rappresentante del Governo e il Podestà di Venezia, la città che stette con coraggio in pericolo sotto le percosse notturne del nemico che voleva colpire e deturpare le sue bellezze. Qui tutti gli intervenuti hanno offerto alla grande guerra un lembo vivente della loro anima un respiro poderoso della loro passione, e tutti rendono con lo spirito intatto, il loro tributo ai 400 caduti di questa nostra piccola gloriosa terra di trincea.

Il nobile omaggio
Il Monumento ai Caduti in una cartolina degli anni Cinquanta (colorata)

« Non con espressioni plastiche o decorative, ma con opere durature di umanità, non con manifestazioni di forma o di parola, ma con fatti materiali di carità e di amore noi onoriamo la memoria di chi tutto donò alla Patria.

« E pare veramente che, come i nostri Capi ci hanno indicato, qui, più che altrove fosse questo il dovere. Qui dove al martirio delle ferite profonde si è aggiunto il dolore dell’invasione nemica, che fu ributtata in disordine dalla riscossa meravigliosa dei Vostri soldati, Altezza Reale. Essi nel nome purissimo Vostro, che è il nome invitto dei Savoia, hanno trovato lo slancio superbo della riconquista. E se eccessive ponderazioni di negoziatori o, peggio, gelosie strane di alleati, non ci avessero sbarrato il cammino, Voi, Altezza Reale, li avreste guidati a segnar patti di armistizio nel cuore della potenza nemica e vinta, affermando così solennemente ciò che la stoltezza e la perfidia si ostina a negarci: la dignità della nostra fatica, la bellezza del nostro sacrificio, la realtà della nostra Vittoria.

« Qui l’omaggio ai Caduti acquista un dolente profumo di nobiltà e dalla rimembranza triste l’anima si affina verso la purità delle opere. Qui incidere nel marmo i nomi degli scomparsi significa, più che negli altri luoghi, segnare nella storia la santità delle imprese di nostra gente. Qui ricordare i Morti significa giurare innanzi a Dio il proponimento, che venne espresso da Benito Mussolini quando, affacciatosi al cospetto della nostra terra devastata, ha esclamato commosso con suo cuore di italiano e di combattente: “ Qui un giorno giunse il nemico; gli Italiani giurano che non ritornerà mai più “.

Il significato del ricordo

« Qui ricordare il nome dei martiri ventenni affondati nelle acque o caduti sulla sponda del fiume consacrato vuol dire veramente inchiodare alla vergogna coloro che offendono la terra materna.

« Questo noi vogliamo far dire al ricordo, che è ricovero ed asilo. Questo è il pensiero dei cittadini di San Donà, che son grati a Vostra Altezza, oltre che per l’intervento augusto di oggi, perché avete voluto degnarVi di accettare la presidenza onoraria del Comitato »

Cerimonia di inaugurazione della Casa di Riposo e del Monumento ai Caduti. Il duca d’Aosta affacciato al balcone (Archivio Arturo Mestre, da “Monumento ai caduti in guerra 1915-1918” R. Gattiboni, 2018)

L’oratore ricorda quindi che all’opera tutti concorsero con slancio. Indi continua:

«  Podestà di San Donà di Piave: Ecco le chiavi di questa Casa di carità e di assistenza. Ve le consegno esprimendo un voto che è convincimento profondo, un augurio che è una valida certezza. Ed è questo: che lo spirito di fraternità che si compendia in quest’opera di ricovero e di conforto, si riaffermi e si rinsaldi, come è sempre stato, pregio e vanto di questa nostra terra modesta e operosa.

L’oratore rivolge quindi un vivo ringraziamento a Mons. Longhin, al Prefetto e al Segretario. Quindi prosegue:

« Altezza Reale : Vogliate degnarVi di deporre dinanzi alla Maestà del Re l’amore sincero di questa popolazione, che, attraverso tutte le vicende, le lotte, la distruzione, la resurrezione, il lavoro e l’aspra fatica ha serbata e serba sempre intatta una fede: La Patria; ha serbata e serba intera una devozione: il suo Re. E al suo Re soldato essa dice di essere pronta a seguirlo e a servirlo sempre ed ovunque per la vita e per la morte. Così dalla sorte dei Caduti sorge un respiro meraviglioso di vita. Così dalla tristezza dei ricordi si sprigiona un’alta, una nobile fierezza. Così lungo le tappe del cammino faticoso segniamo l’orma di un’opera buona, riconsacriamo la dignità di un proponimento severo. Così procediamo sereni perché i destini della gente nostra sono immortali ed eterni, illuminati da un sole che non tramonta, sospinti dalla superba rifiorente energia della nostra giovinezza latina.

« Viva il Re! Viva il Duca d’Aosta! Viva il Duce! Viva l’Italia! ».

Il discorso del Presidente del Comitato è stato vivamente applaudito. Si è levato quindi a parlare il Podestà comm. Costante Bortolotto il quale ha detto:

Il discorso del Podestà
Il Podestà di San Donà di Piave dal 1927-33, già Sindaco dal 1923-25

« Alla vostra presenza, Altezza Reale, che qui rappresentate S.M. il Re, dell’Arcivescovo, di S.E. il Prefetto, delle autorità civili e militari, quale Podestà della cittadina che conobbe tutto il sacrificio ed il martirio della guerra, Podestà già combattente della vostra invitta Armata e Camicia nera della vigilia, mentre ringrazio il Comitato, prendo in consegna questo edificio monumento ai caduti in guerra di San Donà.

« E quivi sul Piave dove tutto è un ricordo del sacrificio dei nostri soldati e dove si sono decise le sorti della guerra, quivi sul fiume Sacro, le cui acque vanno al mare portando ancora con rumore delle onde il canto sublime e solenne dei nostri morti in guerra, quivi più che altrove, questo monumento sarà sprone ed incitamento per i giovani ad amare sempre più l’Italia, a tutti dare per essa, a morire occorrendo sul campo di battaglia come sono caduti gli eroi che oggi onoriamo e ci benedicono e pregano Iddio perché l’Italia fascista, nei confini raggiunti sotto la Casa Savoia, sia sempre più grande, temuta e rispettata. »

Una lunga ovazione accoglie le parole del Podestà. La folla grida: Viva il Re! Viva il Condottiero della Terza Armata! Viva il Duce!

Indi in Duca d’Aosta si reca a visitare la Casa di ricovero dove si intrattiene una quindicina di minuti. Ritorna poi in Municipio acclamato sempre dalla popolazione dopo di aver rivolte alcune parole a madri e vedove di caduti che si trovavano schierate lungo il percorso.

