Una delle tante Storie che si sono intrecciate con le vicende della Grande Guerra è stata indubbiamente quella incentrata sui legionari cecoslovacchi. Alcune di quelle strazianti vicende sono accadute nelle nostre terre, flagellate esse stesse dal loro essere prima linea nel conflitto mondiale.
L’impero diviso
Quell’insieme di popoli rappresentato dall’impero austroungarico si presentò sullo scenario della prima guerra mondiale tutt’altro che unito. Molte erano le spinte indipendentiste al suo interno che nemmeno la crudezza della guerra seppe nascondere, tra queste anche quelle nelle regioni della Boemia e della Slovacchia. Durante la guerra si formò un governo in esilio che cercò una sponda negli stati dell’Intesa allo scopo in un futuro prossimo di ottenere il riconoscimento di un nuovo stato con capitale Praga. Tra le varie iniziative ci fu quella di costituire un gruppo di legionari che dopo la rotta di Caporetto venne inquadrato nell’esercito italiano. Per la gran parte formato da ex prigionieri dell’esercito austro-ungarico costituirono il I° battaglione del 33° reggimento, a comando italiano già nel maggio del 1918 parte di esso venne dislocato sul fronte del Piave. Chiaramente costoro venivano considerati dei traditori dal comando austroungarico e il loro ruolo avrebbe dovuto essere di solo supporto alle truppe italiane. Nonostante l’accordo di un loro immediato ritiro in caso di combattimento gli eventi portarono a tutt’altro e a metà del giugno 1918 l’intero battaglione era schierato tra Casa Fasan e Fossa delle Millepertiche.
I cinque legionari giustiziati a Calvecchia
Racconta Eugenio Bucciol nel suo libro che l’offensiva austriaca del 15 giugno 1918 colse il battaglione dei legionari schierato accanto agli italiani e contrariamente agli accordi presi questi non vennero ritirati ma parteciparono attivamente ai combattimenti e alle controffensive di quei giorni. Costretti al ripiegamento assieme alle truppe italiane, nel pomeriggio del 17 giugno venne ordinata la controffensiva e i legionari si trovarono a fronteggiare la 10ª divisione austroungarica costituita principalmente da soldati cechi come loro. Al termine della battaglia i legionari avevano catturato duecento prigionieri e otto mitragliatrici; otto di loro erano morti, sessantatrè feriti o dispersi. « …Sei dei legionari dichiarati dispersi erano caduti nelle mani dei loro connazionali della 10ª divisione, comandata dal generale polacco Gologòrsky, con sede a Ceggia. Essi erano:
Hynek Horák, nato il 25 marzo 1899 a Bohdane (Boemia), fatto prigioniero dagli italiani il 2 agosto 1917 a Hermada. Contadino, sposato, due figli.
Antonín Kahler, nato il 6 giugno 1883 a Praga. Caduto prigioniero degli italiani sull’Isonzo il 15 settembre 1917. Orefice, sposato, una figlia.
Jozef Kříž, nato il 31 maggio 1888 a Šebanovice (Boemia), fatto prigioniero dagli italiani il 9 ottobre 1916 presso Jamiano. Scalpellino, sposato, un figlio.
Emanuel Kubeš, mato l’8 agosto 1880 a Praga, arresosi agli italiani il 7 agosto 1916 sul Monte Sabotino. Imbianchino, sposato, due figli.
František Viktora, nato il 24 dicembre 1875 a Purkarec (Boemia), caduto prigioniero degli italiani il 5 maggio 1917 a Jamiano. Macchinista, celibe.
Una ferita alla coscia con frattura del femore salvò la vita del sesto legionario catturato, Antonin Vokřínek. Nel lazzaretto di San Stino fu interrogato, ma ottenne il rinvio del processo. Trasferito a Udine, alla fine di ottobre era già tornato a casa in convalescenza. Pochi giorni dopo cessava per lui, con la guerra perduta, ogni presupposto di colpa.
