Quante storie possono esser nascoste in una sola cartolina. La data dell’immagine può esser imprecisa ma i soggetti che lì son ritratti ne danno un contorno. Se la prima pietra dell’Oratorio è stata posata il 15 maggio 1927, pur nell’imprecisione del tratto dell’immagine tutto si può dire tranne che in quel terreno oltre al cimitero ci sia un cantiere. Le cronache ci dicono che prima che fosse posata la prima pietra quel terreno fu concesso al San Donà Foot-Ball Club e adattato a campo di calcio, per cui quell’immagine è ancor precedente al 22 dicembre 1925 quando venne inaugurato il campo di calcio. In quegli anni venti andava ad iniziare la storia quasi centenaria del calcio sandonatese.
L’inizio della Storia
La nostra storia non può che cominciare prendendo in prestito le parole scritte da Gianni Colosetti nel suo libro sullo sport sandonatese che poi faranno da base anche a quello successivo scritto da Monforte e Pasqualato sulla storia del’A.C. San Donà.
« A San Donà la scintilla della palla rotonda è stata attivata da un giovane impresario sandonatese, operante nel campo dei pozzi artesiani, Leonida Fava, che nel corso dei suoi viaggi di lavoro, ebbe modo di assistere a degli incontri dell’Ambrosiana Inter di Milano appassionandosi a questo nuovo sport.
Avendone la possibilità, acquistò un pallone coinvolgendo in questa sua passione gli amici Antonio e Giuseppe Battistella, Federico ed Eugenio Alfier, Giovanni Nespolo, con i quali cominciò a ritrovarsi la domenica mattina nei pressi della stazione ferroviaria in un prato dietro Villa Amelia detto “Il Campo del Mago”. Il rudimentale campo da gioco era situato in via Garibaldi: grossi sassi materializzavano inizialmente le porte, sostituiti successivamente da pali di salice terminanti a forchetta sui quali veniva posta la traversa. Una parte importante in quella fase è stata svolta dal tecnico delle ferrovie, addetto al ripristino della linea San Donà-Ceggia, ancora gravemente danneggiata dagli eventi bellici, il triestino Szabados. Il tecnico, avvicinatosi al gruppo iniziò ad insegnare loro i primi rudimenti e le regole fondamentali del calcio, in particolare come trattare la palla “all’ungherese”, tiro effettuato cioè con l’esterno del piede, in modo da dare al pallone un effetto rotatorio rientrante.
Quei ritrovi domenicali, però, non durarono a lungo. Privati del loro terreno di gioco, destinato momentaneamente dai proprietari ad altri usi, quei pionieri cessarono l’attività ma proseguirono a cercare proseliti in attesa di reperire qualche altro terreno dove sfogare la loro nuova passione ».
Un vero campo dove giocare
Continua Colosetti nel suo libro: « Furono proprio due di questi nuovi proseliti, Bruno e Gino Rossi, che contribuirono a risolvere, dopo qualche tempo, il gravoso problema del terreno di gioco. I due fratelli, infatti, convinsero il padre Enrico a cedere in affitto un campo dislocato dietro la caserma “Tito Acerbo”, terreno che fu, dagli stessi, ben spianato e dotato di pali per le porte ». Un campo di calcio vicino alla Caserma “Tito Acerbo”, che forse ancora non aveva tale denominazione, la zona è la stessa della cartolina ma il campo non sembra essero quello che si intravede nell’immagine. Viene detto dietro la Caserma mentre quella che si vede nell’immagine della cartolina è la facciata della stessa prospiciente la strada detta “Del Casermone”. Vien però citato il nome di Enrico Rossi che ritroveremo poi, evidentemente tutta quella zona era stata di sua proprietà, sia davanti che dietro la caserma.
La nascita dell’Ardita
Ben presto quel gruppo di giocatori formarono una squadra vera. « La ripresa dell’attività portò nuovi adepti, alcuni dei quali avevano già dimestichezza con il pallone avendolo praticato nelle scuole veneziane o trevigiane da essi frequentate. Dopo qualche tempo al gruppo si unì Tullio Roma, che essendosi diplomato capitano di lungo corso, aveva giocato, oltre che nell’istituto scolastico, anche nella giovanile del Venezia con un altro sandonatese Giovanni (Nino) Gallerani, studente presso l’Istituto Commerciale Sanudo. Così, vuoi per la sua esperienza che per il grado derivategli dal suo titolo di studio, quando, costituita la squadra, si trattò di designare il capitano, la scelta non potè che essere rivolta sul suo nome.
