Pioggia di granate su San Donà (12 novembre 1917)

Tratto da “S. Donà di Piave e le succursali di Chiesanuova e di Passarella” di Monsignor Costante Chimenton (1928, capitolo IV , p. 256; 226-229)

Una foto austriaca di San Donà una decina di giorni dopo il primo bombardamento italiano

Dal diario di Costante Bortolotto, 12 novembre 1917

“ Siamo a Chiesanuova- – Un momento di sosta su tutta la linea ; nessun colpo di cannone, nessuna sparatoia di fucile e mitragliatrice. Lontano, il suono confuso di trombe, come di una marcia che si dirige verso San Donà : gli Austriaci come ad una festa, procedevano verso l’argine sinistro del Piave Nuovo. Il comandante Ascoli telefonicamente impartì l’ordine alle batterie di Chiesanuova di colpire la posizione dalla quale proveniva quella musica, vero concerto di guerra in un campo oramai insanguinato. Sei batterie, compresa la batteria Bortolotto, aprirono il fuoco : furono dieci minuti di inferno ; ventiquattro pezzi, a fuoco accelerato, martellarono San Donà di Piave : i figli stessi di quella terra provocarono le prime rovine sulla cittadina del Basso Piave. In pochi minuti millecinquecento granate piombarono su San Donà ; probabilmente qualcuna di quelle granate avrà raso al suolo le case degli stessi artiglieri. Quando cessò il fuoco, la zona piombò, in pochi istanti, in un silenzio sepolcrale : la banda militare, petulante e provocatrice, tacque per sempre ; il cannone austriaco rispose un po’ più tardi con la sua rabbia ringhiosa, ma il Piave quella mattina non si potè attraversare dal nemico. “

Dal diario di don Zandomenighi, Il momento della battaglia si avvicina a Passarella

La pressione da parte degli austriaci si faceva sempre più forte. La notte dal 12 al 13 novembre fu notte d’inferno : ordini severissimi da parte dei nostri avevano imposto alla popolazione di non uscire all’aperto, di sospendere qualunque movimento. Quella notte gli ufficiali italiani che alloggiavano in casa canonica, erano tutti usciti, unitamente al cappellano militare : il grosso dei nostri si era portato verso Revedoli dove infieriva il combattimento.

La preoccupazione di Don Zandomenighi

La mattina del 13 don Zandomenighi si avvide che qualche cosa di grave stava per succedere nel suo paese : poco lontano dalla chiesa parrocchiale il cappellano militare e un gruppo di ufficiali del Genio erano intenti a sistemare un impianto radiotelegrafico. Spinto dal desiderio di notizie precise, don Zandomenighi si avvicinò a questi ufficiali e, con una semplicità tutta sua, dissimulando la trepidazione del suo animo e l’angoscia che lo tormentava : “Cappellano, disse, le raccomando di nuovo il molino : la popolazione ha fame, e lei lo sa ; veda per carità che quel molino possa oggi funzionare !” – “Sta bene, sta bene ! “, rispose seccamente il cappellano, il quale in realtà mostrava di non sapere che cosa rispondesse ; e rivolto ad un tenente, compagno di un lavoro che si sistemava in una forma precipitosa : “Il molino ! –esclamò ; – si raccomanda il molino, il buon parroco ! Ne avremo oggi dei molini !…”. – Don Zandomenighi intese queste parole e si allontanò; si sforzò di mostrarsi tranquillo quando entrò in canonica, ma non riuscì ; la presenza del sacerdote che ritornava sconvolto, non più tranquillo come i giorni precedenti, aumentò lo spavento in quei disgraziati che presso quel buon sacerdote avevano chiesto ricovero e protezione.

Il nemico incombe su Passarella

Il combattimento continuava, a base di fucileria e scoppio di bombe, verso Revedoli. A mezzogiorno il cappellano militare si precipità in casa canonica : rivolse poche parole al parroco. I due sacerdoti si scambiarono un bacio, una stretta di mano, e poi… il cappellano si allontanò seguito da qualche ufficiale e da pochi soldati : quella stessa notte il passaggio del Piave era stato forzato a Revedoli : gli Austriaci avanzavano ormai verso Passarella ; erano giunti ad un chilometro dalla chiesa parrocchiale.

Don Zandomenighi rimasto solo, seguendo il consiglio del cappellano militare, ordinò che quella colonia di parrocchiani si tenesse chiusa in casa, occupasse le stanze di tramontana, come quelle che erano meno esposte in quel momento ; si interessò lui stessoperchè simili disposizioni fossero impartite nelle case più vicine alla chiesa, dove si erano concentrati gran parte dei parrocchiani. Il fuoco della fucileria cessò improvvisamente verso le 13 : si sospettò di un falso allarme da parte del cappellano, un mantovano autentico ; ma il fuoco si riprese con rabbia verso le 14, e poi… cessò di nuovo. – Quel silenzio fu più opprimente che non il crepitio delle mitragliatrici ; ma fu un silenzio di pochi istanti : verso le 15 un “urrà, urrà !” ripetuto a squarciagola sulla piazza della chiesa fece uscire il sacerdote dalla canonica.

