Quel vecchio cimitero nel mezzo di San Donà è forse l’elemento che è stato meno fotografato e meno riprodotto nelle cartoline del secolo scorso. La maggior parte delle immagini che sinora si sono viste sono state legate al periodo della prima guerra mondiale. Quelle austriache in particolare lo han ripreso nelle mura di cinta e nella sua entrata. Poi in qualche scorcio lo si incrocia ancora ma sempre per caso, di sfuggita, un contorno lontano da cercare. In questa cartolina degli anni venti un po’ sfumata dal tempo lo si vede dall’alto in una distesa sandonatese libera da costruzioni. Una San Donà che ancora doveva svilupparsi in quella direzione: le case del Foro Boario, il vecchio Cimitero, ancor non vi era l’oratorio Don Bosco, un po’ più in là la caserma « Tito Acerbo » o « San Marco » come nei vari periodi si è chiamata. La datazione dell’immagine è indubbiamente precedente al 15 maggio 1927, data della posa della prima pietra dell’Oratorio Don Bosco. Una immagine che mette insieme tante storie, una di queste è legata a quel vecchio cimitero.
In principio il cimitero s’accompagnava alla chiesa
Quel cimitero di via Calnova è rimasto lì sin quasi la metà del secolo scorso, quando è stato dismesso definitivamente allorchè un allargamento del nuovo cimitero ha poi portato alla chiusura definitiva del vecchio a quasi vent’anni dall’ultima sepoltura.
E’ Teodegisillo Plateo, colui che per primo ci ha accompagnato attraverso la storia sandonatese, a raccontare che sin dalle sue origini a San Donà le sepolture dei morti erano svolte nelle vicinanze della chiesa cittadina. Quando nel 1475 venne costruita la nuova chiesa per talune personalità di particolare importanza la tumulazione poteva avvenire anche dentro la chiesa. Come ben sottolineava Plateo, poi ripreso da Monsignor Chimenton: « …Gli avelli (tombe) della chiesa e sagrestia erano ornate di lapidi, con iscrizioni che si confondevano con i simboli della religione e stavano a provare che le distinzioni di casta continuavano, come continuano anche oggi, anche nel sonno eterno ciò che avveniva presso gli egiziani, gli ebrei, i romani ed i greci ». Al popolo rimaneva lo spazio esterno che sino alla metà del cinquecento aveva una sua precarietà ed incuria a cui il vescovo Monsignor Francesco Pisani cercò di porre rimedio tanto che dal 1557 il cimitero fu provvisto di mura di cinta, furono tolti gli alberi da frutto e lasciate solo le piante d’olivo, i cui rami dovevano servire nella domenica delle palme.
Il peso del tempo su chiesa e cimitero
Il destino del cimitero andò di pari passo con quello della chiesa. La stessa con il passar degli anni cominciò a sentir il peso del tempo. L’ultima tumulazione in chiesa è della metà del settecento, ma con una San Donà che oramai superava i tremila abitanti sia gli spazi religiosi che quelli nel vicino cimitero divennero sempre più limitati. Tanto più quando le periodiche epidemie si diffondevano tra la popolazione e le decine di morti che causavano faticavano a trovare un posto decoroso nel camposanto. Scrive ancora Monsignor Chimenton, citanto Plateo: « Nel 1764 si sentì il bisogno di ingrandire il cimitero. Ma un ampliamento non fu possibile : il terreno che avrebbe dovuto essere destinato ad accogliere le salme, si trovò, in quell’epoca, rinchiuso fra due strade interne, le attuali Via Maggiore e via Calnova, e la canonica e la proprietà Pesaro, e precisamente nella località oggi conosciute coi nomi di Pescheria, Largo della Chiesa e Foro Boario- Si ricorse allora, per la prima volta, al rimedio di seppellire le nuove salme sopra i cadaveri già sepolti molti anni prima.»
Nell’ottocento il nuovo Cimitero
Dopo il periodo napoleonico e passati sotto il dominio austriaco, l’emergenza del cimitero trovò una prima soluzione grazie a Mons. Angelo Gallici che perorò la causa dell’apertura di un nuovo cimitero, sin quando nell’aprile 1825 fu inaugurato in via Calnova il nuovo sepolcreto, non troppo lontano dalla chiesa e ai margini dell’allora centro cittadino. Proprio la chiesa fu il successivo grosso intervento che conobbe San Donà. Nel 1838 su spinta del nuovo Monsignor Angelo Rizzi dopo la costruzione di una chiesa provvisoria in legno venne iniziata la demolizione del vecchio duomo e la successiva costruzione di quello nuovo inaugurato nel 1842, tutto molto ben raccontato da Mons. Chimenton ma che tralasciamo proseguendo nel verso del cimitero.