Raggiunto il numero sufficiente fu costituita una squadra alla quale fu dato il nome di “Ardita” che con tassazioni personali e questue fra amici si diede una divisa, maglia bianco nera a scacchi e pantaloncini bianchi. Hanno fatto parte dell’Ardita: Alessandro Janna (presidente), Ruggero Galassini (allenatore). Giocatori: Eugenio, Nene e Federico Alfier, Antonio e Giuseppe Battistella, fratelli Bincoletto, Gino Bonetto, Libero Dus, Emilio Caramel, Cesarin, Giuseppe Da Villa, Sante Calcide, Amos e Ruggero Galassini, Girolamo Gallerani, Vito Girardi, Bernardo Guerrato, Loro da Ceggia, Bruno Marusso, Giuseppe Nespolo, Giovanni e Giuseppe Picchetti, Tullio Roma, Bruno e Gino Rossi, Salvador, Antonio Velludo, Alessandro Zuccon e Luigi Zorzi.
Dietro quella Caserma il campo di calcio diviene importante
« Le esibizioni dei calciatori erano motivo di curiosità da parte di molti che, dopo aver assistito a qualche allenamento non mancavano di appassionarsi e ingrandire il numero dei calciatori. La cosa non sfuggì ad Alessandro Janna, presidente dell’Unione Sportiva Piave, che prese subito a cuore le necessità di quei pionieri, non disdegnando di far fronte alle loro esigenze.
Il campo di calcio fu recintato con delle tavole provenienti dall’Azienda Agricola Janna, dotato di una baracca di legno nelle vicinanze della quale una fontanella d’acqua serviva ai giocatori per lavarsi e tentare di ripulirsi, a turno, dal copioso fango che nelle giornate piovose rendeva quel terreno più simile ad una stazione di cure termali che ad un campo di calcio. Il campo aveva anche nel signor Callegher il suo custode. »
Celeste Bastianetto presidente del San Donà
Il campo dietro la caserma venne dunque recintato, nel mentre entra in scena la figura di Celeste Bastianetto. Era “un ragazzo del ‘99” reduce da quella prima guerra mondiale nella quale era stato insignito di una medaglia di bronzo al valor militare. Laureatosi in legge, divenne avvocato venendo poi nominato presidente dell’Azione Cattolica sandonatese. Impegnato nell’associazionismo cattolico al fianco di monsignor Saretta, fondò anche un’associazione ginnico sportiva che per la sua attività condivideva gli spazi del campo di calcio. Racconta Colosetti: « L’attività era svolta anche nel campo di calcio dell’Ardita e fu proprio grazie a queste comuni frequentazioni che Celestino Bastianetto pensò di unire queste giovani realtà sportive. Dopo una serie di contatti con Alessandro Janna, il “manager” dei calciatori, domenica 14 dicembre 1924, terminate le funzioni pomeridiane, nei locali della canonica si tenne una riunione nel corso della quale furono gettate le basi per la creazione di una Polisportiva alla cui presidenza fu nominato Celestino Bastianetto, che aveva una componente calcistica nel San Donà Football Club e una ginnica sportiva, nelle sopracitate associazioni parrocchiali. »
Monsignor Saretta acquista il terreno per il futuro Oratorio
Dopo aver avuto in desiderio di far arrivare a San Donà di Piave per tanti anni i Salesiani, monsignor Saretta decise di acquistare il terreno vicino al vecchio Cimitero. Ne da conto Wally Perissinotto nel suo libro: « Oggetto della transazione era l’area edificabile di 12.667 mq posta in località Loghetto, subito dopo il vecchio cimitero comunale, sulla strada di via Calnova (l’odierna via XIII Martiri).
Il confine orientale frantumava l’originaria proprietà proseguendo in modo irregolare lungo un breve tratto dell’attuale via Eraclea, detta strada “del Casermone” per la presenza della imponente Caserma “Tito Acerbo”. A sud e a ovest il terreno andava a morire nell’acqua di scolo della fossa Molina e in quello delimitante la proprietà Bortolotto. Sul fondo, parte seminativo e parte prativo, c’erano i resti di una casa colonica danneggiata dalla guerra già abitata dal sig. Enrico Rossi e Callegher ». Ecco ritornar i nomi di Enrico Rossi e Callegher, il primo diede in affitto il terreno dietro la Caserma per il primo campo di calcio, mentre il secondo ne era il custode.
Prima dell’Oratorio un nuovo campo di calcio
In attesa che maturino i tempi per la costruzione dell’Oratorio, Monsignor Saretta decise di destinare quel terreno inizialmente a un campo di calcio. Scrive ancora Wally Perissinotto nel suo libro: « E’ interessante osservare comunque come in questo secondo atto compaia la specifica destinazione d’uso della proprietà immobiliare: “ricreatorio e campo sportivo, nonché scuola professionale”, annotazione che ci svela i progetti dell’arciprete a medio e lungo termine. Una fattura conservata in archivio parrocchiale della ditta “Barbato costruzioni edili” ci fornisce ulteriori indicazioni: già a dicembre sul fondo ripulito e adeguatamente sistemato veniva costruito uno spogliatoio per consentire l’attività ginnico-sportiva dei giovani sandonatesi.