L’emblema alla contessa Ancillotto
Un ricevimento presso il Municipio alla presenza del Duca d’Aosta, fotografato accanto al Podestà Costante Bortolotto, in una delle sue numerose presenze in città durante quel periodo.

In Municipio il Duca d’Aosta, alla presenza delle autorità, del Podestà comm. Bortolotto e del presidente della Federazione del Nastro Azzurro comm. Errera. Consegna l’emblema araldico dell’eroica medaglia d’oro ed asso dell’aviazione Giannino Ancillotto, alla madre N.D. contessa Corinna Ancillotto, che ringrazia commossa l’Augusto Principe.

S.A.R. offre anche alla contessa una propria fotografia con la seguente dedica: A donna Corinna Ancillotto, rievocando con vivo rimpianto la gloria dell’Eroico suo Giannino, che nella Terza Armata durante le tragiche giornate dimostrò slancio sublime e audacia sovrumana. Emanuele Filiberto di Savoia.

La folla intanto si riversa nuovamente nella Piazza Indipendenza dove sono più di diecimila persone che acclamano il Duca d’Aosta, il quale si affaccia fra grandi evviva al poggiolo del palazzo municipale, mentre le Piccole italiane, gli Avanguardisti e i Balilla cantano, accompagnati dalla musica e sotto la direzione delle insegnanti delle scuole elementari, l’Inno al Piave e la Marcia Reale.

La partenza del Principe

Alle ore 12, nella sala maggiore del Comune, S.A.R. ha partecipato ad una colazione intima alla quale erano presenti le più alte autorità civili militari e politiche della provincia.

Alle ore 13.15 il Duca d’Aosta, tra rinnovate manifestazioni di entusiasmo e di devozione della folla e seguito dalle autorità, si è recato alla stazione ripartendo alle 13.30 fra gli evviva dei presenti. »

Il Monumento ai Caduti in una cartolina degli anni Sessanta
I Bortolotto

La famiglia dei Bortolotto ha legato i nomi di molti dei suoi esponenti alla guida amministrativa della Città, sin dal primo Sindaco Giuseppe (1866-72), nonno del Giuseppe qui presidente del Comitato. Lo stesso Giuseppe ricoprì la carica di Sindaco prima della grande guerra e successivamente quella di commissario prefettizio prima a Firenze e poi delegato alla ricostruzione. Quando nel suo discorso nomina “il Sindaco e l’Arciprete” indica sé stesso e Monsignor Saretta. Giuseppe era figlio di Luigi Cesare Bortolotto, figlio del primo Sindaco di San Donà e fratello di Francesco, anch’egli Sindaco di San Donà dal 1885 al 1891. A chiudere il cerchio Costante Bortolotto che di Francesco era il figlio, qui lo ritroviamo Podestà di San Donà, in precedenza era stato Sindaco dal 1923 al 1925. Giusto per chiudere questo dettaglio sulle autorità presenti a questa inaugurazione, il duca d’Aosta Emanuele Filiberto morì l’anno dopo, il 4 luglio 1931 all’età di sessantadue anni. Volle farsi seppellire, al pari di tanti soldati di quella terribile guerra, nel cimitero degli invitti sul Colle Sant’Elia a Redipuglia, per poi essere traslato al Sacrario del Redipuglia quando venne inaugurato nel 1938.

Per approfondimenti: 1. “Monumento ai caduti in guerra 1915-18” di Roberto Gattiboni (Passart Editore, San Donà di Piave, 2018); 2. Archivio “La Gazzetta di Venezia”; 3. “S. Donà di Piave e le succursali di Chiesanuova e Passarella” di Mons. Dott. Costante Chimenton, 1928); 4. “Il monumento all’aviatore Giannino Ancillotto (1896-1924)” di Chiara Polita (Tipolitografia Colorama, 2010); 5. “La grande guerra degli ultimi” di Chiara Polita (Mazzanti Libri, 2015); 6. “Cent’anni di carità” di Marco Franzoi (Digipress Book, 2020); 7. “Il disegno della città tra utopia e realizzazione” di Dino Casagrande e Giacomo Carletto (Tipolitigrafia Colorama, 2002)

Quel ricordo della Russia che ritorna e gli altri caduti sandonatesi

La terribile campagna di Russia la raccontammo qualche anno fa attraverso il viaggio di una cartolina partita da San Donà di Piave e mai arrivata a quel figlio poi caduto in quella terra lontana http://bluestenyeyes.altervista.org/quel-terribile-inverno-russo-del-42/. Altri giovani soldati nati a San Donà di Piave sono caduti in Russia, per la maggior parte appartenenti a degli stessi Reggimenti, i più sono stati dichiarati dispersi durante le offensive russe di fine gennaio 1943:

• Bragato Mario (1921), fante del 277° Reggimento Fanteria, morto il 10 marzo 1943 campo 188 (Tambov)

• Brollo Angelo (1914), mitragliere del 156° Battaglione Mitraglieri, caduto 31 gennaio 1943 (disperso)

• Conte Antonio (1922), fante del 277° Reggimento Fanteria, caduto 31 gennaio 1943 (disperso)

• Dalla Francesca Elio (1921), fante del 278° Reggimento Fanteria, caduto 31 gennaio 1943 (disperso)

• Giacomel Giuseppe (1922), fante del 278° Reggimento Fanteria, caduto 31 gennaio 1943 (disperso)

• Masarin Vittorio (1922), fante 277° Reggimento Fanteria, caduto 31 gennaio 1943 (disperso)

• Mattiel Attilio (1922), fante del 277° Reggimento Fanteria, caduto 31 gennaio 1943 (disperso)

• Miozzo Angelo (1922), fante del 278° Reggimento Fanteria, caduto 30 gennaio 1943 (disperso)

• Ongaretto Ferruccio (1922), fante del 277° Reggimento Fanteria, morto 28 marzo 1943 campo 56 (Uciostoie)

• Pavan Giannetto (1922), fante del 277° Reggimento Fanteria, morto il 10 novembre 1944 campo 56 (Uciostoie)

• Scomparin Gregorio (1922), fante del 277° Reggimento Fanteria, caduto 31 gennaio 1943 (disperso)

• Sgnaolin Renato (1922), mitragliere del 156° Battaglione Mitraglieri, caduto 31 dicembre 1942 (disperso)

• Stefanello Alfredo (1922), caporale del 278° Reggimento Fanteria, caduto 31 gennaio 1943 (disperso)

• Vallese Antonio (1922), fante del 277° Reggimento Fanteria, caduto 23 gennaio 1943 (disperso)

• Zamuner Arturo (1914), mitragliere del 156° Battaglione Mitraglieri, caduto 31 dicembre 1942 (disperso)

• Zanutto Pacifico (1922), fante del 277° Reggimento Fanteria, caduto 31 gennaio 1943 (disperso)

• Zecchin Luigi (1922), fante del 277° Reggimento Fanteria, morto 11 marzo 1943 campo 62 (Nekrilovo)

Una Cerimonia Solenne il 15 settembre 2024

Per Ricordare e Onorare i Soldati del Csir e dell’ARMIR, i Reduci, i Caduti, i Dispersi e i Morti in Prigionia nell’ottantunesimo anniversario del Ripiegamento di Russia, domenica 15 settembre 2024 è stata indetta una Cerimonia Solenne dall’UNIRR presso il Tempio di Cargnacco a Pozzuolo del Friuli (Ud) con inizio alle ore 9.30.

