«Le interviste ritrovate»: Quando circa quindici anni fa iniziammo a raccogliere il materiale per il libro sul San Donà, le interviste potevano essere una chiave del racconto della storia biancoceleste. Poi assunsero un ruolo minore e divennero parte del racconto dell’annata. Ora alcune di quelle interviste sono tornate alla luce, la quinta….forse quella che più è mancata alla stesura del libro. Inserita quella a Flavio Mucelli, indubbiamente anche questa sarebbe stata meritevole di pubblicazione. Due presidenze che han segnato la Storia.
di Giovanni Monforte
Da Belligrandi a Ezio Glerean, da Mayer a Meacci e Bazzani. Nomi che hanno segnato l’epoca recente del Sandonà calcio, regalando alla piazza sandonatese la gioia di approdare anche tra i professionisti. Se c’è un filo conduttore che lega quel periodo, che ha caratterizzato gli anni Novanta della storia del Sandonà, questo è sicuramente la figura di Orfeo Granzotto, divenuto presidente poco più che trentenne, nella stagione 1988-89.
Dal Noventa al San Donà
All’epoca lei era il presidente del Noventa, cosa la spinse a interessarsi del San Donà? « San Donà è la mia città. Per questo sentivo l’esigenza di contribuire alla causa biancoceleste. Così lasciai Noventa nelle buone mani di quattro imprenditori edili del paese. E ho cominciato a intavolare una trattativa con gli Agnoletto. All’inizio il progetto non era forse particolarmente ambizioso, ma la volontà di impegnarsi sulla piazza non mancava. A San Donà ho trovato una buona accoglienza, con me dal Noventa arrivò anche Memi Casarotto. E fu lui a presentarmi Giorgio Belligrandi che continuo a reputare un artista del calcio. Della rosa degli Agnoletto erano rimasti solamente 4 o 5 giocatori. Su quelle macerie cominciammo a costruire il nostro San Donà. Abbiamo inserito tanti ragazzi del settore giovanile, prendendo contatti con varie società, compreso il Milan. Quell’anno chiudemmo il campionato al nono posto: un buon risultato come prima stagione, anche perché la pianificazione del campionato era iniziata tardi, per i tempi tecnici legati alla cessione della proprietà ».
Gli inizi biancocelesti
E da lì ebbe inizio l’era Granzotto, che sarebbe durata quasi quindici anni. « In realtà ho fatto il presidente per 4 anni, benché poi la società di fatto abbia sempre continuato a dirigerla anche in seguito. Ma negli anni hanno ricoperto il ruolo di presidente, oltre il sottoscritto, mio fratello Alfio per parecchie stagioni. E poi Armando Cancian, Nico Finotti nell’annata in cui arrivò Salvori e poi l’ultimo anno Piergiuseppe Simonetto. Tenuto conto che l’onere economico era sempre per lo più sulle mie spalle. Direi che sono stati anni speciali, di grossa fatica (soprattutto economica), ma anche in cui mi sono divertito davvero tanto. Finchè non è arrivata la svolta con l’ingaggio di quei giocatori che ci hanno permesso di allestire una grande squadra ».
La svolta con Salvori e Glerean
Prima con Elvio Salvori, che portò in riva al Piave Meacci. Quindi con Glerean… « Fino a quel momento avevamo allestito sempre delle squadre con l’inserimento di diversi giovani sandonatesi, facendo debuttare i vari Faoro e Bisiol. Con Salvori nacque la prima formazione di peso. Poi l’anno successivo, dopo un campionato che non rispecchiò a fondo le nostre aspettative, chiamammo Glerean. Era la stagione 93/94. Fu Casarotto a contattarlo: erano amici, perché Glerean aveva giocato anni prima nello Jesolo. Inserimmo un solo giocatore, Giacometti, un ragazzo friulano che giocava con il 10 sulle spalle. Abbiamo vinto subito l’Interregionale passando in serie C2. Quel primo anno tra i professionisti, il secondo di Glerean, fu la più bella stagione in assoluto. Glerean era un allenatore molto bravo, soprattutto un grande lavoratore. Aveva le sue idee in testa, necessitava di giocatori eclettici, che sapessero faticare. Chi giocava sulle fasce faceva in continuazione su e giù per il campo. Potevi vincere o perdere, ma con lui sapevi che alla domenica ti saresti divertito. Glerean ha portato a San Donà il calcio vero. Lavorava 12 ore al giorno, oltre alla prima squadra seguiva tutto il settore giovanile. A differenza di tanti allenatori che arrivano in campo mezzora prima dell’allenamento, lui si dedicava al calcio interamente ».
La chiave Meacci
Con un bomber come Adriano Meacci poi…. « Di Meacci ricordo che all’inizio non riusciva a segnare. Quando a Natale tornò a Grosseto per le vacanze, ci mancava poco che gli dicessi di rimanere a casa, perché fino a quel momento aveva fatto solo un gol. Poi, invece, si sbloccò e segnò una quindicina di reti. E la stagione seguente fece moltissimi gol grazie alla sua valorizzazione negli schemi di Glerean, vincendo due classifiche dei cannonieri prima nel Nazionale Dilettanti e poi in Serie C2 ».
Come è stato il salto dai dilettanti ai professionisti? « Pensavo un po’ più difficile. Eravamo preoccupati di non avere una squadra attrezzata per poter affrontare un campionato, che sulla carta tutti indicavano proibitivo. Invece la rosa era già altamente competitiva, peraltro sul piano organizzativo con Glerean eravamo già dei professionisti in Interregionale, con tanto di allenamenti al pomeriggio. E, infatti, anche in serie C2 abbiamo dominato la stagione dalla prima alla penultima giornata, anche se con qualche sconfitta ».
