«Le interviste ritrovate»: Quando circa quindici anni fa iniziammo a raccogliere il materiale per il libro sul San Donà, le interviste potevano essere una chiave del racconto della storia biancoceleste. Poi assunsero un ruolo minore e divennero parte del racconto dell’annata. Ora alcune di quelle interviste sono tornate alla luce.
di Giovanni Monforte
Quindici anni. Tanti ne ha trascorsi Antonio “Bomba” Cornaviera, classe 1932, con la maglia del Sandonà. Un’amore per i colori biancocelesti che a fine carriera gli è valso la medaglia d’oro al merito. L’avventura di Cornaviera ha inizio nel 1948. « Allora, grazie al lavoro dell’avvocato Davanzo, fu allestita per la prima volta la selezione Ragazzi under 18 – ricorda Cornaviera – Al San Donà poi sono rimasto fino al 1963, quando ho smesso di giocare. Nel conto inserisco anche l’anno in cui ho fatto il militare, perchè prima di partire per la naia sono riuscito a disputare due partite ». Con i ricordi Cornaviera torna a quegli esordi nelle giovanili. « Avevamo vinto il titolo battendo la squadra di Oderzo, ma poi un sacerdote del collegio Brandolini si prese la briga di andare a controllare all’anagrafe del Comune di San Donà l’età di tutti i nostri giocatori. E fummo estromessi dopo la finale regionale, perchè uno dei miei compagni aveva già compiuto da tre mesi i 19 anni. Di quella squadra, poi, moltissimi raggiunsero la serie A: c’erano Carlini da Ceggia e Ivan Firotto, che giocarono al Genoa e poi il mediano Tosetto, sempre da Ceggia ». Neppure a Toni Cornaviera erano mancate le occasioni per spiccare il volo nel calcio che conta. « Sono stato contattato due volte – ricorda “Bomba” – Mi aveva cercato il Catanzaro, ma ero figlio unico e i miei genitori venivano prima del calcio. Avevo il compito morale di stare con loro. E poi ho sempre lavorato, fin dall’età di 16 anni. Così ho rifiutato i due trasferimenti. Ma ho avuto l’onore prima di giocare insieme e poi di allenare, anche in quarta serie, ben 14 atleti che in seguito hanno raggiunto la serie A ».
Un San Donà che profumava di serie A
Allora Cornaviera militava anche nella selezione delle “riserve”, che affiancava la prima squadra, disputando un proprio campionato parallelo. « Negli anni successivi – ricorda – giocai alcune partite in quarta serie, quando retrocedemmo dalla serie C a inizio anni cinquanta. Poi, con il periodo della naia, fui costretto a perdere tre quarti del campionato ». Di quegli anni, Cornaviera serba alcuni aneddoti particolari. « Il martedì sera ci trovavamo al campo sportivo per allenarci. L’acqua che usciva dai rubinetti era fredda e per rischiarare l’ambiente collocavamo quattro lampadine negli angoli delle mura esterne ». Un altro episodio curioso riguarda Francesco Canella. « Era il 1956, l’anno del suo 17esimo compleanno, che cadeva di giovedì. La domenica successiva andammo a giocare a Venezia (contro l’Excelsior). Io ero capitano, mentre in panchina sedeva Depità. Mentre stavamo uscendo dal cancello degli spogliatoi, diedi la fascia a Canella. Il mister mi apostrofò e io gli dissi che era il momento giusto per dare strada ai ragazzi. E il campo mi diede ragione: quell’anno Canella fece un grande campionato e la stagione dopo fu ingaggiato dal Venezia ». Ma sono tanti gli amici che Cornaviera trovò in quegli anni. « Mi vengono in mente per esempio Enzo Ferrari, Cereser o Salvori. Quest’ultimo poi per me era come un fratello più giovane. Una volta, invece, da ragazzo, salvai Firotto, rimediando per altro anche due schiaffi da mia madre. Ivan era tre anni più giovane di me, c’eravamo conosciuti alle medie. Un giorno, davanti all’idrovora del Canale Silos, lui, che non sapeva nuotare, cadde in acqua. Io ero andato lì a pescare e, quando mi accorsi che era in difficoltà, cercai di salvarlo: mi gettai in acqua e, siccome ero di costituzione robusta, non faticai a tirarlo su. Ma lui, nel tentativo di aggrapparsi, mi graffiò. Così, quando arrivai a casa, mia madre pensò che avessi fatto a botte e mi schiaffeggiò. Poi, però, mi domandò scusa ».