Per approfondimenti: 1. Divisione Vicenza ; 2. Memoriale del Col. Giulio Cesare Salvi (comandante del 277° Reggimento Fanteria); 3. Posta Militare 156 – La Divisione “Fantasma”; 4. L’elenco dei caduti della Divisione “Vicenza” (Marini); 5. Campagna italiana in Russia (agosto 1941-20 gennaio 1943); 6. Prima battaglia sul Don (20 agosto-1° settembre 1942); 7. Seconda battaglia sul Don (11 dicembre 1942 -31 gennaio 1943); 8. Offensiva Ostrogožsk-Rossoš’ (12 gennaio-27 gennaio 1943); 9. U.N.I.R.R. (Unione Nazionale Italiana Reduci di Russia);

Nel lontano 1938 nacque l’associazione “Amici Moto Ombra”

Nel lontano 1938 nacque l’associazione “Amici Moto Ombra”

In un articolo del periodico “Il Piave”, edito dall’amministrazione comunale di San Donà di Piave, nel gennaio 1973 si poteva leggere qualche cenno storico dell’associazione “Amici Moto Ombra”

Una cartolina degli “Amici Moto Ombra” con la loro classica moto stilizzata

Uno dei motti dell’associazione “Amici Moto Ombra” recitava così « Empi il Bicchier che vuoto – vuota il bicchier che pieno – non lo lasciar mai vuoto – non lo lasciar mai pieno ». Nata nel 1938 per iniziativa di quindici amici fondatori in un periodo di grandi ristrettezze e con un Paese oramai prossimo alla guerra e alle distruzioni che questa portò, ebbe il merito di continuare la sua opera per un periodo lunghissimo tanto che l’articolo apparso su “Il Piave” festeggiava il suo trentacinquesimo anniversario.

I Soci fondatori degli « Amici Moto Ombra »

Da Sinistra in alto: Zorzi Vittorio, Tronco Giovanni, Brollo Libero, Pasini Nino (primo presidente), Bello Oreste, Pasini Luigi; in mezzo: Bincoletto Luigi, Momesso Giuseppe, Giacobbi Giuseppe, Caramel Alfredo, Boccato Luigi; in basso: Frara Luigi, Bergamo Mario, Murer Bruno, Carlesso Giulio.

Da “Il Piave” – Ricorre quest’anno il 35° anniversario della «Amici Moto Ombra – G. Tronco »

Ricorre quest’anno il 35° anniversario della fondazione del decano dei sodalizi cittadini la « AMICI MOTO OMBRA – Giovanni Tronco ».
Da queste colonne ci proponiamo di far conoscere che cosa è la AMICI MOTO OMBRA, il perché della sua fondazione e le finalità che l’hanno fatta nascere e sin qui progredire per assumere adesioni innumerevoli.

Una foto di gruppo con sullo sfondo la moto modello « Amici Moto Ombra », la vista è su via Trecidi Martiri dove si nota anche l’Oratorio Don Bosco

Nel lontano 1938, nel mese di febbraio, un gruppo di quindici operai spinti da profondi sentimenti di amicizia dettero vita alla AMICI MOTO OMBRA come fini ricreativi ma soprattutto spinti da un più nobile ideale che si identificava nel motto « uno per tutti e tutti per uno – Agire nell’ombra » e cioè intervenire con l’aiuto morale e finanziario per quegli amici che si venivano a trovare in ristrettezze e difficoltà economiche. Sta di fatto che le quote che settimanalmente ogni amico versa, a fondo perduto, vanno ad aumentare il fondo cassa creando la potenzialità degli interventi nei confronti di chi può averne bisogno. Dunque lo scopo primo è aiutare gli amici e dopo il divertimento.

Tra la folla un carro allegorico degli « Amici Moto Ombra » trainato dai buoi


La « Amici Moto Ombra », però, non soltanto si ricorda degli amici iscritti, ma in occasione delle festività più care a tutti interviene verso chi soffre, distribuendo pacchi dono ai vari Enti morali del paese,
Fra le manifestazioni sociali, trattandosi di operai, una delle più sentite è la consumazione di un pranzetto spuntino in occasione della festa del Lavoro. Nei primi anni di vita del sodalizio durante tale manifestazione veniva assegnato un diploma alla più bella sbornia tra i partecipanti allo spuntino; questo non per incitamento al vizio del bere ma soltanto perché il ritrovarsi uniti per lo spuntino creava l’occasione di un pomeriggio pieno di allegria per tutti e colmo di libagioni fra amici cari.

Un classico “spuntino” degli « Amici Moto Ombra »


Ferma e basata su questi principi la AMICI MOTO OMBRA è fiorita aumentando sempre più il numero degli iscritti. Dai 15 amici fondatori attualmente contra n. 107 soci amici.
Attualmente a far parte del sodalizio sono rimasti soltanto due dei fondatori; gli amici BERGAMO MARIO e CARAMEL ALFREDO.
Il sodalizio nell’immediato dopoguerra è stato intitolato alla memoria di Giovanni Tronco, socio fondatore, fucilato dai nazisti nell’eccidio di Cà Giustiniani con altri 12 Martiri della resistenza.
Tradizionalmente, durante il carnevale, il sodalizio organizza una veglia danzante che quest’anno avrà luogo il 10 febbraio p.v. all’Hotel Vienna. La serata sarà allietata da un noto complesso musicale.

Torpedoni in colonna in una gita degli anni Cinquanta

Giovanni Tronco, tra i fondatori degli «Amici Moto Ombra» fu uno dei Tredici Martiri

Come ricorda anche l’articolo de “Il Piave” tra i soci fondatori degli « Amici Moto Ombra » vi era anche Giovanni Tronco che il 28 aprile 1944 venne fucilato per rappresaglia dai nazifascisti assieme ad altri dodici compagni di cella nei pressi di Cà Giustinian a Venezia, in quello che ancor oggi viene ricordato come il sacrificio dei Tredici Martiri. Abbiamo trattato quell’episodio a questo link http://bluestenyeyes.altervista.org/san-dona-di-piave-il-sacrificio-dei-13-martiri/, dove tra l’altro è anche possibile scaricare il libretto che l’amministrazione comunale di San Donà di Piave (Medaglia d’argento al Valor Militare per la Guerra di Liberazione) ha pubblicato nel 1964 in occasione del ventennale. Per ricordarlo gli Amici vollero associare il suo nome a quello degli « Amici Moto Ombra ».