Il nuovo cimitero s’affaccia al nuovo secolo
Il nuovo cimitero di via Calnova non ebbe vita facile. Quando venne costruito San Donà aveva una popolazione di quattromila abitanti. Nonostante una grave carestia che colpì le campagne prima con la siccità e poi con le malattie che danneggiarono i bachi da seta e i vitigni, e buon ultimo un’epidemia di colera, trent’anni dopo gli abitanti erano divenuti seimila. Il nuovo cimitero visse sin da subito una grave emergenza. E’ Giacomo Carletto nel suo libro a raccontarci le varie traversie e i problemi che afflissero le diverse amministrazioni comunali costringendole sempre ad impegnarsi nel cercare soluzioni. Al problema degli spazi si sommò ben presto l’incuria che inevitabilmente divenne una emergenza sanitaria. Il cimitero era oramai nelle vicinanze delle case e nei periodi di grandi piogge le tombe sovente venivano allagate con il conseguente scorrere di queste acque impure verso i fossi rischiando di inquinare anche la falda da dove i pozzi privati attingevano. Frattanto nel 1890 venne eretta anche la cappella dedicata al Santissimo Redentore nella quale trovò ospitalità la lapide sepolcrale di Mons. Angelo Rizzi.
Il nuovo secolo e l’esigenza di un altro cimitero
Accanto a continue opere di costosa manutenzione, si arrivò ben presto ad avvertire l’esigenza della costruzione di un nuovo cimitero. Lo sviluppo di San Donà oramai lo imponeva, nel 1911 la popolazione aveva raggiunto i tredici mila abitanti. Sin dall’anno prima il dibattito in Consiglio Comunale aveva portato ad un unanime consenso, come ricorda il professor Giacomo Carletto nel suo libro: « Queste constatazioni, da tutti condivise, indirizzarono il dibattito verso una nuova direzione: la Giunta stessa sottopose al Consiglio un articolato programma che prevedeva lo spostamento del Cimitero in una località periferica, lontana dal centro, individuata “lungo la strada delle Code”, a mezzogiorno del canale consorziale Molina e a 450 metri circa dal quadrivio della strada Carbonera, sopra il terreno del cav. uff. Cesare Bortolotto” ».
Senonchè il progetto approntato si arenò sullo scoglio finanziario dopo che una revisione del progetto stesso imposta dalla Prefettura ne incrementò notevolmente la previsione di spesa. Per l’ennesima volta si optò per una importante manutenzione del vecchio cimitero, l’approssimarsi della guerra rimandò il tutto ad un futuro prossimo.
La grande guerra che tutto distrusse
Il conflitto mondiale colpì duramente San Donà, tutto il centro ne fece le spese e il cimitero non fu da meno. Una porzione dello stesso tra l’altro divenne anche cimitero militare dove vennero sepolti decine di caduti della guerra. Ne dà conto anche Monsignor Chimenton: « Il cimitero militare è attiguo al cimitero comunale ; molte salme però sono sepolte dentro il recinto dello stesso cimitero comunale. Si può definire austriaco : pochissime le salme italiane. Sono circa 500 tombe, che contengono in gran parte, salme ignote ; quelle tombe sono curate con passione, visitate spesso dal forestiero, adorne di fiori dal nostro buon popolo. Le poche salme di italiani furono inumate negli ultimi giorni di Caporetto, o nei primi momenti della grande offensiva del giugno. ».
Nel 1920 iniziano i lavori per un nuovo Cimitero
Dopo la guerra il problema del camposanto tornò d’attualità. Il progetto del nuovo cimitero manteneva tutta la sua urgenza ma al tempo stesso i tempi sarebbero stati lunghi, per cui il cimitero di via Calnova venne ripristinato superando le distruzioni causate dalla guerra. Il progetto del nuovo cimitero prese il via nel 1920 quando iniziarono già i lavori sul terreno di via Code. A differenza del vecchio progetto per raggiungere via Code venne decisa anche la costruzione di una nuova strada, una direttrice che dalla strada del Foro Boario incrociasse la via del Casermone (l’odierna via Eraclea) per poi attraverso i terreni di proprietà dei Bortolotto incrociare via Carbonera, per arrivare sino al nuovo cimitero, dopo l’attraversamento di un nuovo ponte a superar lo “scolo delle Code”. Il progetto della strada si rivelò un po’ più complicato del previsto, l’opera venne comunque consegnata alla fine del 1925, in pratica in quegli anni vennero costruite le attuali strade di via Giodo Bortolazzi e di viale Primavera.
