I profughi di Monsignor Saretta a Palazzetto tra lutti e lotta per la sopravvivenza

Tratto da “S. Donà di Piave e le succursali di Chiesanuova e di Passarella” di Monsignor Costante Chimenton (1928, capitolo IV , pp. 203-206)

Piazza Indipendenza nel novembre 1917, sullo sfondo i palazzi più importanti danneggiati dai bombardamenti
Sempre sul filo del pericolo, nuovi lutti per le comunità di sfollati
Il Duomo danneggiato di Grisolera

Il giovedì 23 novembre fu turbato da un triste episodio. Mentre Mons. Saretta percorreva il breve tratto che divide casa Sant da casa Sgorlon, una granata di grosso calibro, proveniente dalla direzione di Meolo, cadde a pochi metri dal sacerdote e dalle suore che lo accompagnavano, nel cortile di casa Fiorindo. In quel momento una donna si trovava nel cortile : portava l’acqua attinta nel Piave. Una scheggia la colpì, le squarciò il petto e la distese a terra : sopravvisse pochi minuti. ̶ ̶ ̶ Mons. Saretta potè appena impartirle l’assoluzione e amministrarle l’estrema unzione. La sventurata aveva il marito in guerra, e lasciava, abbandonati alle cure dei parenti, undici orfanelli, di cui il maggiore contava appena quindici anni, mentre un prossimo nascituro attendeva di uscire alla luce per … godere la vita. ̶ ̶ ̶ Lo stesso giorno un vecchio, in un’altra casa di Palazzetto, fu colpito da scheggia di granata : raccolto da due soldati austriaci, benedetto da Mons. Saretta, fu sepolto nella campagna prospiciente la sua casa. ̶ ̶ ̶ Quel tiro insolito attorno a casa Fiorindo, e che riuscì fatale ai profughi, fu provocato da un pallone frenato austriaco, che i nostri non cessarono di perseguitare, finchè non fu interamente distrutto.

La mattina del 24 si trasportò al cimitero di Grisolera la salma della povera Fiorindo. La famiglia Fiorindo, pur sotto la minaccia di nuove disgrazie, volle rendere l’ultimo tributo di affetto all’estinta. Le esequie si celebrarono in una cappella della chiesa di Grisolera, rimasta ancora in piedi ; ma bisognò passare su di un cumulo di macerie. Al cimitero di Grisolera si ebbe lo spettacolo delle tombe sconvolte e dei morti disseppelliti dalle granate ; il quadro era reso più tetro ancora dalla vista di otto soldati austriaci morti e abbandonati sopra ai tumuli, stringenti ancora tra le mani il pugnale. Il prigioniero è sempre degno di rispetto ; più ancora merita rispetto l’avversario che sacrificò la sua vita : se l’esercito austriaco, operante in quella zona, mancava ancora di cappellano, è però sempre biasimevole la mancanza di quel senso di umanità che si trova perfino tra le pieghe del cuore più indurito : Mons. Saretta giudicò suo dovere supplire a questo senso di indifferenza e di cinismo e, aiutato dai Fiorindo e dalle suore, diede a quelle salme una provvisoria sepoltura.

Tensione con i soldati in casa Sgorlon

La sera del 24, quattro soldati austriaci penetrarono in casa Sgorlon : fumarono, bevettero e canticchiarono una loro canzone, accompagnando il canto con gesti poco decenti. Consumato quanto trovarono in cucina, tre soldati si portarono a spopolare il pollaio di quel poco che era rimasto dalle requisizioni di quei giorni; e poi se ne andarono ; il quarto invece si fermo in cucina evidentemente con cattive intenzioni. Pregato di andarsene, prepotentemente, villanamente si rifiutò : la pazienza ebbe un limite, e quel disgraziato si vide sul punto di essere aggredito da quelle donne che stavano raccolte in casa Sgorlon. Compresa la sua posizione pericolosa, ridotto in uno stato di assoluta impotenza, perché le donne si erano ormai armate di bastoni e di coltelli, credette opportuno tramutarsi in piffero da montagna, e queto queto si allontanò, lanciando però contro quelle donne delle frasi che anche al più inesperto della lingua tedesca suonarono banali bestemmie e titoli osceni, sputati contro creature onestissime che vollero salvaguardato il loro onore.

