I profughi di Monsignor Saretta trovano rifugio a casa Sant

Tratto da “S. Donà di Piave e le succursali di Chiesanuova e di Passarella” di Monsignor Costante Chimenton (1928, capitolo IV , pp. 194-197)

Sgomberati dal Conventino a Grisolera e rifugiati a casa Pasqual, i profughi dopo una notte sotto un bombardamento decidono di spostarsi nuovamente, questa volta verso casa Sant

Il Municipio di Grisolera pesantemente colpito dall’artiglieria italiana
Don Marin in visita al Conventino

Da casa Sgorlon don Umberto Marin, che non conosceva gli avvenimenti successi, si era portato, la mattina del 14, assai per tempo, al Conventino di Grisolera per conferire con Mons. Saretta. Trovò il Conventino abbandonato ; chiese qualche informazione, e comprese, più che da questa, dallo scempio della vittima e dalle rovine prodotte dalle granate, che una grave sciagura aveva colpito la comitiva affidata al suo arciprete. Avvilito e confuso si accostò alla salma di suor Teofila, recitò una preghiera per quella defunta, e poi fece ritorno a casa Sgorlon, assorto in tristi pensieri, quasi fuor di sé e in un orgasmo impressionante. S’imbattè, lungo la via, in un ferito grave portato da due tedeschi su di una barella : domandò se fosse cristiano cattolico, e, avutane una risposta affermativa, don Marin si curvò su quel disgraziato, ascoltò la sua confessione, gli impartì l’assoluzione, e poi continuò la via del ritorno.

I funerali di suor Teofila

Quella stessa mattina del 14 novembre, Mons. Saretta ritornò con alcune suore al Conventino di Grisolera, attraversando le campagne sconvolte, e sparpagliate qua e là di cadaveri e allagate dalla pioggia di quelle giornate. Il Conventino era rimasto intatto in quella notte ; la salma di suor Teofila giaceva composta sul suo feretro : sul petto risplendeva d’una luce funerea il piccolo Crocifisso. Dinanzi a quella salma Mons. Saretta celebrò la Messa, e distribuì la Comunione ; poi nel giardino stesso del Conventino si scavò la fossa ; quattro porte servirono per cassa funebre a quella giovane vittima : le suore fecero scendere nella fossa, da loro stesse scavata, quella martire, e sulla fossa fu piantata la croce dell’oratorio. Ultimata la dolorosa cerimonia, si riprese la via del casolare.

Quella stessa mattina i due fratelli Boscaro furono trasportati all’ospedale di Torre del Mosto. ̶ ̶ ̶ ̶ La comitiva, accompagnata da Mons. Saretta, ricominciò la peregrinazione in cerca di un nuovo rifugio. Respinta più volte, trovò finalmente ospitalità in un ampio caseggiato, in aperta campagna, di recente abbandonato dagli Austriaci ; il padrone di casa, il sig. Sant, si reputò felice di cedere un intero appartamento alle suore, al sacerdote e a tanti sfortunati ; sarebbero rimasti occupati tutti i locali liberi, e un’altra invasione degli Austriaci sarebbe stata sventata. Alle suore di Maria Bambina fu assegnato tutto il primo piano, costituito da sei stanze, fornite di buoni letti ; le pareti di quelle stanze erano tappezzate di santi e di cartoline illustrate ; in diverse stanze si vedevano ancora i fili telefonici : quella casa era stata, fino a poche ore prima, sede di un Comando tedesco. Mons. Saretta e gli altri profughi trovarono ospitalità in altre stanze di quel vasto caseggiato.

I profughi trovano rifugio in casa Sant

In casa Sant fu subito raccolto quanto si potè salvare nel Conventino di Grisolera e in casa Pasqual. Quando, la sera, la comitiva si trovò finalmente riunita a consumare un po’ di cena, si provò tutti un senso di sollievo, che però fu ben presto turbato dalla visita intempestiva di qualche soldato. Si comprese subito che la nuova casa era troppo vistosa, e, per di più, troppo vicina alla strada : si comprese che non sarebbero mancare le noie del passaggio delle truppe.

Le famiglie numerose costrette a vivere in ambienti ristretti
durante l’occupazione

La notte passò abbastanza tranquilla ; la mattina del 15 novembre, in una stanzetta tramutata in cappellina, su d’un altare portatile, si celebrò da Mons. Saretta la Messa : una cassettina di legno servì da Tabernacolo, dove si custodì il SS.mo. La giornata fu splendida : aereoplani italiani volteggiarono sopra quella casa con i colori meravigliosi illuminati da un magnifico sole di autunno avanzato. Nessuna noia quel giorno ; soltanto una suora ebbe l’ordine di ritirare la biancheria esposta al sole : il nemico vedeva, in tutto, spionaggio e segnalazioni. ̶ ̶ ̶ ̶ A tarda ora due ungheresi avvinazzati entrarono baldanzosamente a domandare del vino. Mons. Saretta cedette loro quel poco che teneva in riserva : i due si accontentarono e si allontanarono biascicando, tra un barcollamento stomachevole, delle mezze bestemmie.