Il 18 giugno i cinque legionari furono processati dal tribunale della 10ª divisione. Condannati a morte per alto tradimento, vennero impiccati alle ore 14 del giorno seguente, tra gli insulti del capitano di cavalleria Maier che comandava l’esecuzione, agli ippocastani davanti alla scuola, presso l’agenzia Giustiniani, con il privilegio di avere ciascuno una pianta per sé. Alla sera furono sepolti nel vicino vigneto. » Sulla sepoltura la versione di Bucciol differisce da quella di Mons. Chimenton secondo cui i cinque legionari rimasero appesi agli ippocastani per due giorni.
Un sesto legionario giustiziato a Calvecchia
Continua Eugenio Bucciol: « Il 21 giugno 1918 fu giustiziato a Calvecchia, nella campagna di San Donà di Piave, sulla strada per Ceggia, il legionario Bedřích Havlena, nato a Nova Lbota (Boemia) il 18 maggio 1888, impiegato delle imposte, celibe, catturato dagli italiani a San Michele del Carso il 28 novembre 1915.
Nell’offensiva del Solstizio si era arreso ai cechi del 98°, il suo reggimento di provenienza. L’avevano condotto a Calvecchia, nella fattoria Bertolotti, detta, in virtù dell’intonaco, “la Casa rossa”, sede del comando della 10ª divisione cui subentrò, all’arrivo del legionario, quello della 46ª che lo prese in consegna nella stalla.
Condannato a morte, si dovette attendere che inchiodassero un legno al palo del telegrafo davanti alla “Casa rossa” per ricavare il braccio della forca. Alle 11.30 il legionario si diresse con passo sicuro verso il luogo dell’esecuzione. Aveva ottenuto che gli slegassero le mani. Accanto all’improvvisato patibolo, anticipò gli esecutori aggrappandosi con una mano alla traversa e infilandosi con l’altra il capestro; ma il sostegno cedette al suo peso. Lo ricondussero nella stalla. La consuetudine voleva che fosse graziato e in tal senso si pronunciò il comando interpellato. Ma il presidente del tribunale, il capitano Von Fröhlich, insistette affinché l’operazione venisse ripetuta. Alle 14.30 il legionario fu fatto uscire nuovamente dalla stalla dove aveva scritto una cartolina ai famigliari. Accanto al palo si aggrappò ancora al sostegno che resistette. Parendogli tuttavia troppo basso, pregò che sterrassero il suolo. Lo accontentarono. Alla base del palo fu posta una cassetta-. Bedřích Havlena vi salì sopra per infilarsi il cappio. Un militare diede un calcio alla cassetta. Lo tolsero alle 19 per seppellirlo nel campo davanti al palo telegrafico. »
Furono tristi giorni per i legionari cechi catturati dagli austroungarici, lungo tutto il fronte ripetute furono .le esecuzioni ai danni dei legionari catturati. Complessivamente alla fine della guerra saranno 46 i legionari giustiziati dagli austroungarici, 8 dagli italiani e 2 giustiziati in Slovacchia.
I cinque legionari di Calvecchia nel ricordo di Mons. Chimenton
″ Le forche ufficiali, le più speciose, funzionarono di fronte alle scuole di Calvecchia, sui cinque ippocastani prospicienti quell’edificio scolastico.
Su questi ippocastani furono giustiziati i czeco slovacchi. Fatti prigionieri sul fronte italiano del Carso, incorporati nel nostro esercito, presero parte alla battaglia del giugno in località di Fossalta di Piave e caddero prigionieri degli Austriaci : giudicati dal tribunale di guerra con una procedura sommaria, dichiarati traditori, furono trascinati attraverso Noventa e San Donà fino a Calvecchia e immediatamente giustiziati. Ferveva sul Piave la grande battaglia : essi rimasero appesi alle corde di quei cinque ippocastani per due giorni interi : le truppe austriache che movevano all’assalto lessero così in quelle vittime la loro sentenza. Le salme furono gettate confusamente nell’orto della famiglia Carlo Carpenè, in proprietà di Federico Colosso, e vi rimasero fin dopo l’armistizio quando, come già accennammo, furono esumate e sepolte nel cimitero militare di San Donà. Su molte di quelle salme penzolanti fu posta in un cartellino a stampa, questa dicitura : Così si puniscono i traditori della Patria!.