Casa Ronchi saccheggiata da borghesi e soldati
Casa Ronchi

La mattina del 25, giorno di domenica, la prima Messa si celebrò in casa Sant; la seconda in casa Sgorlon, dove alcuni uomini di Cava e di Grisolera si accostarono ai sacramenti. Sulla località si erano intanto, quella notte, rifugiate altre famiglie di Passarella che trasportarono con sé due vecchi ammalati, di Cavazuccherina : quei due vecchi furono subito consegnati, per l’assistenza, alle suore ; muniti dei conforti religiosi, abbandonati dalle famiglie che ne avevano curato il trasporto e che proseguirono la via dell’esilio, rimasero in definitiva aggregati alla compagnia del Mons. Saretta.

Nello stesso giorno si amministrò il battesimo in casa Marcon ad una bambina, cui le suore imposero il nome di Maria. ̶ ̶ ̶ In complesso, il 25 e il 26 novembre, in casa Sant e in casa Sgorlon, passarono tranquilli : rattristò unicamente tutti i profughi il saccheggio e le devastazioni compiute in casa Ronchi. Borghesi e soldati trovarono là, per diversi giorni, ogni sorta di derrate e di provviste : il vino allagò l’immensa cantina, dove accorsero, muniti di fiaschi e di botticelli, tutti i Comandi dei dintorni. Lo stesso Mons. Saretta, perché le cose nostre non andassero sciupate, pensò di approfittare di questa abbondanza ; si fornì di un po’ di vino e di alcuni salsicciotti, che furono, pochi giorni appresso, un vero acquisto provvidenziale per la numerosa famiglia.

Dal rifugio di Palazzetto la triste visione dei continui bombardamenti su San Donà
San Donà nel gennaio 1918

In casa Catelan, il mercoledì 28 novembre, si erano intanto rifugiate le suore Giuseppine, il parroco, e il medico di Grisolera, dott. Bressanin, unico medico rimasto prigioniero in quella zona (1 – Dobbiamo ricordare che il dott. Bressanin si tenne in contatto con il dott. Perin che spesso lo sostituì nella cura degli ammalati) : con quest’ultimo, in modo speciale, la comitiva di S. Donà procurò di non perdere mai contatto, anche in previsione di una fuga che si prospettava non lontana : parroco e medico, anzi, il 29 novembre si fermarono a modesta colazione con quei fuggiaschi di S. Donà e scambiarono con questi il loro programma per l’avvenire. Verso S. Donà, intanto, era sempre diretto il bombardamento, mentre razzi luminosi, durante la notte, spiavano il cielo e proiettavano scie fantastiche su quelle lugubri campagne.

Il giorno 30 la battaglia si accanì sopra S. Donà : aereoplani italiani e nemici volteggiarono, per lunghe ore, nel cielo di Palazzetto con tragiche scaramucce e lunghi inseguimenti. Così nella più angosciosa incertezza, senza una chiara visione di uscita, sempre con lo spettro della morte dinanzi agli occhi, tramontava, in un sanguinoso lembo di fuoco e di sangue, il disgraziato novembre 1917.

L’occupazione raccontata da Monsignor Chimenton in “San Donà di Piave e le succursali di Chiesanuova e di Passarella” nei post dedicati:

29 ottobre – 5 novembre 1917  prima parte; 6 – 9 novembre 1917 seconda parte; 9 – 11 novembre 1917 terza parte; 9 – 12 novembre 1917 (Passarella) quarta parte; 12 – 14 novembre (Passarella-Chiesanuova) quinta parte; 14 – 15 novembre 1917 (Chiesanuova) sesta parte; 13 novembre 1917 (Grisolera) settima parte; 14 – 18 novembre 1917 ottava parte; 16 – 21 novembre 1917 (Passarella e Chiesanuova) nona parte; 19 – 22 novembre 1917 (San Donà) decima parte; 23 – 30 novembre 1917 undicesima parte; 22 – 30 novembre 1917 (Torre di Mosto) dodicesima parte; 1 – 5 dicembre 1917 tredicesima parte; 6 – 8 dicembre 1917 quattordicesima parte; 8 – 15 dicembre 1917 quindicesima parte; 16 – 30 dicembre 1917 sedicesima parte; 31 dicembre 1917 – 5 gennaio 1918 diciassettesima parte

I profughi di Monsignor Saretta trovano rifugio a casa Sant

Tratto da “S. Donà di Piave e le succursali di Chiesanuova e di Passarella” di Monsignor Costante Chimenton (1928, capitolo IV , pp. 194-197)