Un centromediano dalle molte virtù
Passato alla storia soprattutto come centromediano, in realtà Toni Cornaviera ha spaziato un pò in tutti i reparti. « Il mio ruolo? Ne avevo undici. Ho ricoperto praticamente tutte le funzioni, compresa quella di portiere. Anzi, tra i pali ci sono stato due volte. All’epoca non esistevano i cambi. Quando qualcuno si faceva male, dunque, era necessario che un compagno già in campo ne andasse a ricoprire il ruolo. E due volte capitò che a infortunarsi fossero i portieri e toccò al sottoscritto fare da jolly ». Tra le caratteristiche di Cornaviera c’era l’abilità al salto. « Avevo uno scatto da terra piuttosto potente – ricorda il “Bomba” – Due volte mi ruppi perfino la testa, cozzando contro la parte bassa della traversa. Da attaccante, in una gara contro il Fossalta, feci fare quattro gol a Canella. Feci segnare anche Bruno Visentin, per lui poi si spalancarono le porte della serie A. Quanto a me, invece, di reti ne feci una sola, a Mestre, in un torneo ragazzi. Ho avuto la soddisfazione di giocare con atleti più bravi di me, ma che mi hanno sempre rispettato per la mia anzianità. E tuttora mi vogliono bene ».
Le origini di un soprannome
In conclusione, Toni Cornaviera svela anche il segreto di quel soprannome, “Bomba”, che lo ha accompagnato per tutta la vita. « Da ragazzino abitavo in via Ereditari e lì c’erano diversi bambini che giocavano a calcio per strada, tra i sassi – conclude Cornaviera. – Una domenica pomeriggio stavo facendo il portiere, non mi sono accorto che in quel momento stava sopraggiungendo una bicicletta. Allora come palla usavamo un sacchetto di cemento vuoto: un attaccante tirò e io mi tuffai per prendere la palla, andando a sbattere proprio contro la bicicletta. Fu un brutto impatto, tanto che ancora ne serbo una cicatrice. Il ciclista mi accompagnò subito a casa e, rivolto a mia madre disse: “Mi è arrivato addosso come una bomba”. Da qui nacque quel soprannome, che negli anni è diventato praticamente un nome. Tanto che finchè giocai al San Donà nessuno conosceva il cognome Cornaviera. Perchè diventasse famoso fu necessario che mia figlia Cristina andasse a fare ginnastica a livello internazionale ».
« Le interviste ritrovate » : 1. Antonio Cornaviera; 2. Silvano Tommasella; 3. Giovanni Perissinotto; 4. Antonio Guerrato; 5. Orfeo Granzotto.
I Protagonisti del calcio sandonatese: 1. Francesco Canella “Dall’Oratorio al tetto del mondo”; 2. Arturo Silvestri con lo scudetto sul petto nella stagione 1951-52; 3. Guerin Sportivo | Adriano Meacci: «Scusate il ritardo »; 4. Glerean: « Nessun segreto, grande San Donà »; 5. Guerrino Striuli « Il gatto nero »; 6. Elvio Salvori, un sandonatese a Roma; 7. « Bomba » Cornaviera, una vita per il San Donà; 8. Silvano Tommasella, il miglior terzino biancoceleste; 9. « Nanni » Perissinotto, il bomber che stregò la Capitale; 10. Antonio Guerrato, quell’ala destra che non sbagliava una punizione; 11. Orfeo Granzotto: « Così è nato il Sandonà dei sogni »; 12. Bruno Visentin, il « Colombo » che volò in serie A; 13. Angelo Cereser, i suoi inizi sandonatesi visti da Torino; 14. Enzo Ferrari, quel sandonatese famoso prima di esserlo