L’addio autografo alla famiglia di Giovanni Tronco, tratto dal libretto edito dal Comune di San Donà di Piave (1964)

Gli Ottanta anni degli « Amici Moto Ombra »

Nel 2018 l’associazione ha festeggiato gli Ottanta anni dalla fondazione. Evento che è stato ricordato in un articolo de La Nuova Venezia a firma Giovanni Monforte: «… Il sodalizio è formato da un gruppo di amici che si ritrovano ancora oggi settimanalmente per promuovere iniziative benefiche agendo soprattutto nell’ombra, intervenendo con l’aiuto morale e finanziario non solo verso i soci in caso di difficoltà, ma anche verso enti morali. «Rispetto al 1938 i tempi sono cambiati, meno difficili però con maggiori esigenze, ma gli obiettivi e lo spirito di carattere sociale e benefico sono sempre quelli che hanno animato i soci fin dall’inizio», spiegano. Il gruppo trae il nome dal simbolo: una moto con due ruote di bicchieri, motore e serbatoio raffigurati da una damigiana e una botticella. »

Per approfondimenti: 1. « Il Piave » del 5 febbraio 1973 periodico amministrazione comunale San Donà di Piave; 2. articolo « La Nuova Venezia » del 17 febbraio 2018.

Villa Guarinoni, immagini vecchie di un secolo

Villa Guarinoni, immagini vecchie di un secolo

Incrociare delle vecchie foto di un album è una pratica semplice, accade o potrebbe accadere ad ogni ora del giorno in una qualsiasi famiglia. Non sempre si riesce a riconoscere le persone ritratte ma sai che in qualche maniera hanno fatto parte della tua storia. A volte può accadere di incrociare foto di un album qualsiasi, di una famiglia qualsiasi e scoprire che comunque fanno parte della tua storia, o più propriamente della storia della tua città. E fu così che attratto da un cognome eccoci a tracciare una storia che ci porta a più di cento anni fa.

La San Donà a cavallo del secolo
Il ponte sul fiume Piave ad inizio secolo

La San Donà della fine Ottocento divenne un punto di riferimento per tutto il mandamento. Le grandi bonifiche avevano ampliato il territorio destinato all’agricoltura e anche le vie di comunicazione avevano avuto un grande sviluppo grazie al collegamento ferroviario con Venezia inaugurato nel 1885 e il successivo prolungamento verso Portogruaro inaugurato l’anno dopo. Anche il nuovo ponte pedonale in ferro che aveva sostituito quello in legno distrutto da una piena del Piave aveva portato grandi benefici alle cittadine poste sulle due sponde. Non fosse per gli argini ancora incompleti che costringeva tutti a fare i conti con le regolari bizze autunnali del fiume, San Donà si era comunque avviata ad uno sviluppo importante. Il nuovo ospedale inaugurato nel 1913 fu il giusto completamento alle tante opere pubbliche cittadine che stavano arricchendo il tessuto urbano sandonatese. Uno sviluppo che ben presto si trovò a fronteggiare le ombre di una guerra che oscurò il futuro e a cui il buio di un anno di occupazione austroungarica in prima linea regalò un’immane distruzione.

I Guarinoni
A inzio secolo un’immagine del Rialto Jesolo

Nella crescita della San Donà a cavallo del Novecento s’inseriscono i protagonisti della nostra storia, la famiglia Guarinoni. Lo spunto è venuto da alcune foto ritrovate facenti parte di uno stesso album. Una in particolare raffigurava la casa dei Guarinoni e, con sorpresa, era in realtà una cartolina viaggiata del 1915 con tante utili informazioni da approfondire.

I Guarinoni erano esponenti dell’alta borghesia sandonatese la stessa che al tempo veniva identificata come quella dei possidenti. Per lo più proprietari terrieri, i possidenti erano appartenenti a quella ristretta cerchia a cui veniva riconosciuto il diritto di voto e con esso la partecipazione alla politica attiva della città. I Guarinoni sin dall’Ottocento li troviamo citati nella storia sandonatese, in particolare il loro nome viene ricordato in due episodi dal Plateo nel suo libro, ripresi poi anche da Monsignor Chimenton. Entrambi i loro libri sono dei testi fondamentali da cui attingere importanti notizie in merito alla storia cittadina. Se il racconto di Plateo si ferma ai primi del novecento quello di Monsignor Chimenton ci permette di arrivare con la sua narrazione ai cinque lustri successivi e grazie al quale possiamo arricchire la parte riguardante i Guarinoni anche del periodo successivo alla grande guerra nel quale Guido Guarinoni ebbe un ruolo fondamentale nella ricostruzione della città.

La fucilazione del Cimetta
Rialto Jesolo (o Spalto Jesolo) visto da via Maggiore

Ambedue gli episodi riportati dal Plateo si riferiscono a quel periodo che vide San Donà inglobata nel Regno Lombardo-Veneto durante l’occupazione austriaca, ovvero dalla caduta di Napoleone sino alla fine della terza guerra di indipendenza (1815-1866). « Molti episodi, che provano il patriottismo della popolazione, si narravano fino a ieri e si ricordano ancora oggi dai vecchi, fra cui l’eroica fine di quell’Antonio Cimetta da Portogruaro, qui residente, trovato in possesso di un vecchio archibugio e sospettato d’italianità, condannato alla fucilazione, dal consiglio di guerra presieduto dal Colonnello Radetzky, figlio del famoso maresciallo. L’esecuzione capitale ebbe luogo qui il 14 gennaio 1849, presso l’argine del Piave, di fronte all’abitazione Guarinoni.

Il Cimetta, circondato da’ suoi carnefici, che lo accompagnavano all’estremo supplizio incitandolo a rivelare i nomi dei cospiratori che si servivano di lui per corrispondere col governo provvisorio di Venezia, approfittò dell’ultimo istante di vita per gettare in aria il berretto e gridare: Viva l’Italia! imitando così Antonio Sciesa, il popolano milanese celebre nella storia per la tipica frase: « tiremm innanz » con la quale rispose alle promesse di aver salva la vita se rivelava i nomi dei compagni di fede.