Sappiamo che la gestione del campo venne affidata alla società sportiva “San Donà Foot-ball Club” le cui finalità avevano senz’altro incontrato l’approvazione del parroco. Infatti lo statuto pubblicato il 15 agosto 1926 recita fedelmente: “Accanto allo sport (la società sportiva) curerà l’educazione dell’animo dei giovani. All’art. 12. E’ dovere di ogni socio giocatore di astenersi completamente dalla bestemmia e dal turpiloquio. E all’art. 24. Il campo sportivo sarà chiuso a chiunque non appartenga alla società, ma in ore da convenirsi potrà essere aperto alle due Società dei ginnasti della Guido Negri e degli Esploratori cattolici… ».
L’inaugurazione del nuovo campo di calcio
Racconta Gianni Colosetti dell’inaugurazione del nuovo campo: « I lavori di livellamento e di costruzione dello spogliatoio furono eseguiti dall’impresa Dante Barbato che provvide anche alla recinzione del medesimo recuperando lo steccato del vecchio campo. L’impianto fu inaugurato, domenica 22 dicembre 1925, alla presenza del Podestà Giuseppe De Faveri, del dottor Stocchino, segretario del Fascio, di autorità civili e militari e con la partecipazione della banda comunale.
Nel susseguirsi dei rari discorsi commemorativi, ci fu un piccolo incidente “diplomatico”, l’avvocato Bastianetto, i cui rapporti con il segretario del Fascio non erano di certo idilliaci, non acconsentì che il dottor Stocchino, intervenisse adducendo a motivazione il ritardo accumulato dai vari discorsi precedenti. Dopo la benedizione data da don Casonato, in assenza del Parroco impegnato a Montebelluna e il taglio del rituale nastro fatto dalla madrina, la Signora Pasin vedova Guarinoni, si disputò l’incontro tra l’undici sandonatese e il Portogruaro.
Fu quella, in pratica la prima esibizione ufficiale del San Donà Football-Club capitanato da Tullio Roma che si era presentato in campo, come tutti i componenti della squadra, vestendo la maglia bianconera dell’Ardita seguito da un accompagnatore che portava delle maglie azzurre.
Prima di iniziare l’incontro, Tullio indossò la nuova divisa dicendo: “Copriamo la vecchia gloriosa bianconera con la nuova maglia azzurra”, quindi consegnò ad ognuno dei componenti la squadra la nuova casacca. L’incontro terminò con il punteggio di 2-0 a favore del Portogruaro che era una delle formazioni emergenti di quel periodo ».
Quella vecchia foto del San Donà Foot-ball Club d’azzurro vestito
Sul libro di Wally Perissinotto è presente una foto che viene indicata come una delle prime del calcio sandonatese. Ebbene grazie alla cartolina ora abbiamo pure una più giusta collocazione temporale di quei giocatori. Alle spalle degli stessi vi è un casolare le cui fattezze le rincontriamo in quello presente nella cartolina nelle vicinanze di via Calnova. La maglia scura indica che potrebbe essere quella descritta da Gianni Colosetti nel suo racconto, magari non legata all’inaugurazione del dicembre 1925 ma sicuramente una delle gare successive. Il campo fu utilizzato non solo dal San Donà ma anche dai ginnasti facenti parte della Polisportiva, che nel frattempo nel novembre 1926 vide le dimissioni di Celeste Bastianetto dalla presidenza perchè inviso all’autorità fascista dell’epoca che di lì a poco sciolse anche le componenti cattoliche della Polisportiva. Alessandro Janna divenne il presidente del San Donà Foot-ball Club affiancato da Girolamo Janna e Fausto Picchetti, mentre la società dovette entrar a far parte dell’Opera Nazionale Dopolavoro. Il San Donà F.C. ebbe in gestione quel campo sino alla primavera del 1927, quando Monsignor Saretta si vide costretto a dare lo sfratto ai calciatori in quanto aveva ottenuto quanto sperato, l’arrivo dei salesiani a San Donà. Poche settimane dopo ci fu la posa della prima pietra dell’Oratorio Don Bosco, ma questa è un’altra storia. Quanto al San Donà Foot-ball Club, presto divenne Società Sportiva Fascista e di lì a due anni venne inaugurato il nuovo campo sportivo del Littorio, l’attuale Stadio “Verino Zanutto”, ma anche questa è un altra storia.
Per approfondimenti sul campo di calcio di via Calnova: (1) « Monsignor Saretta, “Pastore” di San Donà di Piave » a cura del Gruppo “El Solzariol” (2004); (2)« Ancora un giro in giostra » di Wally Perissinotto (2006); (3) « Storia dello sport sandonatese » di Gianni Colosetti (2007); (4) « A.C. San Donà – 90 anni di Calcio Biancoceleste » di Giovanni Monforte e Stefano Pasqualato (2012)