Una storia che ne incrocia un’altra e che poi tutte assieme si agganciano all’ultima raccontata.…..
Nel mentre cerchi del materiale per un nuovo post ecco che incroci un atto che si potrebbe pure riassumere ma che in fondo merita di esser riportato per intero giusto per esemplificare di come quei moderni scribi comunali impiegavano lungamente il loro tempo trascrivendo penna inchiostro e calamaio i tanti atti sui vari registri. Nel 1913 avevano già dei registri prestampati ma in questo caso la trascrizione essendo inserita in appendice è stata scritta per intero a mano come accadeva tanti anni addietro.
Dal Registro dei matrimoni del 1913 (Comune di San Donà di Piave)
« L’anno millenovecentotredici e questo giorno di lunedì otto del mese di dicembre alle ore antimeridiane undici e mezza nella Casa posta in via Sabbioni Numero ventotto.
Io sottoscritto, Bertoldi Dottor Ugo Commissario Prefettizio, nominato con decreto ventiquattro novembre anno corrente, ufficiale dello Stato Civile del Comune di San Donà di Piave accompagnato dal Segretario municipale Signor Gnudi Odoardo.
Sulla richiesta fatta dal Signor Nardini Carlo, mi sono trasferito in questa Casa per la celebrazione del matrimonio tra i signori: Ferrarese Giuseppe di anni trentacinque, industriante, nato e residente a San Donà di Piave, figlio di fu Antonio, era sarto, residente in vita a San Donà di Piave, e di Paquola Domenica residente in San Donà di Piave, celibe; Bastianetto Silvia Maddalena di anni trentatre, casalinga, nata e residente in San Donà di Piave, figlia dei furono Giambattista, era carpentiere, e Bernardi Teresa casalinga, residenti in vita a San Donà di Piave, nubile, e per motivo giustificato dal certificato medico del Dottor Perin presentatami dallo stesso richiedente di essere lo sposo per la grave infermità nella impossibilità di recarsi alla Casa comunale. Quindi assistito dallo stesso Segretario ho trovato presenti i sunnominati Signori Ferrarese Giuseppe e Bastianetto Silvia Maddalena, il primo giacente a letto, i quali mi hanno dichiarato essere nell’intendimento di voler procedere alla celebrazione del loro matrimonio, e a tale effetto mi hanno presentato la copia degli atti della loro nascita rilasciate da questo ufficiale in data odierna, e mi hanno dichiarato non aver padre né madre adottivi né ostare al loro matrimonio alcun impedimento di parentela o affinità né altro impedimento stabilito dalla legge. Le dichiarazioni fatte dagli sposi sono state davanti a me confermate con giuramento da Fontana Mario fu Casimiro, di anni ventisei, maestro comunale, Sepulcri Giuseppe fu Pietro, di anni cinquantanove, impiegato comunale; Costantin Augusto di Luigi, di anni quarantadue, mastro muratore e Nardini Carlo fu Luigi di anni sessantasei, mediatore, testimoni presenti all’atto e residenti tutti in questo Comune, i quali hanno specialmente accertato non esistere fra gli sposi impedimento di parentela, di affinità e di stato.
Ho quindi letto agli sposi gli articoli 130, 131, 132 del Codice Civile e quindi ho domandato allo sposo se intenda prendere in moglie la qui presente Bastianetto Silvia Maddalena e a questa se intende prendere in marito il qui presente Ferrarese Giuseppe ed avendomi ciascuno risposto affermativamente a piena intelligenza anche dei testimoni sopra indicati ho pronunciato in nome della legge che i medesimi sono uniti in matrimonio.
Dopo di ciò gli sposi suddetti alla presenza degli stessi testimoni mi hanno esposto che dalla loro unione naturale nacquero quattro figli: il primo nel ventidue febbraio milleottocentonovantotto denunziato a questo ufficio dalla levatrice Pravato Teodolinda, iscritto al numero cinquantotto, appellato Cestini Giovanni Battista; il secondo nel ventuno luglio millenovecentodue, iscritto al numero duecentosessantasei, appellato Ferrarese Antonio; il terzo nel tredici ottobre millenovecentocinque, iscritto al numero quattrocentodiciassette, appellato Ferrarese Silvio Giacomo; ed il quarto nel diciotto Giugno millenovecentoundici, iscritto al numero duecentottantanove, appellato Ferrarese Giuseppe, e col presente atto dichiarano di riconoscerli per propri figli all’affetto della loro legittimazione.
I documenti presentati sono le copie degli atti di nascita dei suddetti e il certificato medico del Dottor Perin Pietro, i quali uniti del mio visto sono inseriti nel volume degli allegati a questo registro.
Letto il presente atto agli intervenuti li hanno essi meco firmati.