Una colonna spezzata nel nostro cimitero, collocata sulla fossa che racchiude le ossa del Cimetta, porta la seguente epigrafe:

ANTONIO CIMETTA

MARINAIO DI PORTOGRUARO AGENTE CORAGGIOSO DI QUELLA COSPIRAZIONE CHE HA REDENTA LA PATRIA

A MORTE DA TRIBUNALE AUSTRIACO CONDANNATO SUBIVA INTREPIDO LA FUCILAZIONE IN QUESTO COMUNE

14 GENNAIO 1849

SPIRANDO COL GRIDO  VIVA L’ITALIA

I CITTADINI DI S. DONA’ NEL XXXII ANNIVERSARIO.

Dunque una prima traccia della casa dei Guarinoni la possiamo trovare lungo l’argine, un indizio che in effetti possiamo anche intravedere nella cartolina la cui inquadratura dall’alto ci fa pensare effettivamente potesse essere ai piedi dell’argine.

“Il tricolore sulla residenza municipale “
Il Municipio in una cartolina del 1916

Il secondo episodio è posteriore, siamo già a Regno d’Italia costituito, con l’Austria che aveva perso la Lombardia e aveva trasferito la capitale dei suoi possedimenti a Venezia.

« La notte del 24 giugno 1863, quarto anniversario delle battaglie di S. Martino e Solferino, fu inalberata sul culmine del tetto della residenza municipale, ora uffizi dei consorzi, una bandiera tricolore di seta, regalata dalla signora Giovanna Guarinoni, nota per i suoi sentimenti patriottici. All’alba del dì seguente il vessillo sventolò superbo fin tanto che la polizia, scompigliata da tanta baldanza, non riuscì ad impadronirsi del corpo del reato, sul quale s’imbastì analogo processo politico.

Questa dimostrazione ardita, ispirata da alcuni signori del paese, ebbe per intrepidi e avveduti esecutori Giuseppe Mucelli, Giuseppe Baradel e Leopoldo Zaramella, tre distinti operai, tre buoni cittadini, tre ottimi patrioti, i due primi già appartenenti ai volontari del patrio riscatto, e il terzo arruolatosi nel 1866.

Il vessillo incriminato venne dal Pretore custodito nel luogo più sicuro dell’ufficio, ossia nel cassetto della propria scrivania. Nell’ottobre dello stesso anno il Mucelli e lo Zaramella, ai quali si associò Antonio Battistella, tre falegnami decisi di riavere la bandiera, resa sacra dalla persecuzione austriaca, approfittando di una notte in cui imperversava il temporale, con un vento infuriato e con abbondanti scariche di tuoni, penetrarono nell’ufficio pretoriale, ora caserma delle Guardie di Finanza, e scassinate porte e cassetti poterono prendere la bandiera tanto desiderata e uscire inavvertiti.

L’ardua impresa destò in paese grande rumore per il fatto che non furono toccati i denari dei depositi e gli oggetti di valore che si trovavano accanto alla bandiera, e gli autori della sottrazione di questa non lasciarono tracce del loro passaggio. Tuttavia le perquisizioni domiciliari si estesero a molte persone sospette di sentimenti patriottici, ma senza esito, perché la bandiera, bene piegata, poté dal Mucelli venir nascosta nel vuoto invisibile praticato ingegnosamente, in un tagliere di legno, che rimase appeso in cucina insieme a vari altri, e sfuggire così all’occhio vigile della polizia. »

Dopo questa seconda citazione che testimonia dei sentimenti italiani dei Guarinoni di quel tempo torniamo alle vicende famigliari che da quella cartolina abbiamo iniziato a dipanare. Non abbiamo trovato traccia della signora Giovanna citata dal Plateo, sarebbero state necessarie ulteriori ricerche, di certo era collegata allo stesso ramo famigliare da cui siamo partiti per andare indietro nel tempo. Perché il reale protagonista dei Guarinoni a cui quella cartolina si lega è Guido Guarinoni, sindaco di San Donà di Piave dal 1920 al 1923.

I contorni della storia albergano tra i rami dei legami famigliari
L’estratto dell’atto di matrimonio tra Guido Guarinoni e Maria Velluti (1896)

I Guarinoni in quel secolo Ottocento erano una famiglia di possidenti ben in vista a San Donà. Tra l’altro in alcuni loro locali in disuso in via Jesolo mossero i primi passi gli appassionati di teatro sandonatesi con tanto di rappresentazioni. Il nonno di Guido era Giovanni Battista mentre la nonna era Bressanin Maddalena. Anche quest’ultima appartenente ad una famiglia il cui cognome non era sconosciuto tra i possidenti di San Donà. Del resto, anche nelle successive generazioni non mutò l’appartenenza. Il padre di Guido era coetaneo di Giovanna Guarinoni citata da Plateo, Luigi Guarinoni sposò giovanissimo Bortoluzzi Teresa, una possidente di Noventa. Tra i registri di San Donà si riescono a rintracciare diversi fratelli e sorelle di Guido. Il padre morì nel 1881, i figli erano ancora giovani e poco dopo morì anche il primogenito Ugo Antonio. La sorella Alda Maria si sposò con l’ing, Radaelli di Venezia, un legame con la città lagunare che sarà importante per la famiglia i cui interessi anche professionali s’intrecciarono particolarmente con Venezia. Anche Guido divenne ingegnere e conobbe il collega Francesco Velluti di Dolo, di lì a poco ne sposò nel 1896 la sorella diciottenne Maria Velluti. I componenti della famiglia Velluti erano dei possidenti di Dolo i cui genitori erano morti pochi anni prima.  I due novelli sposi andarono a vivere nella casa di famiglia a San Donà di Piave in Rialto Jesolo, 141.  In quella stessa casa viveva anche il fratello Amedeo Guarinoni che nel 1898 aveva sposato Clorinda Crico, figlia del medico di Musile, il dottor Giacomo Crico. Sia Guido che Amedeo ebbero una figlia, nel 1897 Maria Velludi diede alla luce Teresina, mentre Clorinda Crico ebbe nel 1899 Teresa. Entrambi i nomi prendevano spunto come era d’uso un tempo da una nonna, in questo caso quella paterna.