Sulla parete di quella scuola, prospiciente la strada, di fonte agli ippocastani, dopo l’armistizio fu posta una lapide su cui furono incise queste parole, dettate in cattiva lingua italiana da qualche prigioniero di guerra: « Qui morirono per la patria 5 legionari – Czeco slovacchi, – combattendo in Italia – per la libertà del popolo – dalla vendetta l’Austria gli impiccava – 18 giugno 1918 »
Nel 1921 l’esumazione dei legionari caduti
Nel 1921 le salme dei legionari cechi furono trasportate in patria. Così lo racconta Monsignor Chimenton nel capitolo dedicato al cimitero militare di San Donà attiguo a quello comunale: « In questo cimitero erano state deposte anche le salme dei vari soldati czeco slovacchi, che, caduti prigionieri degli Austriaci, durante la battaglia del giugno 1918, furono impiccati dinanzi le scuole di Calvecchia. Le salme furono esumate e trasportate a Praga il 2 aprile 1921. – Il loro riconoscimento fu semplicissimo. Dal cimitero degli impiccati di Calvecchia le salme erano state trasportate nel cimitero comunale subito dopo l’armistizio : occupavano la prima fila nord; nella traslazione le salme esumate e avvolte separatamente in una tela da campo erano state rinchiuse in apposite casse funebri. L’autorità boema volle accertarsi dell’autenticità di quelle salme : esumate le casse e aperte, le salme apparvero scheletrite ; ma le loro braccia erano ancora legate dietro la schiena, con il filo telefonico usato dall’Austria in simili esecuzioni, e attorno al collo le vittime portavano ancora un nodo scorsoio e un pezzo di fune che aveva servito alla loro esecuzione capitale. L’autenticità apparve evidente : rinchiuse in doppia cassa quelle salme furono composte nuovamente e trasportate in Boemia. »
La terra sandonatese a ricordo del sacrificio dei legionari
Nel 1924, come racconta Chiara Polita, un’Associazione cecoslovacca per le onoranze ai caduti in guerra volendo ricordare in occasione dell’inaugurazione di un nuovo cimitero i propri legionari caduti sul fronte italiano inviò una richiesta particolare al Comune di San Donà di Piave. Desiderava avere della terra dei campi di battaglia italiani da inserire in una nicchia. Venne dato l’assenso da parte del Comune e di quel prelievo è rimasta traccia in un verbale. Il solenne prelievo venne effettuato dal Sindaco Costante Bortolotto assieme al sig. Antonio Bincoletto, dell’Associazione Mutilati e Invalidi di guerra, al rag. Ippolito Gianasso, della sezione sandonatese dell’Associazione Nazionale ex combattenti, e al segretario comunale Livio Fabris. Il prelievo venne effettuato l’11 giugno 1924: « …in territorio di questo Comune e precisamente sulla riva destra del Piave in prossimità del ponte distrutto durante la guerra mondiale 1915-1918 e nella zona delle ex trincee interrate ». Posta in un doppio sacchetto con i sigilli del Comune e i colori nazionali quella terra venne inviata al Console cecoslovacco a Trieste.
Fonti: Approfondimenti sulle vicende dei legionari cechi sul fronte del Piave è possibile trovarli in questi testi: 1. « S. Donà di Piave e le succursali di Chiesanuova e Passarella » di Mons. Costante Chimenton (1928); 2. « Dalla Moldava al Piave – I legionari cecosclovacchi sul fronte italiano nella Grande Guerra » di Eugenio Bucciol (Ed. Nuova dimensione, 1998); 3. « Di qua e al di là del Piave – La grande guerra degli ultimi » di Chiara Polita (Mazzanti Libri, 2015)