Il campo sportivo del Littorio (1929)

Tratto dal libro “A.C. San Donà: 90 anni di Calcio Biancoceleste 1922-2012” di Giovanni Monforte e Stefano Pasqualato (Geo Edizioni, 2012)

Come abbiamo visto in questi primi anni non fu facile per l’A.C. San Donà reperire un campo dove riuscire a giocare le proprie partite. Se all’inizio dell’avventura calcistica sandonatese era stato sufficiente un piccolo terreno dove divertirsi giocando, con il passare degli anni le esigenze crebbero di pari passo con lo sviluppo stesso della città e di un incredibile interesse attorno al calcio. Il campo di via XX settembre sin dalla sua nascita si sapeva che sarebbe stata una soluzione temporanea, tanto è vero che pure i permessi per giocarvi vennero sempre concessi all’A.C. San Donà di volta in volta.

L’Ardita, come era chiamata la prima squadra sandonatese. In quei primi anni giocavano in un campo nei pressi dell’odierno Oratorio Don Bosco

Gli inizi

Negli archivi cittadini reperibili presso il Museo della Bonifica risultano molte richieste al riguardo a firma degli allora segretari Fausto Picchetti e Pietro Traldi. Una in particolare rivolta al Commissario del Comune di San Donà del settembre 1926 chiedeva espressamente di poter utilizzare il campo per il periodo di anni uno. Richiesta che fu rigettata così che si continuò di volta in volta a chiedere l’utilizzo dell’impianto che all’epoca vedeva la squadra cittadina disputare ancora dei soli incontri amichevoli.

Nuovi impianti sportivi

In quegli anni vi fu però un sostanziale mutamento nella politica del Partito Nazionale Fascista in merito allo sport. Con la Legge del 4 febbraio 1926 nr. 237 si tese ad incentivare la pratica sportiva dando la possibilità ai Comuni che ne fossero privi di costruire degli impianti sportivi. In quest’ottica attraverso la Federazione degli Enti Autarchici furono fissati dei criteri progettuali e normativi atti alla costruzione di questi nuovi impianti. Nel giugno 1928 venne così emanata la legge nr. 1580 che prevedeva per la costruzione di questi nuovi impianti le stesse provvidenze previste per le opere igieniche e per l’edilizia scolastica. Proprio in base a queste nuove normative anche il Comune di San Donà si attivò attraverso il Podestà Costante Bortolotto individuando un’area di oltre 15 mila metri quadri dove poter progettare il nuovo campo di calcio. Era quella l’area di via Pralongo, posta in prossimità sia del centro cittadino che della stazione ferroviaria. Era una zona dove nel dopoguerra si erano sviluppati molti insediamenti di baracche e che abbisognava ora di una giusta riqualificazione.

La progettazione del nuovo campo

Il progetto del nuovo stadio come appare in un documento d’archivio del Museo della Bonifica di San DOnà di Piave

Con la delibera del 6 novembre 1928 nr. 8299, venne deciso lo stanziamento di lire 10.000 per la sistemazione di un appezzamento di terreno di proprietà comunale da adibirsi a campo Sportivo Fascista. Tale impianto sportivo avrebbe dovuto prevedere, oltre che ad un campo di calcio, anche una pista larga metri otto, una tribuna e una palestra per l’atletica. Un progetto dunque molto ambizioso. Con la delibera del 27 maggio 1929 venne approvato il piano progettuale ideato dall’ufficio tecnico comunale per la realizzazione del quale ovviamente non sarebbero bastate le preventivate 10.000 lire, così che si provvide ad incrementare lo stanziamento di ulteriori 30.000 lire, affidandone i lavori alla Ditta Barbato Dante. Lavori che procedettero molto celermente tant’è che lo stesso campo di gioco fu disponibile sin dal dicembre 1929 allorquando la vera avventura agonistica dell’A.C. San Donà ebbe inizio. Solo successivamente fu costruita anche la tribuna, i cui lavori progettati dal geometra Guido Dal Bo vennero inseriti in una più larga riqualificazione della zona che avrebbe previsto pure la costruzione della Casa Balilla e di un complesso scolastico.

domenica 8 dicembre 1929, l’inaugurazione

Il Campo Sportivo ebbe la sua inaugurazione l’8 dicembre 1929. Dai giornali dell’epoca, ecco il racconto di quella memorabile giornata. “Formatosi il corteo con in testa la banda cittadina, tutte le autorità e le associazioni sotto una pioggia dirotta si recano al campo sportivo dove parlano il segretario politico, comm.De Faveri, e il segretario federale avv. Suppiej, illustrando l’importanza dell’opera e lo scopo di essa, dove la nuova gioventù italica deve addestrarsi per essere forte e sana. Alla fine dei discorsi il segretario politico taglia il simbolico tricolore”. A tagliarlo insieme a lui fu la madrina Mariuccia De Faveri. La cerimonia fu preceduta in piazza Indipendenza dall’inaugurazione di un palo-antenna, che era stato abbattuto durante la guerra. Alla giornata parteciparono il regio prefetto accompagnato dal capo di gabinetto Conte Quarelli di Lesegno, l’allora podestà Costante Bortolotto, l’avvocato Brass dell’Ente Sportivo di Venezia e il colonnello Brogliato dell’Opera Nazionale Balilla. La cerimonia fu conclusa da un’amichevole con il Portogruaro, vinta 4-2 dai ragazzi del Lemene e rivincita dell’incontro giocato in trasferta il 3 dicembre 1929 e vinto dal San Donà per 5-3. Nasceva così il “tempio” del calcio sandonatese, protagonista fino ad oggi di tutte le pagine memorabili o tristi dei colori biancocelesti. Il futuro “Verino Zanutto” (l’intitolazione, come vedremo più avanti, avverrà solo dopo la Seconda Guerra Mondiale) fu inizialmente battezzato “Campo sportivo del Littorio”.