Una immagine di Villa Guarinoni del 1915 (foto di A. Cadamuro)
La cartolina della storia
Un dettaglio dell’immagine di villa Guarinoni, in posa la famiglia del futuro sindaco di San Donà di Piave

E qui la nostra storia torna ad agganciarsi a quella famosa cartolina, quella casa vista dall’alto potrebbe proprio essere stata in Rialto Jesolo, il fotografo Antonio Cadamuro potrebbe averla ripresa dall’argine e cosa ancor più ammirevole in quel giardino posto sul retro della casa si nota l’ing. Guido Guarinoni, all’epoca già consigliere comunale, con parte della famiglia allargata che in quella abitazione viveva. Alla figlia di Guido Guarinoni Teresina veniva inviata la cartolina nel 1915, era firmata da una non meglio identificata Rita e la destinazione era Dolo dove la ragazza si trovava assieme alla madre in quel dicembre. L’Italia era già in guerra, San Donà era percorsa dalle truppe che si muovevano verso il fronte e si iniziava a cercare un posto meno esposto, e di sicuro i possedimenti di famiglia a Dolo lo erano. Qualche anno prima la zia Clorinda Crico rimasta vedova nel 1902, si era sposata con il cognato Radaelli Onofrio, rimasto anch’egli vedovo prematuramente di Alda Maria, sorella del marito di Clorinda. L’ombra lunga della guerra arrivò su San Donà nel 1917, la famiglia Guarinoni nel frattempo aveva trovato riparo a Venezia. La casa di famiglia subì dure conseguenze dal conflitto mondiale trovandosi sulla linea del fronte lungo l’argine del Piave. In una seconda fotografia presente nell’album la si ritrova ridotta in macerie, in quel Rialto Jesolo colpito ripetutamente dall’artiglieria italiana nella San Donà dove le truppe austriache vennero fermate dalla resistenza italiana attestata oltre il Piave. La famiglia Guarinoni mantenne la residenza a Venezia anche successivamente, tanto che nonostante Guido Guarinoni nel 1920 fosse divenuto sindaco di San Donà di Piave i successivi matrimoni in quei primi anni venti di Teresa e Teresina celebrati a Venezia negli atti i genitori risultano ancora residenti a Venezia.


Villa ridotta in macerie dopo la prima guerra mondiale

Racconto diviso in due parti: 1. Villa Guarinoni, immagini vecchie di un secolo – 2. Guido Guarinoni Sindaco di San Donà di Piave

Per approfondimenti: 1. « Il territorio di S. Donà nell’agro d’Eraclea » (1905) di Teodegisillo Plateo; 2. « S. Donà di Piave e le Succursali di Chiesanuova e di Passarella » (1928) di Mons. Costante Chimenton.

Antonio Pasinetti, un fotografo di San Donà

Cartolina viaggiata del 1940 (Ed. Fratelli Dall’Oro, fotografia Antonio Pasinetti, Fotocelere di A. Campassi – Torino)
I fotografi di San Donà dall’Annuario del Regno d’Italia 1935

In via Borgo, poi via Vittorio Emanuele, quindi corso Silvio Trentin sempre vi è stato un fotografo. Che sia egli Battacchi, oppure Pasinetti, o anche Striuli le loro immagini sono rimaste impresse nella storia sandonatese in quanto sono state oggetto di cartolina. Un biglietto da visita importante di San Donà di Piave e come tale oggetto da collezione e testimanianza da tramandare ai posteri.

Foto da cartolina

Una macchina fotografica a pellicola dell’epoca.

E allora ci par di vederli i fotografi di quegli anni muoversi con quei loro strumenti di lavoro, solo lontani parenti di quelli sconfinati nell’oggi dell’era digitale. Doveva essere una strumentazione piuttosto ingombrante quella che veniva utilizzata all’epoca che sicuramente non sfuggiva agli occhi dei passanti, molti dei quali divenivano parte attiva degli scatti del fotografo anche perchè liberare la scena poteva risultare un pò complicato. E allor si capisce come i fotografi cercavano sovente degli orari dove i soggetti in movimento fossero pochi e non costringessero gli stessi a sprecare inutilmente lastre e pellicole in cerca del giusto scatto che solo in un secondo tempo avrebbero potuto controllare.

Tutto in una notte, degli indimenticabili scatti

Cartolina viaggiata del 1942 (Foto Antonio Pasinetti, Fotocelere di A. Campassi – Torino)

E viaggiando ancora di immaginazione pensiamo ad Antonio Pasinetti che in fatto di cartoline ha contribuito in modo importante, con degli scatti di assoluto valore beneficiati all’epoca anche da dei formati che valorizzavano al massimo l’immagine proposta nelle cartoline. In particolare gli scatti notturni di Piazzetta Trevisan devono avere avuto una preparazione particolarmente accurata. I lampioni accesi, la fontana pienamente funzionante, di sicuro non furono pochi nemmeno i permessi per riuscire a realizzare il tutto. Non ci stupiremo che la sua opera fosse stata richiesta dalle autorità dell’epoca, un modo per celebrare artisticamente la collocazione della nuova fontana al centro della piazza di fronte al Duomo. E allora pensiamo al fotografo mentre studia la scena, guarda le luci a disposizione e cerca la giusta angolazione per trovare la migliore inquadratura. Un lavoro talmente accurato che di quella piazza possiamo ora ammirarne ben tre scatti divenuti cartolina. Sembra quasi di accompagnare l’autore in quel notturno contesto seguendo quel suo obiettivo quasi fosse uno guardo reale. Un accompagnarci passo passo intorno a quella piazza sentendo i rumori e apprezzando le luci, le ombre e i precisi contorni dei dettagli.

Cartolina viaggiata del 1935 (foto di Antonio Pasinetti, Fotocelere di A. Campassi – Torino)

La fontana di Piazzetta Trevisan

Il duomo distrutto nel 1918 ritratto dalle case che all’epoca erano poste nello spazio che poi sarà destinato a piazzetta Trevisan

Le cartoline sono della metà degli anni Trenta e furono più volte riproposte anche in successive edizioni sino agli anni sessanta. Quella Piazza fu voluta dall’arciprete Luigi Saretta all’alba della ricostruzione dopo il buio e la distruzione della grande guerra. Prima di fronte al vecchio duomo la città si era interamente sviluppata lungo la via principale che dinanzi passava, oltre quella linea di case non vi era nulla. Nel ridisegno della città con la riedificazione del nuovo duomo venne sviluppata frontalmente anche una piazza appena oltre il corso il principale intitolata ad Angelo Trevisan, esponente di quella casata a cui è legata l’origine stessa di San Donà. Uno spazio che venne pienamente utilizzato nel 1925 in occasione del Congresso Eucaristico e che successivamente vide la collocazione della fontana. L’anno preciso lo si può desumere da una cartolina dell’epoca, alla base della fontana viene indicato l’anno fascista XII°, ovvero il 1934. Il che ci riconduce a quegli scatti fotografici di Antonio Pasinetti, poi divenuti cartolina.