Montevarchi, quella ferita insanabile
Fino all’ormai “fatidica” partita di Montevarchi…. « Con Montevarchi di fatto ho smesso di far calcio, questa è la verità. Per me quella sconfitta è stata una debacle, mi è svanita la poesia e la voglia di fare pallone. Quando ti trovi a 6 minuti dalla fine vincere 2-1 una gara, che ti consentirebbe di essere matematicamente promosso in serie C1 e poi perdi 2-4, il contraccolpo è notevole. Anche perché poi abbiamo perso i play-off e ci siamo ritrovati l’anno successivo ancora in serie C2. Da quella sconfitta non sono più riuscito a reggere il calcio sul piano emotivo. Non a caso la stagione successiva andai pochissime volte a guardare la partita allo stadio, delegando quasi tutto, in quello che fu anche l’ultimo anno di Glerean in biancoceleste. Col senno di poi mi sono convinto che se avessimo vinto quella partita di Montevarchi, il Sandonà nell’arco di due o tre anni avrebbe potuto tranquillamente giocare in serie B. C’erano tutti i presupposti perché, con un paio di inserimenti mirati, potessimo andare a vincere anche la serie C1. Lo ha dimostrato Glerean che, portandosi dietro quattro nostri giocatori, è andato a Cittadella a conquistare la serie B. Quella sconfitta a Montevarchi è l’unico rimpianto che mi porto dietro della mia esperienza nel mondo del calcio ».
Una lenta uscita del Granzotto presidente
Dopo la batosta di Montevarchi come ripartiste? « L’anno successivo rimase Glerean. Rinunciammo però a diversi giocatori forti, ridimensionando un po’ le spese. Polesel in estate rinunciò al trasferimento in serie A al Cagliari per poi passare a novembre in serie B al Venezia. La stagione seguente, dopo la partenza di Glerean decidemmo di operare tanti cambiamenti. In panchina venne promosso dalla Beretti Mauro Tossani, mentre tanti giocatori importanti lasciarono i biancocelesti come Caverzan e Mayer alla Ternana, Soncin e Ramon al Treviso, tra gli arrivi quello di un giovane dalle ottime prospettive come Fabio Bazzani, poi confermate negli anni successivi nelle categorie maggiori. Nella stagione 1997-98 la rivoluzione fu più decisa con l’arrivo di Mauro Gibellini come direttore sportivo, ci furono Simonetto e Marin interessati a subentrare inizialmente nella metà delle quote poi nella loro totalità. Era finito un ciclo che aveva visto il Sandonà approdare in serie C2 e se ne apriva un altro, che a sorpresa l’anno seguente vide i biancocelesti essere promossi in serie C1 ».
Il ritorno negli anni Duemila
Poi tornò ad avere un ruolo di primo piano alcuni anni dopo quando, in seguito alla vendita del titolo al Lido di Jesolo, si trattò di salvare il calcio sandonatese dal rischio di scomparire…. « Allora ci chiamarono in Comune il sindaco Magnolato e l’assessore allo sport Mucelli. Ci trovammo io, Graziano Masiero, Moretto e i fratelli Trevisiol della Lafert. Abbiamo deciso di costituire una società, investendo ciascuno una quota. Con questi soldi abbiamo ricostruito una squadra e abbiamo vinto subito il campionato di Promozione. Personalmente, ciò che mi interessava era di rimettere a posto il Sandonà. Il mio impegno è stato triennale ». Granzotto rimase in società ancora qualche stagione come presidente onorario, mentre la società era oramai pienamente gestita da Graziano Masiero.
Il calcio attività imperfetta
Dopo tutti questi anni nel mondo del calcio, si sentirebbe di dare un consiglio a un giovane presidente come si costruisce una squadra vincente? « Personalmente non ho mai costruito una squadra – conclude Granzotto. – L’importante è avere a fianco delle persone competenti e capaci, che ti aiutino. Soprattutto un direttore sportivo e un allenatore bravo, che ti possa suggerire i giocatori da prendere. Ma la verità è che nel calcio non c’è una regola scritta. Puoi costruire sulla carta la squadra più forte al mondo, ma poi vai in campo e non vinci. Magari perché trovi uno o due giocatori che ti rovinano l’ambiente nello spogliatoio o il dirigente che semina zizzania tra l’allentore e la società. Viceversa puoi allestire una squadra infarcita di giovani e conquistare subito la promozione. La verità è che nel calcio nascono delle combinazioni, difficili da spiegare, che poi ti fanno vincere ». E di questo il Sandonà ne è stato il fedele testimone ed esempio.
« Le interviste ritrovate » : 1. Antonio Cornaviera; 2. Silvano Tommasella; 3. Giovanni Perissinotto; 4. Antonio Guerrato; 5. Orfeo Granzotto.
I Protagonisti del calcio sandonatese: 1. Francesco Canella “Dall’Oratorio al tetto del mondo”; 2. Arturo Silvestri con lo scudetto sul petto nella stagione 1951-52; 3. Guerin Sportivo | Adriano Meacci: «Scusate il ritardo »; 4. Glerean: « Nessun segreto, grande San Donà »; 5. Guerrino Striuli « Il gatto nero »; 6. Elvio Salvori, un sandonatese a Roma; 7. « Bomba » Cornaviera, una vita per il San Donà; 8. Silvano Tommasella, il miglior terzino biancoceleste; 9. « Nanni » Perissinotto, il bomber che stregò la Capitale; 10. Antonio Guerrato, quell’ala destra che non sbagliava una punizione; 11. Orfeo Granzotto: « Così è nato il Sandonà dei sogni »; 12. Bruno Visentin, il « Colombo » che volò in serie A; 13. Angelo Cereser, i suoi inizi sandonatesi visti da Torino; 14. Enzo Ferrari, quel sandonatese famoso prima di esserlo