Sgomberati dal Conventino a Grisolera e rifugiati a casa Pasqual, i profughi dopo una notte sotto un bombardamento decidono di spostarsi nuovamente, questa volta verso casa Sant

Il Municipio di Grisolera pesantemente colpito dall’artiglieria italiana
Don Marin in visita al Conventino

Da casa Sgorlon don Umberto Marin, che non conosceva gli avvenimenti successi, si era portato, la mattina del 14, assai per tempo, al Conventino di Grisolera per conferire con Mons. Saretta. Trovò il Conventino abbandonato ; chiese qualche informazione, e comprese, più che da questa, dallo scempio della vittima e dalle rovine prodotte dalle granate, che una grave sciagura aveva colpito la comitiva affidata al suo arciprete. Avvilito e confuso si accostò alla salma di suor Teofila, recitò una preghiera per quella defunta, e poi fece ritorno a casa Sgorlon, assorto in tristi pensieri, quasi fuor di sé e in un orgasmo impressionante. S’imbattè, lungo la via, in un ferito grave portato da due tedeschi su di una barella : domandò se fosse cristiano cattolico, e, avutane una risposta affermativa, don Marin si curvò su quel disgraziato, ascoltò la sua confessione, gli impartì l’assoluzione, e poi continuò la via del ritorno.

I funerali di suor Teofila

Quella stessa mattina del 14 novembre, Mons. Saretta ritornò con alcune suore al Conventino di Grisolera, attraversando le campagne sconvolte, e sparpagliate qua e là di cadaveri e allagate dalla pioggia di quelle giornate. Il Conventino era rimasto intatto in quella notte ; la salma di suor Teofila giaceva composta sul suo feretro : sul petto risplendeva d’una luce funerea il piccolo Crocifisso. Dinanzi a quella salma Mons. Saretta celebrò la Messa, e distribuì la Comunione ; poi nel giardino stesso del Conventino si scavò la fossa ; quattro porte servirono per cassa funebre a quella giovane vittima : le suore fecero scendere nella fossa, da loro stesse scavata, quella martire, e sulla fossa fu piantata la croce dell’oratorio. Ultimata la dolorosa cerimonia, si riprese la via del casolare.

Quella stessa mattina i due fratelli Boscaro furono trasportati all’ospedale di Torre del Mosto. ̶ ̶ ̶ ̶ La comitiva, accompagnata da Mons. Saretta, ricominciò la peregrinazione in cerca di un nuovo rifugio. Respinta più volte, trovò finalmente ospitalità in un ampio caseggiato, in aperta campagna, di recente abbandonato dagli Austriaci ; il padrone di casa, il sig. Sant, si reputò felice di cedere un intero appartamento alle suore, al sacerdote e a tanti sfortunati ; sarebbero rimasti occupati tutti i locali liberi, e un’altra invasione degli Austriaci sarebbe stata sventata. Alle suore di Maria Bambina fu assegnato tutto il primo piano, costituito da sei stanze, fornite di buoni letti ; le pareti di quelle stanze erano tappezzate di santi e di cartoline illustrate ; in diverse stanze si vedevano ancora i fili telefonici : quella casa era stata, fino a poche ore prima, sede di un Comando tedesco. Mons. Saretta e gli altri profughi trovarono ospitalità in altre stanze di quel vasto caseggiato.

I profughi trovano rifugio in casa Sant

In casa Sant fu subito raccolto quanto si potè salvare nel Conventino di Grisolera e in casa Pasqual. Quando, la sera, la comitiva si trovò finalmente riunita a consumare un po’ di cena, si provò tutti un senso di sollievo, che però fu ben presto turbato dalla visita intempestiva di qualche soldato. Si comprese subito che la nuova casa era troppo vistosa, e, per di più, troppo vicina alla strada : si comprese che non sarebbero mancare le noie del passaggio delle truppe.