La fontana di Piazzetta Trevisan in una cartolina viaggiata del 1934, l’iscrizione alla base indica lo stesso anno della cartolina ovvero il XII° anno fascista.
Quell’angolo del Duomo nel 1932

Quell’angolo del Duomo nel 1932

Il timbro della cartolina del 1932

Quelle storie sospese che s’incrociano nelle cartoline hanno un nuovo capitolo. Non tanto per lo scritto questa volta ma per i protagonisti della storia. Di sfuggita avevo intravisto solo l’immagine, sembrava quasi il classico soggetto religioso che talvolta s’incrocia in talune cartoline. A guardarla bene aveva un qualcosa di famigliare, un già visto che poteva avere un nesso passato ma non certezza. Ed invece una volta arrivatami in mano ecco scoprirne anche la didascalia. Il velo subito è sceso e il nesso sandonatese è stato subito scoperto, quel granello di ricordo è divenuto montagna. L’approfondimento poteva iniziare.

La cappella del Duomo di San Donà di Piave
Il fronte della cartolina viaggiata del 1932, con l’altare della Cappella del Duomo di San Donà

L’immagine è della fine degli anni venti, ovvero di quel periodo nel quale anche il nuovo Duomo sandonatese conobbe la sua completa ricostruzione dopo la grande guerra. La stessa immagine la si trova nel libro di Monsignor Chimenton “S. Donà di Piave e le Succursali di Chiesanuova e di Passarella” (1928). E’ uno scatto del fotografo sandonatese Batacchi, sono molte le sue immagini della città contenute nel libro del Chimenton e ancor più numerose quelle divenute cartoline in quegli anni. Il soggetto ritratto in questa immagine è l’altare dedicato a San Vincenzo Ferreri presente nella Cappella della Fonte Battesimale nel Duomo di San Donà di Piave, la prima cappella alla destra dell’altare principale. Offerto alla parrocchia dal cav. Dott. Vincenzo Janna, sopra l’altare campeggia una pala dipinta dal pittore Cherubini incastonata in un mobile fatto dall’intagliatore Papa su disegno dell’architetto Torres.

Così descriveva Monsignor Chimenton la pala dedicata a San Vincenzo Ferreri: « La Madonna delle Grazie campeggia in posto d’onore, su quella tela, seduta su di un ricco trono, come una matrona; fra le sue braccia sostiene il Bambino. Riccamente vestita, in un atteggiamento dolce e delicato, unitamente con il suo Figliuolo Divino volge il suo sguardo verso i Santi che stanno ai piedi del suo trono, e verso i fedeli che presentano le loro venerazioni: sembra ripetere che la sorgente della sua grandezza e dei suoi trionfi è nella Divina Maternità. Dietro il trono della Vergine, sullo sfondo che si allunga come in una visione di panorama, si scorge il nuovo tempio di S. Donà di Piave, ultimato in tutte le sue parti, anche nel suo nuovo pronao, e il campanile ».

Una fotografia odierna della pala dedicata a San Vincenzo Ferreri

« Ai piedi del trono della Vergine stanno i Santi patroni della cittadina, che ricordano la diocesi di Treviso e la vecchia Gastaldia di S. Donà: S. Liberale, che regge lo stendardo del Comune di Treviso, è in atteggiamento di perfetto guerriero, dalla divisa romana, e la corazza sul petto; tiene la sua fronte rivolta alla Vergine; con le mani congiunte sembra impetrare da Maria nuove grazie per la diocesi di cui è patrono, come ne ottenne per la stessa durante la guerra; San Vincenzo Ferreri, nel suo abito domenicano, la più bella fiugura, forse, del quadro, che additando con la mano sinistra la Vergine, la mano destra poggiata sul petto, ricorda in parte almeno, il programma della sua predicazione; S. Donato Vescovo sostiene nella sua destra il pastorale e nella sinistra il libro del Vangelo: è la figura solenne del patrono della Gastaldia; S. Marco evangelista, austera figura di pensatore e d’inspirato, che, la fronte leggermente sollevata, l’occhio raccolto come di chi medita su quanto sta compiendo, o meglio su verità che devono formare la base della nuova fede, scrive il suo Vangelo: seduto su d’un masso, ha presso di sé il fulvo leone, simbolo della gloriosa repubblica di Venezia ».

Una cartolina sorprendentemente rara che non ricordo di aver mai incrociato e che potrebbe essere parte anche di una serie di cartoline.

Nella mappa del Duomo l’esatta ubicazione dell’altare nella cappella della Fonte Battesimale
La tipografia S.P.E.S. San Donà di Piave
La tipografia S.P.E.S. con vista Duomo

Anche il retro porta una sorpresa relativa alla stampa della cartolina. A editare e stampare la stessa è la S.P.E.S. di Evaristo Da Villa che delle cartoline poi farà una missione con una sterminata varietà nei decenni successivi anche se la tipografia sandonatese non la si trova più stampigliata sul retro. Riguardo alla S.P.E.S. ci viene in soccorso ancora Monsignor Chimenton che di questa tipografia scrive « La tipografia Spes sorse dopo la guerra. Iniziò il suo lavoro in casa Gnes, in viale Margherita. Nel 1926 si trasportò in un locale più ampio, più adatto, in via Giannino Ancillotto, presso il nuovo teatro Verdi. Ne è proprietario Evaristo Da Villa, la direzione tecnica è affidata al signor Guido Zottino.

Quel destinatario depositario di una storia
Il destinatario della cartolina del 1932

La cartolina è  del 1932 e venne inviata a Roma presso l’Ospizio Salesiano del Sacro Cuore dove risiedeva il chierico Luigi Ferrari. Questi altri non era che uno dei tre salesiani che nel 1928 arrivarono a San Donà di Piave per partecipare alla fondazione dell’Oratorio Don Bosco, all’epoca già in costruzione. Oltre al chierico, vi erano il direttore don Riccardo Giovannetto e il coadiutore Mauro Picchioni. I tre legarono la loro permanenza sandonatese non solo in ottica costruzione dell’Oratorio ma prestarono la loro opera anche all’Orfanotrofio fondato subito dopo la conclusione della prima guerra mondiale.