Monsignor Saretta visita la madre rimasta a casa Sgorlon

La mattina del 16 prometteva una giornata calma. ̶ ̶ ̶ ̶ Mons. Saretta pensò alla mamma lontana e al cappellano don Marin, rimasti in casa Sgorlon, e dei quali da qualche giorno non aveva notizie. Dopo la Messa si portò con alcune suore a Palazzetto, in casa Sgorlon, presso l’argine del Piave, lungo la via S. Donà-Grisolera. L’incontro fu emozionante : madre e figlio ritenevano che non si sarebbero incontrati più. ̶ ̶  ̶ In casa Sgorlon, in una stanzuccia che prima aveva servito da pollaio, si era improvvisata una nuova cappellina : un piccolo Tabernacolo, vera cassettina sconnessa, sostituì, anche qui, il magnifico ciborio, lavorato dal Diego per il tempio di S. Donà di Piave.

L’incrocio con i profughi di Passarella e Chiesanuova

Lo stesso giorno, il 16 novembre, sul ponte gettato dinanzi casa Sgorlon, passarono, fra una granata e l’altra, gli abitanti di Chiesanuova e di Passarella. Giungevano dal vivo della lotta ; parecchi erano rimasti lunghe ore rinchiusi in una stanza, mentre Italiani e Austriaci si battevano ad arma bianca nella casa stessa : alcuni erano stati nella fuga sorpresi da pattuglie nemiche, mentre cercavano la via verso Musile ed erano stati ricacciati indietro alla rinfusa. Sul volto di tutti si vedeva impresso lo spavento : qualcuno non aveva avuto neppure il tempo necessario per provvedersi di indumenti : donne, bambini scamiciati, laceri e piangenti ; madri che avevano nella confusione perduto le loro creaturine ; un vecchio venerando di circa 90 anni rimasto abbandonato, veniva raccolto pietosamente da quel popolo in fuga. A tanti disgraziati, che in parte continuavano la via dell’interno, Mons. Saretta rivolse parole di conforto.

In una foto di repertorio, alcuni profughi dei migliaia costretti a cercare un rifugio per sfuggire alla guerra

Sulla sera le suore ritornarono in casa Sant, unitamente all’arciprete, accompagnandosi alla famiglia Finotto di Chiesanuova che in due carri trasportava, alla ventura, le sue povere masserizie : sopra uno di questi carri stavano rannicchiati ventisette fra bambini e bambine, tutti al di sotto dei dieci anni. Al povero uomo, che guidava la mesta carovana, Mons. Saretta augurò buona fortuna, promettendo a quei bambini l’unico soccorso che poteva dare, il soccorso della preghiera.

Il giorno 17 novembre, sabato, in casa Sgorlon fu un lavorare insolito per arredare la cappellina : i sacerdoti, dietro le tendine tolte dal palazzo Ronchi, rimasto abbandonato, assistettero alle confessioni. La giornata passò tranquilla ; solo una bomba piombò sul cortile e spaventò la comitiva ; ma nulla più : si era ormai assuefatti a certe sorprese e si continuò il lavoro spirituale.

Monsignor Saretta avverte l’esigenza di un nuovo trasferimento

La domenica, 18 novembre, si celebrò una Messa in casa Sant e due Messe in casa Sgorlon : nel pomeriggio le funzioni si svolsero indisturbate. Per provvedere all’incolumità di tante persone, concentrate in casa Sgorlon e in casa Sant, Mons. Saretta pensò di seguire le colonne di profughi, avanzarsi un po’ nell’interno, e avvicinarsi almeno alle campagne di Portogruaro. Non volle però iniziare una seconda serie di peripezie senza prima dare uno sguardo alla sua bella chiesa, al suo asilo rimasto abbandonato, alla sua diletta S. Donà di Piave, di cui si occupava, in compagnia dei suoi cappellani, a racimolare i figli dispersi per sollevarne le miserie. Chiese di poter presentarsi in casa Stefani, a Palazzetto : accompagnato da un capitano di Gorizia, Paolo Hertzog, che balbettava l’italiano, dopo una lunga anticamera potè avvicinare il colonnello comandante il battaglione, un vecchio viennese, bruscamente gli promise, per il giorno seguente, il permesso richiesto.

L’occupazione raccontata da Monsignor Chimenton in “San Donà di Piave e le succursali di Chiesanuova e di Passarella” nei post dedicati:

29 ottobre – 5 novembre 1917  prima parte; 6 – 9 novembre 1917 seconda parte; 9 – 11 novembre 1917 terza parte; 9 – 12 novembre 1917 (Passarella) quarta parte; 12 – 14 novembre (Passarella-Chiesanuova) quinta parte; 14 – 15 novembre 1917 (Chiesanuova) sesta parte; 13 novembre 1917 (Grisolera) settima parte; 14 – 18 novembre 1917 ottava parte; 16 – 21 novembre 1917 (Passarella e Chiesanuova) nona parte; 19 – 22 novembre 1917 (San Donà) decima parte; 23 – 30 novembre undicesima parte; 22 – 30 novembre 1917 (Torre di Mosto) dodicesima parte; 1 – 5 dicembre 1917 tredicesima parte; 6 – 8 dicembre 1917 quattordicesima parte; 8 – 15 dicembre 1917 quindicesima parte; 16 – 30 dicembre 1917 sedicesima parte; 31 dicembre 1917 – 5 gennaio 1918 diciassettesima parte