« Nanni » Perissinotto, il bomber che stregò la Capitale

«Le interviste ritrovate»: Quando circa quindici anni fa iniziammo a raccogliere il materiale per il libro sul San Donà, le interviste potevano essere una chiave del racconto della storia biancoceleste. Poi assunsero un ruolo minore e divennero parte del racconto dell’annata. Ora alcune di quelle interviste sono tornate alla luce, la terza….

San Donà 1946-47 – Giordano Striuli, Primo Perissinotto, Ferriguti, Tonon, Buoso, Avon, Scalamera, Angelico. Accosciati: Bincoletto, Ferriguti, GIOVANNI PERISSINOTTO, De Pazzi

di Giovanni Monforte

Attaccante versatile, capace di spaziare sia a destra che a sinistra, Giovanni “Nanni” Perissinotto è ricordato dagli amici come « un fulmine a ciel sereno », perché dotato di gran velocità. Una carriera sfavillante la sua, culminata con gli anni d’oro in cui i suoi gol incantavano il pubblico del “Flaminio” di Roma. E pensare che i primi calci li diede più che altro per gioco. « Con l’inizio della seconda guerra mondiale, nel 1943, tutti i campionati furono sospesi – ricorda Nanni Perissinotto -. Giocavamo delle amichevoli al Don Bosco o nei Comuni della zona. Ricordo che una volta andammo a fare una partita a Portogruaro. Avevamo creato una squadra di amici, con noi c’era tra gli altri anche Guerrino Striuli. Partimmo alcuni con la motoretta, altri con il camion. E giocammo questa amichevole. A metà partita, però, arrivarono i caccia inglesi a bombardare e dovemmo correre ai ripari nei rifugi. La sera siamo rientrati a casa tardi: per strada trovai la guardia fascista e, siccome era in vigore il coprifuoco, fui arrestato. Fortunatamente mio padre li conosceva e mi tirò fuori da quella brutta situazione ».

Gli inizi nel dopoguerra
San Donà 1946-47: da sinistra, Primo Perissinotto, GIOVANNI PERISSINOTTO e Lorenzo Trame

Venne infine il tempo della Liberazione e, dopo la fine del conflitto, Perissinotto allora ventenne potè dare sfogo al suo amore per il pallone. E la prima maglia che indossò fu proprio quella del San Donà. « Le prime partite le giocammo senza dirigenti. Lo stadio era stato utilizzato dai tedeschi durante i combattimenti ed era molto malconcio. Mi ricordo che andammo a rubare la rete per ricostruire la recinzione. Allestimmo una squadra, i campionati dovevano ancora riprendere e così disputavamo qualche partita amichevole a Ceggia o a Jesolo. Nel frattempo, si andò formando la dirigenza e ci ritrovammo tutti coinvolti in questa nuova, entusiasmante avventura. Il primo presidente fu Odone Farina. Ante guerra il San Donà militava in serie C e da lì ripartimmo. Abbiamo disputato la C per tre stagioni. Poi il quarto anno venne varata una riforma dei campionati: le prime classificate rimanevano in C, le altre finivano in Promozione”. Sorte che toccò anche al San Donà. « In quegli anni – prosegue Perissinotto – potevamo definirci una squadra semiprofessionista: giocavamo discretamente e riuscivamo a piazzarci bene in classifica. A parte tre o quattro giocatori, tutti eravamo originari di San Donà, mentre ad allenarci c’era un friulano, Miconi. Era la più bella squadra che si potesse fare, tutti amici. All’epoca lavoravo nel settore del trasporto dei cavalli: li facevo correre e per allenarmi li inseguivo ».

Nel 1948 il passaggio al Mestre, poi il grande salto all’Udinese
Mestrina 1948-49 – In piedi da sinistra: In piedi da sinistra: il dirigente Viareggio, Borsetto, Darin, Di Franco, Niero, Schiavon, Lombardi; Accosciati: il massaggiatore Mion, Tommasi, Perissinotto, Caon, Marastoni, Dalle Vacche.