Nel 1927 l’inaugurazione del nuovo Cimitero in zona Code
Quanto al nuovo cimitero lo stesso venne inaugurato il 19 giugno 1927 con la consacrazione da parte del vescovo di Treviso Monsignor Giacinto Longhin alla presenza delle autorità civili e religiose. Da quel 19 giugno il Podestà Costante Bortolotto avvertiva che non si sarebbero più potuti inumare cadaveri nel vecchio cimitero. Quando venne inaugurato non era ancora stato completato, come ricorda il professor Carletto, rispetto al progetto originario molto ancora mancava, come la casa del custode, la camera mortuaria, le due cappelle ossario e la chiesa a pianta circolare. « Nulla di questo progetto, eccetto il grande cancello in ferro battuto, fu costruito. Negli anni successivi la funzionalità più modesta sembrò guidare il completamento delle parti essenziali mancanti forse a causa della crisi economica che aveva costretto a ridimensionare i grandi progetti collegati alla ricostruzione del paese ».
Giannino Ancillotto, un illustre ospite del vecchio come del nuovo Cimitero
Durante la costruzione del nuovo cimitero un grave lutto colpì San Donà, in un incidente stradale morì la medaglia d’oro Giannino Ancillotto, eroe della prima guerra mondiale. I solenni funerali si tennero il 21 ottobre 1924 e la sua salma venne tumulata provvisoriamente nel vecchio cimitero presso la tomba della famiglia De Faveri. La traslazione nel nuovo cimitero tardò come ricorda Chiara Polita nel libro monografico dedicato all’eroico aviatore e al monumento a lui dedicato. L’imponente monumento in Piazza Indipendenza venne inaugurato solennemente nel 1931 alla presenza di migliaia di persone, poi iniziò un lungo carteggio per trovare la giusta collocazione nel nuovo cimitero della tomba dedicata all’eroe dell’aria. Come ricordato nel 1927 venne consacrato il cimitero ma risultava ancora incompleto, tanto che alla fine la tomba di Giannino Ancillotto venne edificata nello spazio che inizialmente era previsto per la casa del custode, sulla sinistra dell’entrata del cimitero. Nel 1938, a quattordici anni dalla scomparsa, la salma di Giannino Ancillotto venne traslata dal vecchio al nuovo cimitero, quel 16 ottobre 1938 fu un’altra grande giornata per la San Donà dell’epoca.
Il vecchio cimitero fine di una storia
Quanto al vecchio cimitero dal 1927 non è stato più oggetto di nuove inumazioni. Tutte le nuove sepolture sono state dirottate verso il nuovo con il risultato che già negli anni quaranta si rivelò insufficiente a ricevere tutte le salme. Tanto più che nel frattempo in vista della chiusura era iniziato il trasferimento da parte dei famigliari a proprie spese delle salme dal vecchio cimitero al nuovo. Come ricorda il libro di Luisa Furlan e Maria Trivellato la soluzione venne trovata nei primi anni quaranta ma perfezionata solo dopo la guerra nel 1946. I fratelli Bortolotto cedettero un’ampia area attorno al nuovo cimitero ed in permuta ebbero l’area del vecchio cimitero accanto all’Oratorio Don Bosco. Iniziò così l’urbanizzazione anche di quell’area di San Donà adiacente all’oratorio Don Bosco e che per centoventi anni era stata adibita a cimitero comunale.
Approfondimenti sull’argomento del Vecchio Cimitero si possono trovare sui seguenti libri: (1) “Il territorio di S. Donà nell’agro d’Eraclea” di Teodegisillo Plateo (1907); (2) “S. Donà di Piave e le succursali di Chiesanuova e di Passarella” di Mons. Costante Chimenton (1928), (3) “San Donà di Piave” di Dino Cagnazzi (1995); (4) “Il disegno della città tra utopia e realizzazione” di Dino Casagrande e Giacomo Carletto (2002); (5) “Il monumento all’aviatore Giannino Ancillotto” di Chiara Polita (2010); (6) “La grande guerra degli ultimi” di Chiara Polita (2015); (7) “Attività amministrativa – Primo mandato elettorale – Vita Sociale” di Luisa Florian e Maria Trivellato (2019)