Atto di matrimonio nr. 2 Parte II serie B, Anno 1913
A quell’atto ne segui a breve un altro
In quell’otto dicembre 1913 venne legalizzata l’unione di fatto di Ferrarese Giovanni con Bastianetto Silvia Maddalena e legittimati i quattro figli Giovanni Battista, Antonio, Silvio Giacomo e Giuseppe, che da quella unione erano nati. Giovanni Ferrarese in quella casa posta in via Sabbioni era nel suo letto di morte, due giorni dopo alle ore sei e trenta del pomeriggio spirò, come attestato dal registro degli atti di morte di quello stesso anno.
Da un ricordo ne nasce un altro
Via Sabbioni è tra le strade più vecchie di San Donà, dalla parte terminale di viale Margherita (l’odierna Viale Libertà) vicino l’ospedale Umberto I si arrivava sino alla stazione ferroviaria, allora come oggi. Ed è incredibile come questo episodio abbia un seguito. Raccontato ad una vecchia zia, Stefania, che ha vissuto in via Sabbioni decenni dopo quel matrimonio un filo del ricordo si è riacceso, un filo che dall’oggi è arrivato sino al 10 ottobre 1944.
La San Donà degli anni Quaranta
In via Sabbioni abitavano tantissime persone, chi in case, chi in abitazioni dove il legno era l’elemento principale, baracche più o meno ampie dove le numerose famiglie dell’epoca, portavano avanti la loro esistenza tra le ristrettezze dell’economia di guerra. Ovviamente la zia non conosceva la coppia che si è sposata ma nel sentir i nomi dei figli legittimati in quel 1913 subito ha riconosciuto quello più vecchio. Lei bambina la figura di Titta Ferrarese (Giovanni Battista), lo ricorda bene. Quella nascita nel 1898 lo consegnò alla guerra e ad una ferita che gli segnò la vita successiva e che agli occhi di quella bambina dell’epoca era un segno ben distintivo. In quella via Sabbioni, abitavano diverse famiglie Ferrarese, i Turchetto, i Biancotto ecc.. Mia zia viveva nella famiglia allargata della nonna Marianna Lunardelli che rimasta vedova del marito Giovanni Guiotto si era risposata con Giuseppe Biancotto anche lui vedovo, con figli dell’uno come dell’altro matrimonio a cui si aggiunsero altre tre figlie. In quella via Sabbioni le famiglie spesso avevano parentele trasversali e tutti si conoscevano talvolta più per soprannome che per nome. Questi fattori nella buona come nella cattiva sorte hanno sempre portato ad una piena solidarietà nonostante i tempi di guerra e quel crudo periodo terminale della dittatura fascista che ancor più di prima ti metteva spesso da una parte o dall’altra della barricata.
I bombardamenti del 1944
In quel 1944 la guerra aveva toccato concretamente la città. Al risuonar dell’allarme la popolazione cercava un riparo e molti avevano pensato a costruirsi dei rifugi lontano dalle case. Così qua e là erano state predisposti dei ripari scavati nel terreno coperti alla bene e meglio che offrivano un riparo sperabilmente distante dagli obiettivi dei bombardamenti e anche da eventuali schegge che potevano venire dalle bombe che cadevano in prossimità. Senonché in quel 10 ottobre tra gli obiettivi vi fu anche l’ospedale civile. Tante furono le bombe che caddero sul centro cittadino. Oltre all’ospedale numerosi edifici pubblici vennero colpiti, il teatro Verdi fu distrutto, una settantina alla fine saranno le case che subirono gravi conseguenze, altrettante quelle danneggiate.
Quel giorno in via Sabbioni
Come detto nelle vicinanze dell’ospedale vi era anche via Sabbioni e dal racconto della zia nei pressi delle case dei Ferrarese vi era sito un rifugio nel quale erano soliti mettersi al riparo in tanti, specialmente donne, bambini, ragazzi. Quel bombardamento del 10 ottobre 1944 sarà un qualcosa che difficilmente coloro che lì si rifugiarono hanno poi dimenticato. In quell’inferno di fuoco che prese di mira l’ospedale inevitabilmente molti ordigni colpirono i dintorni, alcuni caddero anche in prossimità del rifugio. Momenti interminabili seguirono, tra urla e pianti, dai ricordi della zia gli aiuti tardarono ad arrivare e l’uscita bloccata tenne imprigionati i superstiti per infinite ore senza saper bene cosa fosse accaduto fuori. Momenti interminabili che nel ricordo arriva sino ai due giorni, tanto è stato lungo e complicato il farli uscire dal rifugio. Alla fine “Cet” Ferrarese dall’esterno riuscì ad aprire un varco e aiutato dalla moglie vennero fatti uscire tutti uno alla volta. Gli occhi di quei bambini trasformarono la loro paura in sollievo per poi rimanere impietriti dalla distruzione che attorniava l’ospedale ed il tratto di via Sabbioni più prossimo.