Don Zandomenighi si trovò di fronte un picchetto di ungheresi : armati di fucile, avanzarono contro il sacerdote. Il sergente, che comandava il picchetto, si limitò a chiedere sigarette e zolfanelli ; poi disse in buona lingua italiana : “Ritorni a casa, perché qui, poco lontano, sta piazzata una mitragliatrice !” A poca distanza, verso Chiesanuova, si sentiva difatti il crepitio delle ultime mitragliatrici italiane che si sforzavano ancora d’impedire l’avanzata nemica.

La battaglia si sposta verso Chiesanuova

Perché, è necessario ricordare, i paesi di Passarella e Chiesanuova furono conquistati a palmo a palmo : la resistenza fu violenta da parte dei nostri che non cedettero se non sotto la potenzialità numerica degli avversari. Le defezioni, tanto decantate dagli invasori, si ridussero a pochi gruppi di combattenti sulla sponda destra del Piave Nuovo, che giudicarono inutile ogni resistenza quando si videro accerchiati dal nemico. Quel manipolo di ungheresi proseguì la sua corsa verso Chiesanuova.

Pochi momenti dopo si presentarono in casa canonica di Passarella una ventina di soldati italiani, privi di comandanti, armati in assetto di guerra ; non sapevano ancora di essere già prigionieri. Mosso da un senso di pietà , naturale e spontaneo, dinanzi a connazionali sfiniti, confusi, in balia di se stessi, don Zandomenighi li consigliò a disperdersi fra le famiglie di Passarella e indossare subito abiti borghesi. Il colpo riuscì a meraviglia. In quel gruppo di soldati stava un chierico salesiano. Don Zandomenighi fece indossare a quel chierico una veste talare, lo accolse in casa, lo volle ristorare con cibi confezionati a bella posta : “Poveretto !, scrive nel suo diario don Zandomenighi, credo abbia mai mangiato così volentieri in vita sua ! Lo misi poi a letto, perché mi pareva stanchissimo e molto sofferente. Maria Ausiliatrice lo protesse : quando, verso il tramonto, gli ungheresi incominciarono le perquisizioni in tutte le case di Passarella, e anche in canonica, frugando e rovistando in ogni luogo, sempre sospettando imboscate e tradimenti, nessuno pensò ad aprire la stanza dove il chierichetto dormiva tranquillamente, inconscio del pericolo che lo minacciava : sopra il suo letto, quel chierico aveva distesa la sua divisa di soldato italiano.

Un lieto fine che arriverà solo molti mesi dopo

Quel chierico si soffermò presso don Zandomenighi per una ventina di giorni; lo seguì nelle sue peripezie fino a Torre di Mosto. Ma in seguito alle disposizioni draconiane del Comando austriaco, che comminava la pena di morte ai detentori di prigionieri di guerra, il chierico, pern non esporre il suo benefattore a conseguenze fatali, volle, contro la decisione del benefattore stesso, disposto, pur di salvarlo, ad affrontare qualunque pericolo, colle spontaneamente costituirsi ai gendarmi austriaci. E così scomparve quello studente nel gran vortice della prigionia ; fu gettato nei concentramenti più disparati dell’Austria che gli fece pagare a caro presso il suo atto di coraggio per conservarsi intatto alla patria, cui servì con la massima fedeltà: cadde ammalato per i patimenti e le vessazioni sofferte. – Essendosi portato, dopo l’armistizio, don Zandomenighi a Treviso, dove fu ospite di casa di Monsignor Bettamin, S.E. Mons. Vescovo faceva recapitare al parroco di Passarella una lettera : era uno scritto del chierico salesiano Gaetano Vico, che dall’ospedale militare di Verona chiedeva al Vescovo di Treviso l’indirizzo preciso di don Zandomenighi, per poter scrivergli, e manifestare un’altra volta a lui, suo vero salvatore, i sensi della più viva riconoscenza e dell’affetto più sincero.

L’occupazione raccontata da Monsignor Chimenton in “San Donà di Piave e le succursali di Chiesanuova e di Passarella” nei post dedicati:

29 ottobre – 5 novembre 1917  prima parte; 6 – 9 novembre 1917 seconda parte; 9 – 11 novembre 1917 terza parte; 9 – 12 novembre 1917 (Passarella) quarta parte; 12 – 14 novembre 1917 (Passarella-Chiesanuova) quinta parte; 14 – 15 novembre (Chiesanuova) sesta parte; 13 novembre 1917 (Grisolera) settima parte; 14 – 18 novembre 1917 ottava parte; 16 – 21 novembre 1917 (Passarella e Chiesanuova) nona parte; 19 – 22 novembre 1917 (San Donà) decima parte; 23 – 30 novembre undicesima parte; 22 – 30 novembre 1917 (Torre di Mosto) dodicesima parte; 1 – 5 dicembre 1917 tredicesima parte; 6 – 8 dicembre 1917 quattordicesima parte; 8 – 15 dicembre 1917 quindicesima parte; 16 – 30 dicembre 1917 sedicesima parte; 31 dicembre 1917 – 5 gennaio 1918 diciassettesima parte