L’arrivo dei salesiani a San Donà di Piave
Bollettino Salesiano nr. 11 novembre 1928

Una descrizione molto significativa dell’arrivo dei tre salesiani a San Donà di Piave è contenuta nel Bollettino Salesiano nr. 11 del novembre 1928 (pag. 7):  « Il 24 settembre, giorno in cui il popolo di S. Donà di Piave celebrava la festa in onore della Madonna del Colèra, i Salesiani fecero ingresso in città per dar principio al loro apostolato tra la gioventù. L’accoglienza che il buon popolo fece ai nostri confratelli, fu la più entusiastica che si possa immaginare.  Alla stazione erano ad attenderli l’Arciprete Mons. Luigi Saretta, che tanto si adoperò per avere in S. Donà i Figli di Don Bosco, e con lui erano la Contessa Corinna Ancilotto, benemerita Presidente dell’Orfanotrofio, Donna Amelia Fabris e Donna Maria Bortolotto del Comitato d’onore; le signore Perin, Bastianetto e Bagnolo del gruppo Donne Cattoliche; il Cav. Magg. Peruzzo, il cav. Marco Bastianetto, l’ing. Ennio Contri, il geom. Attilio Rizzo, i sig. Giuseppe Bizzarro, Alberto Battistella, Umberto Roma ed altri di cui ci sfugge il nome, per il Comitato esecutivo pro Oratori e per gli Uomini Cattolici. Dopo un breve saluto e colloquio nella sala d’aspetto, gentilmente concessa dal Capo Stazione, li attendeva una immensa folla che li accolse con evviva ed esclamazioni mentre i fanciulli eseguivano con l’accompagnamento della Banda locale, apposito inno composto dal Rev.mo Arciprete. »

In corteo verso il sentro cittadino. « S’iniziò il corteo aperto dai bambini dell’Orfanotrofio, dai Fanciulli della Dottrina, dagli Aspiranti al Circolo, dal Circolo Giovanile, e dietro agli Uomini Cattolici, venivano i Salesiani circondati dal Clero locale, dal Comitato Esecutivo dell’Oratorio e dalle Autorità. Seguiva una folla immensa di signore, di donne del popolo, di giovanette del Circolo, di Piccole Italiane, e in coda per adesione in segno di onore, una interminabile fila di automobili delle principali Famiglie del paese. Il corteo imponente si diresse al Duomo fra una festa di sole, di canti, di suoni, uno sventolio di bandiere e due ali di popolo reverente e festante. Da tutte le case su tutti gli alberi erano scritte inneggianti ai Salesiani. Giunti in Piazza del Duomo il corteo si fermò su l’atrio ove, accompagnato dalla Banda fu di nuovo eseguito l’inno da migliaia di voci.

In una fotografia ritratta all’Orfanotrofio in quegli anni, sono presenti i tre salesiani. Nella foto si riconoscono tra gli altri: il primo seduto a sinistra MAURO PICCHIONI, il chierico P. Pretz, MONSIGNOR LUIGI SARETTA, don RICCARDO GIOVANNETTO, don L. Castellotti, don G. Giacomelli, il sig. G. Rocco. In alto in veste nera, uno dei protagonisti di questa nostra storia il chierico LUIGI FERRARI

Il saluto in Duomo.  Entrati nella Chiesa affollata di popolo, i Salesiani ricevettero il saluto da mons. Vescovo di Treviso. Mons. Longhin ricordò la lunga attesa, le preghiere, le suppliche dell’Arciprete e prendendo lo spunto dall’immensa moltitudine presente fece rilevare come tutto il popolo avesse desiderata ed attesa la venuta dei Salesiani. In nome di tutti e in nome proprio, Egli si disse lieto di salutarli: Benedicti! Sicuro che traendo lo spirito e gli auspici del grande Educatore don Bosco, essi avrebbero compiuta opera feconda di bene nella vasta Parrocchia. Si augurò di veder presto sugli Altari il Fondatore della Famiglia Salesiana, lieto di tornare a S. Donà per celebrare le virtù e le glorie di Giovanni Bosco.

La processione in onore della Madonna del Colera del 24 novembre 1928

Dopo la Messa solenne celebrata da mons. Valentino Bernardi con assistenza di S. E. Mons. Vescovo e di numeroso Clero, i Salesiani furono accompagnati in Canonica dove ricevettero l’omaggio del l’ill.mo sig. Podestà Dr. Costante Bortolotto e dei due vice podestà sig. Giuseppe Fornasari e sig. Giuseppe Davanzo.

Sul mezzogiorno Autorità e Clero in bella armonia di gioia e di festa, si raccolsero in Canonica a banchetto insieme con mons. Vescovo e i Padri Salesiani. Al levar delle mense brindarono, acclamatissimi l’Arciprete e il Podestà. Rispose il Rev.mo Ispettore Don Festini ringraziando commosso.

La processione pomeridiana.    Nel pomeriggio si svolse la tradizionale interminabile Processione sigillata da un ispirato discorso di monsignor Vescovo. Tal festa rimarrà in benedizione ed in memoria nel cuore di tutti i Sandonatesi. »

Questa la relazione pubblicata dall’ottimo AVVENIRE D’ITALIA del 29 settembre . « Sentiamo il dovere di esprimere a Mons . Longhin, al R .mo Sig. Arciprete, alle Autorità e a tutte le egregie persone che ebbero parte attiva in questa dimostrazione, la nostra riconoscenza. Particolarmente a Mons. Saretta, che volle con un bellissimo Numero Unico intitolato : I Salesiani a S . Donà di Piave far conoscere alla buona popolazione l’opera di D. Bosco e l’apostolato dei suoi figli. Nella lettera con cui annunziava la venuta dei Salesiani, diceva ai suoi parrocchiani : Fin dal primo istante i Salesiani devono sentire la simpatia, la benevolenza, il cuore di S. Donà di Piave. Li accompagneremo all’Altare, per sciogliere l’inno della riconoscenza e per invocare la benedizione del Signore sopra di loro e sopra i nostri figli». I salesiani hanno sentito ciò nell’accoglienza del 24 settembre e sperano che la benedizione del Signore e la benevolenza del popolo sandonatese li aiuteranno a esplicare con frutto la propria missione. »

E come d’incanto anche il mittente è d’eccezione

Ricca la storia contenuta in questa cartolina, da ogni parte la si guardi offre spunti di approfondimento. Manca solo di conoscere chi abbia scritto al chierico Luigi Ferrari in quel 1932. Come la ciliegina sulla torta è da sempre considerata l’ultima preziosità ivi depositata, anche il mittente è la giusta conclusione di questa nostra storia. Lo scritto è breve quasi una stringata risposta ad una precedente missiva. “Anch’io….ricordando” è l’unica frase inserita, accompagnata dalla firma: Luigi Saretta, ovvero l’arciprete di San Donà di Piave.

Le poche parole scritte da Monsignor Saretta.

Per approfondimenti: 1. « S. Donà di Piave e le Succursali di Chiesanuova e di Passarella » (1928) di Mons. Costante Chimenton; 2. « Storia cristiana di un popolo – San Donà di Piave » (1994, De Bastiani Editore) di Domenico Savio Teker; 3. « Ancora un giro in giostra » (2006, Tipolitografia Colorama) di Wally Perissinotto; 4. « Cent’anni di carità » (2021, Digipress Book) a cura di Marco Franzoi; 5. le pagine dei siti Inoratorio.it e Duomosandona.it