Le famiglie numerose costrette a vivere in ambienti ristretti
durante l’occupazione

La notte passò abbastanza tranquilla ; la mattina del 15 novembre, in una stanzetta tramutata in cappellina, su d’un altare portatile, si celebrò da Mons. Saretta la Messa : una cassettina di legno servì da Tabernacolo, dove si custodì il SS.mo. La giornata fu splendida : aereoplani italiani volteggiarono sopra quella casa con i colori meravigliosi illuminati da un magnifico sole di autunno avanzato. Nessuna noia quel giorno ; soltanto una suora ebbe l’ordine di ritirare la biancheria esposta al sole : il nemico vedeva, in tutto, spionaggio e segnalazioni. ̶ ̶ ̶ ̶ A tarda ora due ungheresi avvinazzati entrarono baldanzosamente a domandare del vino. Mons. Saretta cedette loro quel poco che teneva in riserva : i due si accontentarono e si allontanarono biascicando, tra un barcollamento stomachevole, delle mezze bestemmie.

Monsignor Saretta visita la madre rimasta a casa Sgorlon

La mattina del 16 prometteva una giornata calma. ̶ ̶ ̶ ̶ Mons. Saretta pensò alla mamma lontana e al cappellano don Marin, rimasti in casa Sgorlon, e dei quali da qualche giorno non aveva notizie. Dopo la Messa si portò con alcune suore a Palazzetto, in casa Sgorlon, presso l’argine del Piave, lungo la via S. Donà-Grisolera. L’incontro fu emozionante : madre e figlio ritenevano che non si sarebbero incontrati più. ̶ ̶  ̶ In casa Sgorlon, in una stanzuccia che prima aveva servito da pollaio, si era improvvisata una nuova cappellina : un piccolo Tabernacolo, vera cassettina sconnessa, sostituì, anche qui, il magnifico ciborio, lavorato dal Diego per il tempio di S. Donà di Piave.

L’incrocio con i profughi di Passarella e Chiesanuova

Lo stesso giorno, il 16 novembre, sul ponte gettato dinanzi casa Sgorlon, passarono, fra una granata e l’altra, gli abitanti di Chiesanuova e di Passarella. Giungevano dal vivo della lotta ; parecchi erano rimasti lunghe ore rinchiusi in una stanza, mentre Italiani e Austriaci si battevano ad arma bianca nella casa stessa : alcuni erano stati nella fuga sorpresi da pattuglie nemiche, mentre cercavano la via verso Musile ed erano stati ricacciati indietro alla rinfusa. Sul volto di tutti si vedeva impresso lo spavento : qualcuno non aveva avuto neppure il tempo necessario per provvedersi di indumenti : donne, bambini scamiciati, laceri e piangenti ; madri che avevano nella confusione perduto le loro creaturine ; un vecchio venerando di circa 90 anni rimasto abbandonato, veniva raccolto pietosamente da quel popolo in fuga. A tanti disgraziati, che in parte continuavano la via dell’interno, Mons. Saretta rivolse parole di conforto.

In una foto di repertorio, alcuni profughi dei migliaia costretti a cercare un rifugio per sfuggire alla guerra

Sulla sera le suore ritornarono in casa Sant, unitamente all’arciprete, accompagnandosi alla famiglia Finotto di Chiesanuova che in due carri trasportava, alla ventura, le sue povere masserizie : sopra uno di questi carri stavano rannicchiati ventisette fra bambini e bambine, tutti al di sotto dei dieci anni. Al povero uomo, che guidava la mesta carovana, Mons. Saretta augurò buona fortuna, promettendo a quei bambini l’unico soccorso che poteva dare, il soccorso della preghiera.

Il giorno 17 novembre, sabato, in casa Sgorlon fu un lavorare insolito per arredare la cappellina : i sacerdoti, dietro le tendine tolte dal palazzo Ronchi, rimasto abbandonato, assistettero alle confessioni. La giornata passò tranquilla ; solo una bomba piombò sul cortile e spaventò la comitiva ; ma nulla più : si era ormai assuefatti a certe sorprese e si continuò il lavoro spirituale.

Monsignor Saretta avverte l’esigenza di un nuovo trasferimento

La domenica, 18 novembre, si celebrò una Messa in casa Sant e due Messe in casa Sgorlon : nel pomeriggio le funzioni si svolsero indisturbate. Per provvedere all’incolumità di tante persone, concentrate in casa Sgorlon e in casa Sant, Mons. Saretta pensò di seguire le colonne di profughi, avanzarsi un po’ nell’interno, e avvicinarsi almeno alle campagne di Portogruaro. Non volle però iniziare una seconda serie di peripezie senza prima dare uno sguardo alla sua bella chiesa, al suo asilo rimasto abbandonato, alla sua diletta S. Donà di Piave, di cui si occupava, in compagnia dei suoi cappellani, a racimolare i figli dispersi per sollevarne le miserie. Chiese di poter presentarsi in casa Stefani, a Palazzetto : accompagnato da un capitano di Gorizia, Paolo Hertzog, che balbettava l’italiano, dopo una lunga anticamera potè avvicinare il colonnello comandante il battaglione, un vecchio viennese, bruscamente gli promise, per il giorno seguente, il permesso richiesto.