Chiusa la prima esperienza in riva al Piave, Perissinotto spiccò il volo verso le serie maggiori. Ma Nanni si permise di dire no all’Inter. « Con Bruno Marusso e Guido Meo, sono andato a fare un provino all’Inter. Però la Mestrina era disposta a prelevare anche mio fratello, Primo. Preferivo rimanere in sua compagnia e per questo scegliemmo entrambi di accasarci alla Mestrina. Fu anche una questione di soldi, perché alla Mestrina ci offrivano 800 mila lire di ingaggio, più 35 mila lire a testa al mese. Mentre l’Inter ci avrebbe dato meno, perché era disposta a prelevare solo me. Dopo Mestre, a mio fratello offrirono un ingaggio nel sud Italia, ma lui, che aveva vissuto anche la brutta esperienza della prigionia durante la guerra, non se la sentì ». Per Nanni, invece, un anno alla Mestrina, poi il trasferimento all’Udinese, che allora militava in serie B. « Alla Mestrina c’era il celebre trio Darin, Perissinotto, Dalle Vacche. Arrivammo secondi in serie C, proprio dietro l’Udinese, che conquistò la promozione in serie B. E, in estate, tutti e tre fummo acquistati dai friulani. Vincemmo subito il campionato e andammo in serie A ». Quella stagione il trio si sciolse. « Dalle Vacche si ruppe una gamba e da allora giocò solo con la squadra del suo paese. Darin, invece, si trasferì nel sud Italia. Quanto a me, rimasi anche la stagione successiva, nella massima serie. Era l’Udinese di Zorzi e Vicic. Quando incontrammo la Roma, segnai due gol e la mandai in serie B ».

UDINESE 1950-51: In piedi da sinistra: Zorzi, Forlani, Rinaldi, Feruglio, Martinis, Darin, Vicich, Soerensen, Paulinich, Toppan, Bergamasco. Accosciati: Dalle Vacche, Angelini, Perissinotto, Snidero, Roffi, Farina, Brandolin.
Perissinotto viene ceduto alla Roma
La prima presenza in assoluto di Perissinotto con la maglia della Roma, il 26 agosto 1951 nell’amichevole della Roma giocata ad Ancona. Vinsero i giallorossi 3-1, la terza rete fu segnata da Perissinotto.

Ironia della sorte l’estate seguente Perissinotto passò proprio in giallorosso. « In quei giorni mi trovavo a Chianciano. Mi telefonarono i dirigenti dell’Udinese, per informarmi che mi avevano ceduto alla Roma e che dovevo presentarmi nella capitale per firmare il contratto. Il tutto senza che prima fossi stato interpellato. Allora andai a Roma e mi trovai, io ragazzo di provincia, in una sala con seduti attorno a un tavolo tutti i big della società. Mi informarono che avevano trovato l’accordo con l’Udinese e mi chiesero cosa volessi come onorario. Tutto tremante, azzardai: « Facciamo un contratto che preveda 5 milioni per il primo anno. Poi il secondo, se mi vorrete confermare, mi accontenterei di 4 milioni. Altrimenti, tante grazie lo stesso ». Rimasero tutti in silenzio, ma poi dissero di si. Mi è sempre rimasta la convinzione che, se avessi chiesto di più, avrebbero accettato comunque. A Roma ho disputato tre stagioni. Vincemmo subito il campionato di serie B e poi ho giocato altre due annate in serie A. Con noi c’era anche il fratello di quel Nordhal, che fu una bandiera del Milan. Per due stagioni abbiamo giocato al Flaminio, poi anche all’Olimpico, che all’epoca non era stato ancora inaugurato ». La cerimonia ufficiale si tenne nel maggio del ’53, con una partita contro la grande Ungheria. « Delle volte – continua Perissinotto – abbiamo fatto anche 80 mila spettatori. Di quegli anni, mi è rimasta impressa nella mente una partita contro la Juventus, che in quella stagione rischiò di andare in serie B. Vincemmo 3-0, ma avremmo potuto fare anche dieci gol. Solo che, sarà stata la foga o la voglia di segnare a tutti i costi, alla fine sbagliai diverse occasioni da rete, pur segnando due gol. E così il giorno dopo alcuni giornali scrissero che “Solo la bontà di Perissinotto ha salvato la Juventus” e altri ancora che “Soltanto Perissinotto poteva sbagliare otto gol” ».

