Il 9 novembre 1917 l’acre odore delle mine si diffonde su San Donà di Piave

Tratto da “S. Donà di Piave e le succursali di Chiesanuova e di Passarella” di Monsignor Costante Chimenton (1928, capitolo IV pp. 179-181)

1917 - Ponte carrozzabile sul Fiume Piave
Ponte carrozzabile sul fiume Piave

2 – E si iniziò subito l’opera di salvataggio

Le suore dell’ospedale civile di S. Donà, in numero di otto, si trovarono tutte sole, con due infermiere e con 160 ammalati. La notte del 5 novembre l’ospedale fu sgomberato a cura della C. R. dell’Ordine di Malta, e le suore rimasero in quel vasto ambiente, ripieno di un ricco corredo sanitario. La mattina del 6 novembre, mentre il Genio Militare impartiva le ultime disposizioni per il brillamento del ponte e del campanile, e nel paese regnava lo squallore, e si incominciavano i primi saccheggi e le prime devastazioni da parte dei soldati e dei borghesi, le suore di S. Donà, trasportando quanto poterono di effetti personali e di materiale ospitaliero, per consiglio di Mons. Luigi Saretta, si trasferirono a piedi nella casa delle suore Giuseppine di Grisolera, al Conventino, a undici chilometri da S. Donà ; al Conventino pure si rifugiarono le suore addette all’asilo infantile : attesa la natura della posizione, si poteva presumere che in quella località non avrebbe infuriato la battaglia. – Quella casa doveva rappresentare una tappa provvisoria. Lo stesso giorno, aiutate da S. A. la Duchessa d’Aosta, incontrata nella fuga, per mezzo di un camion poterono trasportare a Grisolera pochi generi alimentari, pochi medicinali, gli arredi sacri della cappellina, un po’ di indumenti e di masserizie e i registri dell’amministrazione.

2 novembre 1917 i funerali di alcuni caduti (Foto Scarlatti, San Donà di Piave)

I documenti del Comune messi in salvo dal sindaco a Firenze

Il sindaco si era allontanato il 4 novembre. Con il sindaco dovette allontanarsi pure il segretario : la disposizione draconiana non ammise indugi : su di un camion militare, l’autorità comunale si allontanò da S. Donà di Piave, asportando i registri che riguardavano la vita civile, i documenti principali e i valori. – Non dimentichiamo : l’opera compiuta dal sindaco di S. Donà fu in quei giorni ammirabile.

Poco, forse, potè ottenere dall’autorità militare : in quei giorni non si sapeva, spesso, che cosa si facesse! Ma l’opera del sindaco fu provvidenziale, altamente patriottica : conscio del suo dovere, partì quando vi fu strappato per forza ; fu visto piangere sul ponte di S. Donà e a Musile : lontano da S. Donà, nell’interno dell’Italia, continuò quell’opera benemerita, che completò più tardi nella sua patria redenta. L’opera del sindaco Bortolotto si ricorda anche oggi ; si ricorderà sempre con affetto e riconoscenza. – Non ostante la confusione di quei giorni, il sindaco Bortolotto potè raccogliere tutti i valori della Banca Mutua Popolare e dell’Esattoria, l’archivio e i documenti del municipio, l’incartamento dei consorzi idraulici, tutto il voluminoso incarto dello Stato Civile. Questo materiale, rinchiuso in trenta sacchi, a mezzo di un camion, fu inviato a Marano : il materiale, in via provvisoria, fu depositato in casa del comm. Mariacher. – il cav. Bortolotto, il 5 novembre, si portò in prefettura di Venezia : domandò un carro ferroviario per mettere al sicuro in Firenze, quanto con difficoltà aveva trasportato dalla cittadina del Basso Piave. Ma in prefettura di Venezia ebbe una fredda accoglienza. Domandò allora un colloquio con S. E. l’on Foscari : per l’interessamento dell’on. Foscari ottenne un carro ferroviario per il trasporto del materiale : il carro ferroviario fu scortato dai soldati fino a Firenze. – E a Firenze il cav. Bortolotto fu accolto con vera gentilezza dal Prefetto e dal sindaco, e dalle pubbliche autorità ottenne tutti gli aiuti per la sistemazione provvisoria degli uffici di S. Donà di Piave.