L’occupazione raccontata da Monsignor Chimenton in “San Donà di Piave e le succursali di Chiesanuova e di Passarella” nei post dedicati:

29 ottobre – 5 novembre 1917  prima parte; 6 – 9 novembre 1917 seconda parte; 9 – 11 novembre 1917 terza parte; 9 – 12 novembre 1917 (Passarella) quarta parte; 12 – 14 novembre (Passarella-Chiesanuova) quinta parte; 14 – 15 novembre 1917 (Chiesanuova) sesta parte; 13 novembre 1917 (Grisolera) settima parte; 14 – 18 novembre 1917 ottava parte; 16 – 21 novembre 1917 (Passarella e Chiesanuova) nona parte; 19 – 22 novembre 1917 (San Donà) decima parte; 23 – 30 novembre undicesima parte; 22 – 30 novembre 1917 (Torre di Mosto) dodicesima parte; 1 – 5 dicembre 1917 tredicesima parte; 6 – 8 dicembre 1917 quattordicesima parte; 8 – 15 dicembre 1917 quindicesima parte; 16 – 30 dicembre 1917 sedicesima parte; 31 dicembre 1917 – 5 gennaio 1918 diciassettesima parte

Anche Grisolera non si rivelò rifugio sicuro per i profughi in fuga guidati da Monsignor Saretta

Tratto da “S. Donà di Piave e le succursali di Chiesanuova e di Passarella” di Monsignor Costante Chimenton (1928, capitolo IV , pp. 188-194)

Fuggiti da San Donà di Piave in cerca di salvezza, i profughi guidati da Monsignor Saretta nel Conventino di Grisolera si ritrovarono nel mezzo dell’offensiva austriaca e fatti oggetto del tiro dell’artiglieria italiana.

Dal diario di Monsignor Saretta: 13 novembre 1917

Il giorno 12 novembre passò abbastanza tranquillo : i Tedeschi continuarono i loro lavori di sistemazione e di appostamento. La notte fu tormentata da fucileria e da mitraglia. ̶ ̶ ̶ La mattina del 13 novembre la comitiva fu svegliata di soprassalto da un improvviso crepitio di mitragliatrici, piazzate, durante la notte, di fronte al Conventino : i Tedeschi avevano scelto quel punto per passare il Piave.

San Donà di Piave in una foto austriaca del 24 novembre 1917, via Maggiore
Le truppe austroungariche oltrepassano il Piave

Dalla vedetta, aperto sul tetto della casa, si potè assistere, verso le sette del mattino, al passaggio a nuoto del primo soldato tedesco ; e dietro a lui, già sicuro ormai sull’altra sponda, sopra una leggera barchetta, da lui stesso rimorchiata con un filo di ferro, un drappello di altri soldati, quasi tutti incolumi, riuscirono a passare il fiume. Il passaggio si effettuò di fronte alla casa Teso. ̶ ̶ ̶ ̶ E si trincerarono subito quei soldati nel folto della macchia non battuta dai proiettili italiani. Il momento fu tragico, emozionante : la barca continuò il trasporto, protetta dalle mitragliatrici, finchè il nucleo di Tedeschi, passati all’altra riva, si lanciò all’assalto del secondo argine tenuto dai nostri.

I nostri non poterono resistere, perché privi di mitragliatrici e scarsi di munizioni, e si diedero prigionieri. ‹‹ Quando vedemmo il primo drappello italiano, ̶ ̶ ̶ ̶ scrive Mons. Saretta nelle sue memorie di guerra, ̶ ̶ ̶ ̶ passare il Piave, trasportato sulla barca dei vincitori, ci parve che la loro sventura si riversasse sopra di noi! Al grido di hoch hoch der Friede! i Tedeschi allargarono la loro penetrazione sull’altra riva, continuando a raccogliere quei pochi prigionieri che venivano disarmati, aggiunti ai primi, e, spinti oltre, attraverso Grisolera, nelle retrovie. La giornata cominciava terribile e noi ne avemmo subito il presagio e la sensazione ››.

