Lo sgomento di Monsignor Saretta nel rivedere San Donà in rovina

Tratto da “S. Donà di Piave e le succursali di Chiesanuova e di Passarella” di Monsignor Costante Chimenton (1928, capitolo IV , pp. 198-203)

Via Maggiore antistante al Duomo
Monsignor Saretta si reca in visita a San Donà

La mattina del 19, lunedì, il capitano e un soldato ungherese, quest’ultimo dall’aspetto truce e feroce, si presentarono a Mons. Saretta per trasportarlo a S. Donà su di un povero calesse, Mons. Saretta ritornò la sera stessa, mezzo sciupato, pallidissimo, incapace di proferire parola, tutto orgasmo e singhiozzi.

Il Duomo in funa immagine del gennaio 1918

Giunto a S. Donà, oltrepassate le sentinelle della prima linea, fu fatto segno di nutrite scariche di artiglieria da parte dei nostri, che forse scambiarono il sacerdote con un alto personaggio austriaco ; il cavallo, spaventato dallo scoppio delle granate, si era dato ad una fuga precipitosa, abbattendosi infine sulle macerie accatastate del campanile. Mons. Saretta, rifugiatosi sotto le pietre della vecchia pescheria, abbandonato dall’ungherese che aveva pensato a mettere in salvo la sua vita, dopo una rapida e melanconica visita alla sua bella chiesa, già rovinata sul tetto e foracchiata sulla facciata, e alla canonica ormai colpita e danneggiata in varie parti, riprese, tutto solo e a piedi, la via del ritorno. Non seguì la via percorsa antecedentemente ; ma attraversò la campagna, eluse la vigilanza del nemico e ritornò incolume, portando scolpita sul volto l’impronta della sciagura che aveva colpito il suo paese : aveva visto morti disseminati in ogni luogo, cimiteri improvvisati lungo le strade e nelle campagne, animali abbandonati o squarciati dalle bombe, cadaveri mezzo sepolti, la vera distruzione, in una parola, e la più completa rovina. E dietro le sue spalle, nel ritorno, una densa colonna di fumo annunziava il furore nemico in quel triste tramonto : il setificio Bortolotto si consumava con i suoi immensi depositi, col suo splendido macchinario, tra le fiamme di un incendio vastissimo. Quando Mons. Saretta, rientrò in casa Sant, nessuno osò disturbare il suo dolore : dopo lunghe ore gli si poterono levare dalle labbra solo poche e succinte notizie.

Le distruzioni dei primi giorni al di qua e aldilà del Piave

Il vero martirio di S. Donà era incominciato da diversi giorni. Preziose, a questo proposito, le notizie che il cap. mil. Giuseppe Casonato inviava al Vescovo di Treviso il 25 novembre 1917 : era stato a S. Donà, sua patria, il giorno 8, e, sotto il tiro dei cannoni, era tornato fino a Musile il giorno 15. Lo spettacolo di S. Donà e di Musile vi è registrato in un modo efficacissimo : ‹‹ …A S. Donà mi recai il giorno 8 in camion ; ma che doloroso, straziante spettacolo! Il campanile completamente distrutto ; tutte le case e i negozi completamente saccheggiati! Entrai anche nella mia casa, già aperta al pubblico : trattandosi di casa di poveri, hanno lasciato quasi tutto intatto. La chiesa era chiusa e non ancora toccata. C’era in piazza il dott. Perin con don Umberto Marin. L’arciprete e i cappellani si ritirarono, pare, a Grisolera : quale sorte sia poi a loro toccata non lo posso immaginare. Ritornai in bicicletta ; non a S. Donà già occupata, ma a Musile il giorno 15 : avevo sentito che tutto a S. Donà era stato distrutto. Volli andare a far la verifica, e sotto i colpi di cannone giunsi fino a Villa Sicher di Musile : la chiesa di Musile fu dalle granate nemiche rovinata in gran parte ; così la cuspide del campanile fino alla cella campanaria. Sull’argine di Musile si trovano i nostri ; su quello di S. Donà gli altri. Di S. Donà vidi ancora in piedi la chiesa, il municipio e diversi altri palazzi più emergenti. Pranzai dal parroco di Losson, deciso di fermarsi sul posto ; vidi intatta la chiesa e il campanile di Croce : il parroco di Croce si trova a Zellarino… ››.

Postazione austriaca in via dei Tigli a San Donà

Fu in seguito a queste notizie che S. Ecc. Mons. Vescovo, tentate invano, in quelle fosche giornate, tutte le pratiche per ottenere notizie dei paesi sulla riva sinistra del Piave, scriveva, gli ultimi giorni di novembre nel 1917, nel suo promemoria, queste parole : ‹‹ La sorte di questi paesi è completamente ignota. Anche la S. Sede, a cui si fece ricorso, non seppe dare notizie precise ››.