San Donà di Piave in una immagine prima della guerra

Per chi rimane inizia il problema di sopravvivere

In quei giorni bisognò provvedere al vitto per gli ammalati che non furono asportati, e per i borghesi che erano rimasti sul posto e che si videro ormai impedita la via della partenza. Unico mezzo : appropriarsi delle derrate alimentari abbandonate nei magazzini e nelle botteghe di coloro che avevano lasciato S. Donà fin dal 30 ottobre o nei primi giorni di novembre. Non fu una rapina ; fu una distribuzione provvidenziale, eseguita sistematicamente e in piena regola, a tanti indigenti e a tanti sofferenti. Si tentò anche di far funzionare il molino elettrico della Ditta Casonato ; ma il tentativo fallì per mancanza di elementi tecnici, e, in seguito, per mancanza di energia.

Mercoledì 7 novembre 1917 viene fatto brillare il campanile

Il giorno 7 novembre, mentre Mons. Luigi Saretta si trovava a Grisolera impegnato per il trasporto del materiale ospitaliero, furono sistemate le mine nel campanile di S. Donà : il brillamento di effettuò alle ore 23 : uno schianto, come un ruggito, susseguito da una scossa quasi di violento terremoto che si ripercosse a 10 km, di distanza, e da una densa colonna di fumo e di polverio che si diffuse su tutto il paese, seguito dal gridìo spaventoso del popolo che interpretò in quella caduta la sua ultima condanna, la fame e la prigionia. A quel tristissimo funerale assistette, pallido e tremante, il cappellano don Giovanni Rossetto, attualmente arciprete in Noventa di Piave.

Il campanile fatto brillare dal Genio militare italiano mercoledì 7 novembre 1917 alle ore 23.00

Fu veramente il primo segnale della prigionia ; da questo momento il passaggio sul ponte fu sospeso definitivamente per i borghesi, e aperto soltanto alla truppa.

La mattina del giorno 8 novembre, Mons. Saretta, di ritorno da Grisolera, vide le rovine del suo campanile : il dolore, l’affanno di quei giorni, il susseguirsi delle commozioni lo avevano reso insensibile a tutto; con lo stesso veicolo riprese il viaggio verso Grisolera per trasportare al Conventino il materiale dell’asilo e un po’ di derrate alimentari, conservate ancora e risparmiate dalle devastazioni di quei giorni. Fu di ritorno a S. Donà la sera stessa.

Venerdì 9 novembre 1917 a brillare furono i due ponti sul Piave

La mattina del giorno 9 novembre, alle ore 4, fu fatto brillare il ponte ferroviario dai soldati della 20 Comp. Minatori, comandata dal cap. Ettore Borghi ; alle ore 11, fu fatto brillare il ponte carrozzabile ; il giorno precedente il ten. Leonardo Trevisiol aveva fatto demolire il camino dell’Iutificio (1 – Dobbiamo queste informazioni precise al ten, ing, Leonardo Trevisiol, della 20 Comp. Minatori, il quale, nelle sue memorie di guerra scrive : “Campanile di San Donà, demolito il 7 novembre, ore 23, dal cap. Borghi; camino dell’Jutificio e campanile di Noventa, demoliti l’8 novembre, dal ten. Trevisiol; ponte della ferrovia, fatto brillare il 9 novembre, ore 4 antim., e ponte carrozzabile, lo stesso giorno, ore 11, dal cap. Borghi e ten. Trevisiol della 20 Comp. Minatori”.

Il ponte della ferrovia distrutto dal Genio militare italiano venerdì 9 novembre 1917 alle ore 4.00

L’occupazione raccontata da Monsignor Chimenton in “San Donà di Piave e le succursali di Chiesanuova e di Passarella” nei post dedicati:

29 ottobre – 5 novembre 1917 prima parte; 6 – 9 novembre 1917 seconda parte; 9 – 11 novembre terza parte; 9 – 12 novembre (Passarella) quarta parte; 12-14 novembre 1917 (Passarella) quinta parte; 14 – 15 novembre 1917 (Chiesanuova) sesta parte; 13 novembre 1917 (Grisolera) settima parte; 14 – 18 novembre 1917 ottava parte; 16 – 21 novembre 1917 (Passarella e Chiesanuova) nona parte; 19 – 22 novembre 1917 (San Donà) decima parte; 23 – 30 novembre undicesima parte; 22 – 30 novembre 1917 (Torre di Mosto) dodicesima parte; 1 – 5 dicembre 1917 tredicesima parte; 6 – 8 dicembre 1917 quattordicesima parte; 8 – 15 dicembre 1917 quindicesima parte; 16 – 30 dicembre 1917 sedicesima parte; 31 dicembre 1917 – 5 gennaio 1918 diciassettesima parte