Il ritorno a Udine, il secondo posto e l’infortunio
Perissinotto in una figurina del periodo in bianconero


Chiusa la parentesi della Capitale, Perissinotto fece ritorno a Udine. Era la stagione 1954-55 e i friulani, fra cui militavano Bettini e Selmoosson, giunsero secondi dietro i rossoneri di Schiaffino e Liedholm. « Ma ci mandarono in serie B a tavolino, per un sospetto di corruzione » ricorda il bomber sandonatese. Perissinotto trascorse altre due stagioni in Friuli, per poi far ritorno al suo primo amore, il San Donà, nel 1957. Nell’ultima stagione friulana però praticamente non giocò. « Giocando da professionista mi ero infortunato ad un ginocchio. Fui operato due volte e avevo maturato la decisione di non giocare più ».

Nanni torna grande a San Donà

San Donà 1958-59 – In piedi: Perissinotto, Cornaviera, Zago, Miotto, Salvadoretti, massaggiatore Paludetto, Mingardi
Accosciati: Bonora, Maschietto, Paludo, G. Brollo, Beffagna

« Tornato a vivere a San Donà, però, i dirigenti biancocelesti mi hanno pregato di venire a dare una mano alla società, anche senza giocare. Fu così che alla fine disputai altri sei campionati, senza mai accusare un problema fisico. Eravamo tutti dilettanti, facevamo due allenamenti a settimana, ma erano molto duri. La squadra era solida, affiatata, fatta di giocatori di esperienza, tanto che abbiamo vinto due campionati di seguito: nel 1958-59 e nel 1959-60, arrivando in serie D ».
Al San Donà Perissinotto ricoprì per alcuni anni anche la duplice veste di allenatore e giocatore. Infine, la sua lunga carriera si chiuse, tranne una breve parentesi nel 1963: « Perdemmo lo spareggio contro il Faenza e retrocedemmo, ma poi la squadra venne ripescata – conclude Perissinotto. Pensare che nel girone di andata eravamo in testa alla classifica. Ma poi ci condizionarono alcuni arbitraggi discutibili e una serie di infortuni. Quindi ho fatto un altro paio di mesi nel 1965 come allenatore. Ma ormai ero stanco del calcio e così ho iniziato a fare il camionista al fianco dei miei fratelli ». Di Perissinotto ricordano che fosse un allenatore rigoroso, amante soprattutto della puntualità. Una volta si permise di lasciare a casa perfino il suo compare: « Se lo avessi perdonato, gli altri avrebbero fatto quello che volevano », scherza adesso lui.

Quel sogno Nazionale

Di tanti anni di calcio a Perissinotto resta solo un rammarico: il fatto di non essere riuscito a vestire mai la maglia della Nazionale, benché fosse anche stato convocato per un paio di raduni. « Fui convocato una volta a Bologna, insieme a Darin. Era più o meno il 1950, perché ero ancora a Udine. Purtroppo però fui bloccato da un’infortunio. Prima ancora ero stato chiamato per una partita negli Stati Uniti che avrebbe dovuto ricordare la tragedia dei giocatori del grande Torino, morti a Superga. Ma quella volta fui bloccato da un attacco di appendicite ».

« Le interviste ritrovate » : 1. Antonio Cornaviera; 2. Silvano Tommasella; 3. Giovanni Perissinotto; 4. Antonio Guerrato; 5. Orfeo Granzotto.

I Protagonisti del calcio sandonatese: 1. Francesco Canella “Dall’Oratorio al tetto del mondo”; 2. Arturo Silvestri con lo scudetto sul petto nella stagione 1951-52; 3. Guerin Sportivo | Adriano Meacci: «Scusate il ritardo »; 4. Glerean: « Nessun segreto, grande San Donà »; 5. Guerrino Striuli « Il gatto nero »; 6. Elvio Salvori, un sandonatese a Roma; 7. « Bomba » Cornaviera, una vita per il San Donà; 8. Silvano Tommasella, il miglior terzino biancoceleste; 9. « Nanni » Perissinotto, il bomber che stregò la Capitale; 10. Antonio Guerrato, quell’ala destra che non sbagliava una punizione; 11. Orfeo Granzotto: « Così è nato il Sandonà dei sogni »; 12. Bruno Visentin, il « Colombo » che volò in serie A; 13. Angelo Cereser, i suoi inizi sandonatesi visti da Torino; 14. Enzo Ferrari, quel sandonatese famoso prima di esserlo