In casa Sant la convivenza si fa difficile

Il martedì 20 novembre fu specializzato dall’attività delle granate provenienti dalla nostra marina. In casa Sant il soggiorno fu turbato dall’arrivo di una compagnia di soldati ungheresi, incaricati del trasporto delle munizioni sul ponte di S. Donà, e che si stabilirono al pian terreno della casa stessa. Il capo della compagnia, un vero tipo gaudente che si gloriava di indossare la pelliccia strappata ad un ufficiale italiano prigioniero, da lui stesso ucciso, aveva un aspetto di provocazione nauseante. Quel giorno Mons. Saretta si portò a benedire le salme di due povere donne, colpite in pieno durante la profuganza verso l’interno, presso Cà Catelan : appartenevano alla famiglia Zoia di Passarella. Fuggite in seguito all’avanzata austriaca, si erano rifugiate in una casetta dispersa nella campagna ; in quella località e in una posizione che, interamente abbandonata, era considerata la più sicura, furono colpite mentre in cucina attendevano a distribuire un po’ di polenta ai figli ; le loro cervella vennero lanciate sulle pareti e sparpagliate sul pavimento. Le vittime furono sepolte senza cassa sotto una pianta del cortile.

Casa Sgorlon in Palazzetto, ripristinata dalle rovine della guerra
Anche rimanere in casa Sgorlon non è più così sicuro

La notte dal 20 al 21 novembre fu un’altra notte spaventosa : il combattimento su S. Donà infierì dal tramonto al levar del sole. Mons. Saretta, ritornato a Cà Catelan, dove erano rimaste le suore Giuseppine, e dove aveva fatto visita al parroco di Grisolera, Mons. Ghezzo, rifugiatosi in quella località, raccolse in preghiera la comunità, affidandola interamente, e di nuovo, alla Provvidenza. La notte fu infernale, degno preludio al mercoledì 21 novembre, festa della Salute, il più lugubre forse di quel mese avventuroso. In casa Sgorlon il giorno 20 novembre, e tutta la notte appresso, soldati a drappello, portarono spavento nella famiglia con requisizioni di ogni genere, vessazioni brutali a mano armata nelle stanze da letto, spari continui di rivoltella per terrorizzare e ottenere quanto non si doveva né si poteva concedere ; al di fuori infuriava la battaglia, e le granate, vera tempesta interminabile, tutto sconvolsero il terreno circostante. La casa Sgorlon, per fortuna, non fu colpita neppure quella notte : di tanta gente si sarebbe fatto un impasto confuso. Ma tale fu lo spavento, che tutta la famiglia Sgorlon cercò rifugio nella piccola cappella unitamente a don Marin, e passò la notte insonne in continua preghiera, disposta ad essere maciullata ai piedi dell’altare, olocausto offerto a Dio per la pace e la salvezza della patria.

L’entrata del cimitero di San Donà il 25 novembre 1917

La mattina del 22, da casa Sant, Mons. Saretta si portò prestissimo, non appena il combattimento cessò, in casa Sgorlon, per consolare quella famiglia ; poi per battezzare due bambini nati in quella notte d’inferno in due case vicine, Rina Angela Pellegrini e Antonio Luigi Minetto, degni di essere chiamati figli della guerra.

La giornata del 22 fu tranquilla per la comunità ; però un insolito movimento di aereoplani preannunziava, fin dalle prime ore del mattino, un piano di guerra
organizzato dai nostri. Quella mattina, verso le 11, una granata italiana colpì il Comando austriaco : Villa Ronchi fu fortemente danneggiata. Nel pomeriggio don Marin fu inviato a Cittanova per consolare i profughi e per amministrare il battesimo a quattro bambini nati in quei giorni : si incontrò in quella circostanza con don Rossetto, che si era sistemato con un forte concentramento di profughi in Cà Fiorentina. Qui, in Cà Fiorentina, le vessazioni da parte di soldati ed ufficiali austriaci raggiunsero il parossismo : gli ufficiali di quel comando di divisione, di tutta notte, inviarono soldati armati di fucile con baionetta innestata a rapire le fanciulle del luogo, sotto il pretesto di una serata di danza che si voleva organizzare, la notte del 22 in quel campo di battaglia.

L’occupazione raccontata da Monsignor Chimenton in “San Donà di Piave e le succursali di Chiesanuova e di Passarella” nei post dedicati:

29 ottobre – 5 novembre 1917  prima parte; 6 – 9 novembre 1917 seconda parte; 9 – 11 novembre 1917 terza parte; 9 – 12 novembre 1917 (Passarella) quarta parte; 12 – 14 novembre (Passarella-Chiesanuova) quinta parte; 14 – 15 novembre 1917 (Chiesanuova) sesta parte; 13 novembre 1917 (Grisolera) settima parte; 14 – 18 novembre 1917 ottava parte; 16 – 21 novembre 1917 (Passarella e Chiesanuova) nona parte; 19 – 22 novembre 1917 (San Donà) decima parte; 23 – 30 novembre undicesima parte; 22 – 30 novembre 1917 (Torre di Mosto) dodicesima parte; 1 – 5 dicembre 1917 tredicesima parte; 6 – 8 dicembre 1917 quattordicesima parte; 8 – 15 dicembre 1917 quindicesima parte; 16 – 30 dicembre 1917 sedicesima parte; 31 dicembre 1917 – 5 gennaio 1918 diciassettesima parte