Grisolera, nel febbraio 1918

Il primo fatto d’armi sconcertò i profughi di casa Sgorlon. In un momento di tregua alcune famiglie lasciarono quella posizione e si internarono nelle bonifiche dell’Ongaro Superiore e nelle paludi dell’Ongaro Inferiore. Don Umberto Marin rimase al suo posto, in piena dipendenza dall’arciprete, in casa Sgorlon, con il nucleo principale, sulle prime linee di combattimento. ‹‹ Non fu audacia, ̶ ̶ ̶ ̶ scrive giustamente don Marin; ̶ ̶̶ ma sentimento del dovere che spinse noi sacerdoti a rimanere fra quei disgraziati che nel sacerdote riconoscevano l’unica loro salvezza ››.

Si ebbe un momento di tregua. Poi una tempesta di granate italiane si riversò, con una audacia del tutto nuova, attorno a casa Sgorlon : obiettivo da parte dei nostri, la villa Ronchi, sede del Comando austriaco, e il ponte che il nemico aveva gettato.

Ma in quel brevissimo intervallo di tregua relativa, la comunità di Grisolera si raccolse nella cappellina; Mons. Saretta incominciò la S. Messa e dispensò la Comunione. ̶ ̶ Contrasto terribile! mai forse, come in quel giorno, a dieci metri dalle mitragliatrici tedesche che crepitarono durante tutta la Messa, e fra il fuoco incrociato delle artiglierie fu offerto il S. Sacrificio! I vetri caddero infranti ; i colpi di fucile echeggiavano d’intorno, e da lontano il cannone della marina italiana e dei porti di Cavallino e di Cortellazzo, cui era giunta la notizia della posizione forzata dal nemico, rintronava l’aria con terribili boati, succeduti dallo schianto delle granate infrante. La posizione del Conventino divenne disperata : Mons. Saretta impartì più volte l’assoluzione a tutti i suoi profughi.

L’artiglieria italiana colpisce la chiesa e il campanile di Grisolera

Verso le ore 12 il Piave fu superato in altre località, di fronte alla chiesa parrocchiale di Grisolera, in località del Vecchio Passo. L’artiglieria italiana da Meolo e da Cavazuccherina diresse allora i suoi colpi, bene aggiustati, sulla chiesa e sul campanile di Grisolera ; dalla vedetta, su cui era tornato, Mons. Saretta assistette al crollo del campanile e allo sventramento dell’artistica cupola. Case fumanti all’intorno, pagliai colpiti da granate e incendiati rendevano la scena terrorizzante. Per rispondere ai nostri, i Tedeschi si affrettarono a piazzare in ogni luogo i suoi piccoli cannoni e le loro nuove mitragliatrici, tra i cespugli, dietro le siepi, sulle finestre stesse delle case. Ma il primo felice successo apparve subito effimero : al di là del Piave, di fronte alla chiesa di Grisolera, i Tedeschi avevano incontrata una resistenza disperata : si udiva una mischia feroce, uno scambio di colpi di pistola e di fucile, un vero duello gigantesco fra i nostri soldati che, presi di soprassalto, non volevano arrendersi e di difendevano dalle finestre del piano superiore delle case, e i Tedeschi che volevano avanzare e fare prigionieri nelle case stesse i pochi nostri ardimentosi che difendevano quella posizione.

La chiesa e il campanile di Grisolera che sin dai primi giorni della battaglia d’arresta furono colpiti dall’artiglieria italiana

La lotta durò tutta la giornata, sempre più incalzante. Poco dopo il mezzogiorno comparvero i primi aereoplani italiani sul cielo di Grisolera, subito seguiti dalle granate di grosso calibro che tempestarono di nuovo la zona. Il Conventino fu leggermente colpito. ̶ ̶ ̶ ̶ La fanciulla Boscaro, assistita dalla propria madre, appariva più oppressa ; più calmo di tutti si mostrava l’arciprete : ma il suo pallore tetro, l’occhio vitreo tradivano lo spasimo che gli martoriava il cuore e la sua preoccupazione per tante persone, specialmente per le suore, che ormai erano affidate alle sue cure : il Conventino di Grisolera si era, durante la notte, trasformato in una vera colonia di sandonatesi, fuggiti da tutte le posizioni, privi di tutto e arrivati là in cerca di un inutile riparo, scampati miracolosamente alla strage. ̶ ̶ ̶ ̶ Ricordiamo, fra le altre, le due famiglie Evaristo Da Villa e Attilio Boscaro.

