Le cartoline d’epoca hanno sempre una bellezza speciale. Sempre ti danno i contorni del passato attraverso l’immagine di un particolare scorcio o di una prospettiva che, specie per San Donà di Piave, non sempre la puoi ritrovare in quella dei giorni nostri. Se poi questo riguarda un qualcosa legato al periodo della grande guerra ben poco è quello che è rimasto uguale.
A parte le immagini talvolta è quel piccolo insieme di pensieri scritti sul retro a regalare una storia. Nella cartolina scritta il 27 settembre 1921, e spedita il giorno dopo come da timbro postale, sono proprio le date un elemento importante della nostra storia.
Quando la cartolina si aggancia alla Storia
Per contestualizzare questo fattore temporale non possiamo che citare un libro scritto da Dino Casagrande e Giacomo Carletto “Il disegno della città tra utopia e realizzazione – Aspetti dello sviluppo del centro urbano di San Donà di Piave dalla Gastaldia alla ricostruzione” (Tipolitografia Colorama, 2002) relativamente alla parte riguardante la costruzione del nuovo teatro:
« La vita riprese nonostante la desolazione e le dure condizioni del dopoguerra. Era quello un periodo di grandi decisioni, proteso verso la ricostruzione, la ripresa del cammino interrotto dalla guerra e la realizzazione dei grandi progetti immaginati e discussi prima di essa, con l’intenzione di dare alla cittadina un respiro e una dimensione nuovi. In questa realtà in rapida trasformazione un giovane intraprendente Bortolo Pasqualini, che prima della guerra gestiva un caffè all’imboccatura di Piazza Indipendenza dal nome evocativo: – “Caffè Teatro” – incaricò lo stesso Camillo Puglisi Allegra, ideatore del piano regolatore di San Donà, di progettare per lui “un teatro con abitazione lungo la nuova via tracciata tra la chiesa arcipretale ed il grande piazzale” (nel luogo corrispondente all’attuale cinema teatro Astra). Già il 30 agosto del 1921 l’ing. Vittorio Umberto Fantucci e l’ing. arch. Camillo Puglisi Allegra collaudarono la struttura del nuovo teatro, trovandola rispondente “a tutti i requisiti per la sicurezza del pubblico dal quale dovrà essere frequentata”; parere successivamente confermato anche dalla Commissione di Vigilanza dei teatri. Bortolo Pasqualini, allora, forte di questa autorizzazione e fiancheggiato dal Comitato cittadino organizzatore della stagione teatrale, chiese anche la sistemazione della piazza davanti alla chiesa, che dava accesso al nuovo teatro, in occasione della stagione d’opera “che si riprometteva di ricondurre alle vecchie tradizioni di decoro la vita artistica di San Donà che ad ognuno stava a cuore”. Il suo era un programma entusiasta ed ambizioso, che si accompagnava alla volontà di gestire in prima persona quello che egli spesso chiamava il “mio” teatro, identificandolo sempre più con se stesso, che sostituiva il ruolo precedentemente svolto dal Teatro Sociale. Davvero forte dunque doveva essere l’emozione il 22 settembre 1921, quando invitò le autorità cittadine alla sua inaugurazione”. Subito il teatro “Moderno” diventò un’istituzione importante per la vita culturale del paese: tutte le manifestazioni di rilievo ruotarono attorno ad esso, come si coglie da una “memoria” che Pasqualini indirizzò all’Amministrazione Comunale per sottolineare ed evidenziare l’importanza della sua attività”. » (pp. 149-150)
La cartolina che diviene parte della Storia
Il 22 settembre 1921 era stato inaugurato il nuovo “Teatro Moderno” che in seguito sarebbe divenuto “Teatro Verdi“. La cartolina in questione è di quello stesso periodo. A scriverla è I. Piosich a riceverla il signor Preti di Milano. Dal suo scritto si intuisce chiaramente che trattasi di un cantante lirico e il destinatario un maestro di musica. Questo il testo:
Egregio Maestro Lei mi scusi per il ritardo. A Victorio1 ho fatto un bel successo con l’Elisir. A San Donà tre regito2 di Barbiere abbastanza bene. Di San Donà passiamo a Venezia al teatro Pasini dove debutto con l’Elisir il giorno otto. Affettuosi saluti per la sua signora e figlia e una buona stretta di mano dal suo allievo. I. Piosich
(1) Victorio, meglio Vittorio a cui fu poi aggiunto Veneto nel 1923 (2) rogito, o forse meglio recite
Il protagonista dunque nei giorni dell’inaugurazione, o subito successivi, aveva cantato delle arie del Barbiere di Siviglia a San Donà e con gioia aveva voluto mandare un presente al suo maestro a Milano. Piccole storie da cartolina che anche a noi cent’anni dopo regalano un pezzetto del passato della nostra città da sfogliare.