Un nome da aggiungere alla triste lista
Nel resoconto presente sul libro “Un soffio di Libertà” tra i caduti di quel bombardamento vi è il nome di Pasquale Turchetto (18 anni), in realtà le perdite per la famiglia Turchetto furono due perché anche una coetanea della zia (8 anni) perse la vita. Il suo nome era Silvana e questo consegnò ancor più tragicità al ricordo di questo bombardamento mai dimenticato dalla sorella Elsa Turchetto, amica di mia mamma e di mia zia, Elsa in seguito si sposerà con un Ferrarese. Nessuno dimenticò quel bombardamento, spettrale fu la vista che si appalesò agli occhi dei sopravvissuti quando furono riportati alla luce del sole. Attoniti, videro distruzioni in ogni dove e con molti soccorritori ancora all’opera nonostante le tante ore trascorse. Una esperienza che non si può dimenticare e forse è anche per questo che la si è raccontata poco alle generazioni successive, quasi a esorcizzarla per attenuare l’effetto di quel ricordo. Quella ragazzina di 8 anni trovò l’abitazione distrutta nel bombardamento, poco rimaneva in piedi e ci vollero mesi per riuscire a ridare a quei cumuli di rovine una parvenza di casa. Rivedere i propri cari scampati ad infausta sorte fu comunque un sollievo, ed in fondo il vantaggio delle famiglie allargate è che una soluzione si poteva sempre trovare presso parenti e amici…..meno sfortunati.
Quei rami familiari scampati ad un bombardamento
E giusto perché in famiglia non ci siamo fatti mancare nulla, anche nel bombardamento di Treviso dell’aprile 1944 quel che poi diverrà il ramo paterno rischiò di fare una brutta fine. Durissimo fu il bombardamento che colpì il capoluogo trevigiano, furono quasi mille e cinquecento i morti, infinita la distruzione che subì la città. Con mio padre in guerra da anni, fatalmente armiere aviere in quella Puglia da dove avevano iniziato a partire i caccia bombardardieri , la sua famiglia allora abitava nel quartiere di San Antonino e durante quel bombardamento la loro casa fu completamente distrutta. All’arrivo degli aerei mio zio Luigi si accorse subito che quei bombardieri non portavano nulla di buono, giusto il tempo di avvisar la madre, nonna Italia, e la distruzione si abbattè sulle case del quartiere, solo l’essersi rannicchiati vicino a dei muri portanti lì salvò. Macerie in ogni dove e muri squarciati tanto che tra la polvere si poteva intravedere l’esterno, la nonna sotto shock caricò il figlio più giovane su di una cariola, raccolse poche cose e con i figli arrivò quasi senza rendersene conto sino a Breda dove abitavano dei parenti. Anni dopo quel figlio più giovane di nome Dino, sposò la zia stabilendosi a San Donà. Come del resto mio padre Umberto prima aveva sposato mia madre Anna, che della zia era anche cugina. Gli intrecci della vita come sempre sono infiniti.
L’importanza del ricordo
Piccole storie, ricordi perduti che difficilmente potrebbero lasciar traccia se non li si legasse ad un filo utile per risalirvi. Prigionieri del presente, ci stiamo scordando del passato che granello dopo granello, in questi anni più dei precedenti, sta perdendo un numero sempre maggiore di testimoni viventi. Sono infiniti i compiti nella società attuale che vengono affidati ai nonni, il meno praticato rimane sempre quello del ricordo quasi fosse inutile ed invece costituisce uno strumento prezioso sia per chi lo porge che per chi lo riceve, perchè il ricordo non ha futuro se non ha un testimone in grado di tenerlo acceso.
Per approfondimenti: 1. « Lucia Schiavinato » di Domenico Savio Teker (De Bastiani Editore, 1988); 2. « Storia Cristiana di un Popolo: San Donà di Piave » di Domenico Savio Teker (De Bastiani Editore, 1994); 3. « San Donà di Piave » di Dino Cagnazzi (Amministrazione Comunale di S. Donà di Piave, 1995); 4. « L’Ospedale civile di San Donà di Piave 1900-2000 » di Autori Vari (Tipolitografia Adriatica, 2000); 5. « Un soffio di libertà » di Morena Biason (Nuova Dimensione, 2007); 6. « Monumento ai caduti in guerra 1915-18 » di Roberto Gattiboni (Passart Editore, 2018); 7. « Attività amministrativa – Primo mandato elettorale – Vita Sociale del Comune di San Donà di Piave » di Luisa Florian e Maria Trivellato (Digipress Book, 2019); 8. « Cent’anni di carità – Casa Saretta e le Suore di Maria Bambina a San Donà di Piave » a cura di Marco Franzoi (Digipress Book, 2021); 9. « L’Italia bombardata: Storia della guerra di distruzione 1940-1945 » di Marco Gioannini e Giulio Massobrio (Mondadori, 2021)
(1 – Prima parte « Quando l’Italia si ritrovò sotto i bombardamenti »); (2 – Seconda parte « Morte e distruzione nel tragico autunno 1944 »); (3 – Terza parte)