Nelle prime ore del pomeriggio del giorno 13 la battaglia assunse proporzioni ancor più gigantesche. Il nemico si accanì in una forma disperata per forzare il Piave ; e i nostri rovesciarono le passarelle con una continua tempesta di granate. ̶ ̶ ̶ ̶ Alle tre del pomeriggio un reggimento intero di fanteria nemica era pronto per l’assalto, o, meglio, per il rincalzo alle truppe d’assalto. I nostri aereoplani avevano già segnalato quel punto pericoloso : l’artiglieria italiana, che batteva le rive del Piave, circondò nella sua rosa di fuoco il Conventino.

Il Conventino viene colpito duramente

La comitiva si rinchiuse di nuovo nella piccola sacrestia, a ridosso dell’altare, protetta in tre lati da un solido muro. Impartita da Mons. Saretta l’assoluzione, si cominciò la recita del Rosario ; ma la prima decade non era ancora ultimata, quando uno schianto, sordo e opprimente, poi uno scoppio formidabile, accompagnato da una densa nube di fumo e di polvere, avvolsero gli oranti, inebetiti sotto l’urto immane : grida di spavento echeggiarono per tutta la casa.

Le suore di San Donà rimasero incolumi ; anche suor Lorenzina Fava, rimasta coperta dalle macerie, uscì in preda al terrore, leggermente ferita.

L’edificio chiamato Conventino in una immagine di qualche anno fa

Ma intanto la madre dell’inferma Boscaro chiamava i suoi bambini ; e la superiora delle Giuseppine del Conventino chiamava insistentemente una sua suora che non rispondeva all’appello. I bambini strillavano in preda al terrore : successe un fuggi fuggi generale. Mons. Saretta, con atto energico che confinò, in quel momento, con la violenza, riuscì a imporre un po’ di calma e a raccogliere la sua comitiva in una seconda stanza. Allora si constatò la tragedia che ormai era successa. Una bomba, lanciata da aereoplano italiano, era caduta, rasente il muro esterno della cucina e lo aveva abbattuto : fra le macerie, sotto una grossa trave, si sentì risuonare il gemito di una morente : era una suora, suor Teofila, invano prima ricercata dalla Superiora, che, ritardatasi in cucina, era stata coinvolta in quel disastro. A stento si sollevò la trave che le schiacciava il petto, e si estrasse tra le pietre e i calcinacci la vittima : la povera suora aveva le gambe spezzate sopra il ginocchio, e dai monconi usciva a fiotti il sangue ; le braccia pure spezzate mostravano i tronconi uscenti dalla vestre stracciata ; il petto era stato orrendamente pesto. Distesa a terra, in mezzo alla sala, mentre si procurava dalle suore di fasciare le ferite e impedire la morte per dissanguamento, Mons. Saretta somministrò, piangendo, a quella morente gli ultimi conforti della Chiesa.

Ma fra le macerie si sentivano ancora dei gemiti : era il figlio dodicenne della povera Boscaro, di nome Armando, fratello della fanciulla ammalata, che, rimasto lui pure coinvolto fra le macerie, riportò una gamba spezzata e larghe ferite sul petto. Erano pure rimaste leggermente ferite altre due suore Giuseppine.

Il Conventino fu trasformato in luogo di morte ; fuori, all’intorno, continuava a ruggire il cannone, e la mitragliatrice aveva ormai seminato il suolo di cadaveri.

Alle prime grida disperate successe, attorno alla suora agonizzante e al fanciullo ferito, un pianto represso ; poi un silenzio più sepolcrale. In quel momento entrò precipitosamente un soldato tedesco, con la baionetta innestata, l’elmetto fissato sugli occhi, ed impose lo sgombero immediato del luogo. Erano le quattro pomeridiane del giorno 13 novembre : fuori piovigginava : il cielo nuvoloso rendeva più tetra la notte che si avanzava.

Costretti ad abbandonare quel pericoloso rifugio

Mons. Saretta raccolse nella cappellina le suore ; distribuì a quell’ora, la Comunione, e consumò le Sacre Specie. Poi, adagiati su due lettighe i due fratelli, l’ammalata e il ferito, lasciata in custodia a tre suore Giuseppine l’agonizzante suor Teofila, con un fardello sotto le braccia, le lettighe portate a spalla dalle suore di S. Donà, si prese la via attraverso la campagna, senza meta, in balia della fortuna. Suor Lorenzina, leggermente ferita, seguì, ella pure, la triste comitiva.

La strada dell’argine era impraticabile, interamente occupata dalle truppe tedesche, Dopo un chilometro di cammino, fra i campi, sotto la pioggia e nell’oscurità della sera, la comitiva si fermò presso casa Pasqual, contornata da un ampio cortile trasformato in una vera pozzanghera, e chiese ospitalità. La vista di quella comitiva del dolore commosse gli inquilini e l’ospitabilità fu concessa. ̶ ̶ ̶ ̶ Ai nuovi arrivati furono offerte una stanza e una baracca di legno che serviva da pollaio : nella prima presero posto i due fratelli, il ferito e l’ammalata, unitamente alla loro madre ; nel secondo, un vero capannone, le suore e parte degli inquilini, in tutto diciassette persone ; altre dodici persone, il sig. Da Villa con la sua famiglia, si raccolsero in cucina.

Le tipiche passarelle che venivano gettate sui corsi d’acqua dagli austriaci e che divenivano poi bersaglio dell’artiglieria italiana

Mons. Saretta, assicurata la comitiva e trovato il rifugio per la notte, ritornò con alcune suore al Conventino di Grisolera, presso suor Teofila agonizzante, per prestare a questa gli ultimi soccorsi della fede. La trovò in vita, assistita dalle tre suore Giuseppine immerse nel pianto e nella preghiera. La visita del sacerdote ridestò un barlume di vita : quella morente mormorò l’ultima preghiera, poi piegò la testa in atto di rassegnazione e spirò. Erano appena le sei pomeridiane.

Il feretro fu subito composto in mezzo alla sala fra quattro candelieri : sopra il petto della defunta fu posto un piccolo crocefisso. Quando scesero le ombre della notte, quella camera ardente presentava l’aspetto di una visione macabra : si recitarono le preghiere dei defunti ; si affidò alla morta la custodia della casa : Mons. Saretta riprese la via del ritorno conducendo con sé, in casa Pasqual, tutte le suore.

Una notte ancor più tragica doveva passare la comitiva, riunita insieme dalla morte e dallo spavento. Consumato un po’ di pane vecchio, rammollito dalle lagrime, recitate in comune le preghiere della sera, sul pavimento, su una sedia, su un po’ di paglia si tentò di conciliare un po’ di riposo ; ma i disgraziati, sfuggiti a un pericolo, si trovarono coinvolti in un secondo più grave ancora. Una batteria austriaca, piazzata dietro il casolare Pasqual, alle nove di sera cominciò il suo tiro ininterrotto sulle linee italiane. I nostri risposero con una ridda accelerata ; dalle dieci di sera alle 5 antimeridiane del 14 novembre la baracca di legno fu fatta bersaglio a una tempesta di fuoco italiano : quando alla mattina, cessato il bombardamento, quelle suore uscirono dal loro nascondiglio, difficilmente poterono riconoscere il terreno circostante, orrendamente sconvolto, il casolare che le aveva ospitate : la Provvidenza, invocata con fiducia, le aveva visibilmente salvate.

L’occupazione raccontata da Monsignor Chimenton in “San Donà di Piave e le succursali di Chiesanuova e di Passarella” nei post dedicati:

29 ottobre – 5 novembre 1917  prima parte; 6 – 9 novembre 1917 seconda parte; 9 – 11 novembre 1917 terza parte; 9 – 12 novembre 1917 (Passarella) quarta parte; 12 – 14 novembre (Passarella-Chiesanuova) quinta parte; 14 – 15 novembre 1917 (Chiesanuova) sesta parte; 13 novembre 1917 (Grisolera) settima parte; 14 – 18 novembre 1917 ottava parte; 16 – 21 novembre 1917 (Passarella e Chiesanuova) nona parte; 19 – 22 novembre 1917 (San Donà) decima parte; 23 – 30 novembre undicesima parte; 22 – 30 novembre 1917 (Torre di Mosto) dodicesima parte; 1 – 5 dicembre 1917 tredicesima parte; 6 – 8 dicembre 1917 quattordicesima parte; 8 – 15 dicembre 1917 quindicesima parte; 16 – 30 dicembre 1917 sedicesima parte; 31 dicembre 1917 – 5 gennaio 1918 diciassettesima parte